lunedì 30 luglio 2012

LVS - live@castellodisantasevera ------->>>> UNA NON RECENSIONE



Visibilmente sorpresi da una zona concerto in stile desertico, i simpatici sostenitori de La Vecchia Sezione in prima battuta non hanno potuto che trascorrere dei bei momenti al chiosco a rinfrescarsi con bibite “del 1922” e birrette alternative. Vento d'estate al Castello? Sì, certo. Non sappiamo se si trattasse “der ponentino/più malandrino che c'hai” di una nota canzone popolare, della calunnia che è un noto venticello di un'altra “aria”, o se invece addirittura dietro non si nascondesse il povero Bombolo dei Trush-movie all'italiana. Fatto sta che l'unico vento a spirare forte e chiaro, musicalmente parlando, è stato quello Maestro della Tradizione. Che non è certo scesa a patti, anzi: sotto quel Castello ha teso un'imboscata ben riuscita, sgombrando il campo (una volta di più) da equivoci e compromessi di sorta. Una linea sottile ma non certo immaginaria divideva la Vecchia Sezione con la sua crew dal resto del mondo. Una linea il cui solco veniva di volta in volta tracciato con maggior profondità dalle canzoni, ben eseguite, sul palco: “Belfast”, “Sera di giugno”, “Non scordo”, e ancora di più “Claretta & Ben”, “Non ho tradito” e “Anche se tutti noi no”, magari anticipate da lapidarie presentazioni, svolgevano la funzione dell'aratro insieme al rigore delle esecuzioni e alla stessa impostazione fisica, figlia evidente e legittima di quella morale. Un abisso in pochi centimetri. Nonostante l’intervento musicale fosso sotto la costante minaccia della guardia costiera (!!!!!!) a causa dell’accensione di simpatiche stelline natalizie, il concerto è proseguito speditamente. 

Certo, si sentiva tanta eco, forse dovuta più a determinati vuoti pneumatici intra-paretiali che non a problemi di amplificazione, ma c'era anche chi quelle canzoni le cantava, perché le conosceva a memoria e perché magari conosceva le storie che ne sono alla base. In questo 29 luglio, allora, per rompere l'imbarazzo si cantava “tanti auguri a te” e una bandiera dallo “strano” tricolore sventolava sotto il vento d'estate. Segno che i tempi cambiano e c'è chi non si vuole arrendere? Probabilmente sì, ma al contrario di quello che si potrebbe intendere. Guardando la platea fatta di enormi vuoti, l'Italia giovane, quella migliore, è da una parte, quella spenta dall'altra (dove?), con ben poco da dire, se non imbarazzarsi (e imbarazzare). Le locali schiere dei giovani fantapolitici locali? Coloro i quali dovrebbero indicarci le scelte per il futuro? Quelli che dopo la briscola di Civitavecchia sono scomparsi? Nemmeno l’ombra! La Vecchia sezione ce l'ha messa tutta ed a loro va riconosciuto il merito di portare ovunque la nostra visione del mondo, i nostri valori, le straordinarie figure umane e gli esempi che ci onoriamo di trasmettere. Forse anche il tentativo degli organizzatori era pieno di buone intenzioni. L'impressione però è stata veramente triste .....  Hai voglia ad accendere i fuochi: una volta avrebbero invocato ben altre guardie che non quelle... costiere. Allora (chissà? Hai visto mai?) se i tempi cambiano per gli altri, noi abbiamo solo da guadagnarci!

Il Calabrone


martedì 24 luglio 2012

Per la vittoria ... Lotta Legionaria!


‎"Ogni sofferenza è un passo verso il riscatto, verso la vittoria. 
Una sofferenza non scoraggerà il legionario, ma lo renderà d'acciaio, temprerà il suo spirito. 
Coloro che hanno sofferto e ancora soffriranno , saranno davvero eroi della lotta legionaria. 
Su di essi e sulle loro famiglie si stenderà la benedizione della Patria."

