domenica 1 settembre 2013

Cina: Monaco tibetano condannato per diffusione di informazioni

Notizie della sconcertante realtà in Tibet, e della terribile repressione in atto. Su tutto ciò, ovviamente, silenzio totale da parte di media e giornali: come sempre si fa finta di nulla quando si parla di lotta per la difesa della tradizione e della religione del proprio popolo...
Un importante monaco tibetano ha ricevuto una condanna a sette anni di prigione in Cina per aver diffuso informazioni nelle regioni tibetane, che sono nel mezzo di una crescente repressione per mano del regime cinese, secondo degli articoli di questa settimana.
Yonten Gyatso è stato condannato a metà giugno a Ngaba, nella provincia del Sichuan, ma la sua situazione è venuta alla luce solo giovedì, secondo Reporter Senza Frontiere, un garante dei media.

Nella foto: Un monaco tibetano esiliato regge un’immagine riguardante un’autoimmolazione del 15 giugno 2012. Yonten Gyatso, un importante monaco tibetano, ha ricevuto una condanna a sette anni in Cina per aver diffuso informazioni sulle immolazioni nelle regioni tibetane) 
“I suoi amici e familiari e le organizzazioni giornalistiche alle quali contribuisce, hanno saputo del fatto solo ieri” – ha affermato Reporter Senza Frontiere – “due mesi dopo: un segno della mancanza di trasparenza riguardo ai prigionieri in Tibet”. Gyatso è stato anche torturato e picchiato dalle autorità cinesi mentre era in custodia, secondo RSF, che ha citato fonti locali. Gyatso è accusato di aver diffuso fotografie ed informazioni sull’auto-immolazione di una monaca e sulla repressione del Tibet da parte della Cina. Secondo Radio Free Asia, più di 1.000 persone sono state incarcerate nella contea Driru, nella regione autonoma del Tibet, segno del fatto che i funzionari del regime cinese hanno aumentato le misure di sicurezza.
Nelle affollate zone centrali della capitale tibetana Lhasa, i funzionari cinesi hanno messo in piedi un gran numero di posti di controllo e di body scanners, secondo RFA. “La città di Lhasa è stata trasformata in una grande prigione”, ha raccontato un residente di Lhasa, non nominato, all’emittente. “Ci sono poliziotti ovunque in gruppi di 10 o più e ognuno ha fucili, bastoni ed estintori”.
Un altro residente di Lhasa ha detto che ai Tibetani provenienti da altre parti della Cina che tentano di entrare nella città è stato negato l’accesso. I Tibetani che non sono in possesso di un permesso per stare nella città sono stati deportati in altri luoghi della Cina, secondo quanto aggiunto dai residenti. “Lhasa è sovraffollata di Cinesi e i Tibetani non possono parlare con loro”, ha detto, aggiungendo che ci sono gravi tensioni etniche tra i due gruppi. “Se un qualche tibetano è coinvolto in una disputa, i Tibetani saranno gli sconfitti”, ha detto. “Se parliamo o ragioniamo con i cinesi, essi chiamano questa la ‘politica della separazione’”.
A partire dal 2009, circa quaranta Tibetani si sono auto-immolati; alcuni sono morti sul posto, in luoghi pubblici, per protestare contro il dominio cinese. Il regime cinese è stato attento nel prevenire la diffusione di informazioni riguardanti le auto-immolazioni, tagliando le telecomunicazioni o persino l’elettricità in alcune regioni tibetane. Reporter Senza Frontiere ha definito il flusso di informazione in Tibet “problematico” perché “i reporter indipendenti non sono accettati nella regione, a parte pochi giornalisti stranieri che vi fanno occasionalmente visita previa approvazione ufficiale”. Il garante dei media ha affermato che Pechino ha isolato sempre di più il Tibet dal resto del mondo; tale mossa è stata definita come “preoccupante”. L’intensa repressione sul Tibet potrebbe essere collegata al desiderio del regime di “mantenere la stabilità” — per usare un’espressione tipica del Partito Comunista Cinese — prima del 18° Congresso Nazionale, quando l’attuale leader Hu Jintao si farà indietro e dei nuovi membri entreranno nel Politburo, il più alto corpo politico della Cina.
27/08/2013
Fonte: www.laogai.it

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