Il Capo di Cuib - C.Z. Codreanu


giovedì 19 luglio 2012

19 Luglio 1943 - Bombardamento di Roma

Noi ricordiamo tutto ..... non dimentichiamo le stragi di civili indifesi, noi non ci inchiniamo di fronte agli invasori di ieri e di oggi ..... YANKEE IN MARE!



sabato 14 luglio 2012

Orientamenti [recensione APZ]


Orientamenti

Orientamenti – Julius Evola, edizione Il Cinabro


Una lettura d'obbligo per qualsiasi militante, che desidera darsi una formazione tradizionale all'altezza della sfida che il mondo moderno con le sue insidie latenti rappresenta, sopratutto per l'animo umano, è senza orma di dubbio "Orientamenti". In questo quaderno, tascabile, quasi una guida da trincea, sul Fronte della Tradizione, sono radunate con uno stile schietto e incisivo gli insegnamenti trasmessi da Julius Evola su come orientarsi, per l'appunto, nel caos sociale del mondo odierno. Partendo dalla premessa disillusa che ci si trova a vivere in un'epoca decadente in cui l'anormale è ormai diventato normale, mediante un continuo processo di sovversione di ogni più alta concezione di vita e del mondo, Evola invita l'aspirante Uomo Nuovo a prendere distanza dal dogma ufficiale del politicantismo democratico "che pensa solo in termini di programmi, di ricette sociali ed economiche". Per liberarsi dal pantano della modernità, il militante ha solo una strada da imboccare ed è quella di concentrarsi, innanzitutto, sulla propria sostanza umana incarnando in se stesso lo spirito legionario in grado di creare nel proprio animo un ordine e una drittura seguendo sempre la strada dell'Onore, la più dura, rispetto a quella più comoda, verso cui ci ha abituato il Progresso e il benessere con il ventaglio di opportunità fatto di vantaggi materiali immediati. Diversamente dai testi di Diritto e di Economia che, tramite uno sguazzare in un mare di formule ed enunciati giuridici ed economici pretendono di risolvere i problemi della Comunità e dell’individuo nell'instaurazione per l'appunto di uno Stato di Diritto, Orientamenti è un lettura semplice frutto di una complessità risolta il cui fine non desidera essere un filosofeggiare fine a se stesso ma un incitamento concreto all'azione, a darsi una forma, un ordine una disciplina finchè il magma – sostanza umana ancora di là dall’essere formata - è ancora caldo e fluido, mostrando al tempo stesso la via da imboccare per il rinnovamento.

Orientamenti è suddiviso in undici punti, in sintesi i principali riferimenti. I primi tre delineano i tratti che devono caratterizzare l'uomo della Tradizione, colui che aspira ad un Ordine e ad una Legge, in opposizione all'uomo moderno, relativista che tende a vivere alla giornata secondo proprio gusto. Nel quarto punto l'Autore desidera mettere in guardia il lettore di fronte alle varie ideologie che assurgono a rango di Verità ma che di fatto non sono altro che frutto delle contingenze socio-economiche con l'unico obiettivo di alimentare conflitti all'interno delle Comunità, su base di classe o tra i sessi (come nel caso del femminismo) ed altri antagonismi ad essi relativi, che "accordano a confusi valori sociali il primato su quelli eroici e spirituali", quest'ultimi solo potendo definire l'uomo nuovo. Il quinto punto desidera offrire al lettore la chiave di lettura tradizionale della Storia per comprendere, al fine di un effettivo orientamento dottrinario ma anche per una azione concreta, le cause e gli effetti nonché il legame profondo tra le varie forme politiche susseguitesi nel corso dei secoli, tutte con radici nella Rivoluzione francese, fino ad approdare all'attuale "caos dei partiti". Nel sesto punto Evola critica l'importanza e il carattere decisivo attribuito al fattore economico, "circolo chiuso e buio nel quale restano chiusi sia il capitalismo che il marxismo". Senza negare l'importanza della materia che viene subordinata alla natura spirituale dell'uomo, l'Autore afferma con decisione l'esigenza di una re-instaurazione di un ordine di valori superiori che tenda all'elevazione dell'individuo e della comunità in contrapposizione alle "ricette" ideologiche che condizionano ad un particolare sistema di distribuzione della ricchezza e dei beni la soluzione a tutti i problemi. Nel settimo punto viene proposta una riflessione sulle derive totalitarie dell'ideale di unità politica virile ed organica del secolo scorso. Evola precisa che Gerarchia non significa gerarchismo mentre la concezione organica della comunità non ha nulla in comune con la sclerosi statolatrica e con la centralizzazione livellatrice. Nell'ottavo punto si discute della posizione da assumere di fronte al nazionalismo e all'idea generica di patria, spesso dettate dal sentimentalismo e da una concezione naturistica della nazione che poco si conciliano con la Tradizione. Il nono punto riguarda il problema della cultura sottoposta all'attacco di diverse correnti di pensiero di natura sovversiva, dal materialismo storico al darwinismo passando per la psicanalisi di Freud, dalle quali il militante deve difendersi opponendo la sua visione tradizionale della vita e del mondo. Visione, quest’ultima, che non si basa sui libri ma che deriva da un orizzonte spirituale conforme ad uno stile di drittura e di tenuta interna. Il decimo punto tratta dell'atteggiamento che bisogna adottare contro il decadentismo borghese e capitalista, per innalzarsi al di sopra di esso. Si è veri antiborghesi solo attraverso una superiore concezione della vita: sdegnando i vantaggi materiali ed esigendo tutto da se stessi, amando una unione essenziale fra vita e rischio e rifiutando la preoccupazione per la sicurezza. L'undicesimo punto analizza la questione della laicità dello Stato e l'importanza dell'elemento religioso per una vera concezione eroica della vita. Il testo, proposta dalla edizione della casa editrice “Il Cinabro – che consigliamo, si conclude con una intervista rilasciata da Julius Evola nel 1971. Essa offre al lettore molti spunti e gli indirizzi necessari, per interpretare la funzione da svolgere oggi per il giovane militante e  per un accostamento alla lettura degli scritti dell'Autore.

Nico Di Ferro

domenica 8 luglio 2012

MarioFest 2012






MarioFest 2012

14 Luglio

Sulle colline misteriose

....sta arrivando...

per info: puntozeroblog@gmail.com 


lunedì 2 luglio 2012

Estate ... consigli per la lettura ... Le Porte di Fuoco


Quando ti capita tra le mani il romanzo “le porte di fuoco” di Steven Pressfield, il primo pensiero che ti attraversa la mente non può che essere: “ah, vabbè n’altra cosa sulle termopili…” Eppure il romanzo di Steven Pressfield ha due marce in più rispetto a qualsiasi altro libro, film, fumetto che tratti di quell’epica impresa dei trecento eroi spartani contro l’immensa onda dell’esercito persiano: l’eccezionale potere di coinvolgimento nelle vicende e l’estremo e minuzioso realismo con cui sono descritte le cruente fasi di battaglia. Attraverso una prosa secca ma nel contempo densa di significato, l’autore narra attraverso lo scriba del Re persiano Serse, il racconto di Xeone, arciere e scudiero dell’esercito del Re spartano Leonida sopravvissuto al massacro: si parte dall’infanzia del guerriero sfuggito al saccheggio della sua città assieme alla cugina e rifugiatosi poi a Sparta, dove dopo un duro periodo di apprendistato durante il quale stringe un forte legame con Alessandro, diviene scudiero di uno degli esponenti di maggior spicco e valore tra i Lacedemoni (Dienece), per poi partecipare, come indicato alla battaglia tra la schiera dei trecento eroi spartani. Da notare che ogni personaggio del romanzo possiede una forte e solida personalità e rispecchia caratteristiche qualità ben definite e differenti: difficile quindi non affezionarsi e non seguirne con rapimento le gesta.  Come accennato, il realismo e la naturalezza con cui sono narrate le fasi di battaglia (ma non solo) rasenta la perfezione: l’autore non si fa alcun problema ad accennare a crani sfasciati, gambe mozzate, fango sudore sangue, interiora, persino feci e urine… il risultato è che sembra quasi di essere immersi nel campo di battaglia, di trovarsi tra la polvere e il fango di quell’angusto passo e di respirarne l’aria fetida.  Va citata poi l’estrema cura con cui lo scrittore descrive Sparta in tutta la sua interezza: la vita, l’addestramento, la guerra, il rapporto tra i sessi.. Un vero e proprio inno a ciò che Sparta rappresenta, una città in cui l’uomo poteva veramente dirsi libero attraverso una vita donata al sacrificio, votata al superamento di Sé, attraverso il superamento di sforzi fisici, psicologici e spirituali, in modo da non cedere mai a phobos, ovvero alla paura. A Sparta nascevano, crescevano, morivano uomini temprati col fuoco, pronti a sopportare qualsiasi prova e capaci di resistere, grazie all’affiatamento e al “mastice” che inevitabilmente univa uomini guidati dalla stessa forza divina, contro le forze organizzate dal Re persiano Serse. A tal proposito, si riporta un intero passo tratto dal libro, un ode da parte di Pressfield a ciò che veramente era Sparta e i suoi guerrieri.

“Non c’è nulla che riempia il cuore di un guerriero di coraggio più che trovarsi - sé stesso e i suoi compagni - quasi sul punto dell’annientamento, sull’orlo della disfatta e della sopraffazione per poi ritrovare –non solo dentro di sé ma soprattutto grazie alla disciplina e all’addestramento- la presenza di spirito di non farsi prendere dal panico, non abbandonarsi alla disperazione, ma al contrario trovare la forza di fare quelle semplici azioni d’ordine che Dienece aveva sempre sostenuto essere dote suprema del guerriero: eseguire compiti normali in condizioni ben lungi dall’esser normali. E non solo per se stessi, da soli, come Achille o gli eroi di un tempo, ma come parte di un’unità, sentirsi accanto ai compagni d’arme, in un momento di caos e disordine, compagni che uno non conosce nemmeno, con i quali non si è mai addestrato; sentirli riempire gli spazi accanto a lui, dal lato dello scudo e quello della lancia, davanti e dietro, vedere compagni affrettarsi a coprire le falle e combattere, non in una frenesia e in un impeto dettato dalla paura, ma con ordine e compostezza, un ordine in cui ciascuno conosce il proprio ruolo e lo ricopre, a trarne forza così come l’altro trae forza dal resto dell’unità; e in questi momenti il guerriero combatte veramente come un dio. (…) I medi erano soldati di valore, erano tanti e senza dubbio grandi nel combattere su un campo di battaglia ampio e aperto (…) ma non erano preparati al combattimento con la fanteria pesante degli elleni. Non sapevano reggere la spinta continua ed inesorabile, non erano abituati a mantenere il passo e muoversi all’unisono; non avevano avuto lo stesso addestramento degli spartani nel mantenere la posizione, la copertura a sé stessi e al compagno. Per cui ben presto si scomposero. Davanti agli spartani, si disperdevano come pecore che vedono un incendio nel proprio recinto, senza cadenza né coesione, alimentati solo dal coraggio che, sia pur enorme, non poteva certo prevalere con l’assalto disciplinato e compatto che ora si trovavano di fronte.”

Elio Carnico

Steven Pressfield, Le porte di fuoco, traduzione di Luciana Bianciardi, Rizzoli, 1999, pp. 452