(Da TRC giornale che gentilmente ringraziamo)
Il teatro militante, dell'impegno e della rappresentazione didattica approda al Traiano nelle tre rappresentazioni di "Shylock il mercante di Venezia in prova" proposto da Moni Ovadia che ne cura la scrittura e la regia con Roberto Andò. Una rappresentazione difficile da dimenticare per intensità e teatralità con Shel Shapiro nei panni dell'ebreo. La prova generale di cui parla il titolo avverte lo spettatore che non si troverà a seguire il Mercante di Venezia di Shakespeare con il suo lieto fine e le annesse riflessioni sul denaro, il potere, la crudeltà dell’animo. Ad andare in scena è il teatro militante, la lezione ricca di citazioni, provocatoria e potente di Moni Ovadia che comanda la scena dal suo trespolo. Non è il teatro classico che i forzati dell’abbonamento, per dirla con una citazione dello stesso Ovadia, magari digeriscono perché in scena c’è il protagonista con carriera cine televisiva alle spalle. Qui l’impatto è forte, e se qualcuno si alza e se ne va, se il dubbio domina il dopo spettacolo, è perché questo teatro è diventato raro e difficilmente appagante, impegnativo e poco o nulla edificante. L’ospedale manicomio mattatoio che domina la scena con le reliquie di carne umana appese ai lati e da un enorme schizzo di sangue sopra uno specchio sul fondale è il luogo in cui si svolge la lezione. La vicenda di Shylock, uno Shel Shapiro in barella, viene condotta dal regista Moni Ovadia con incursioni frequenti sul tema: il teatro nel teatro, i personaggi che rappresentano se stessi come nei Sei personaggi pirandelliani, che educano il pubblico con le ballate dell’orchestrina nel più classico Brecht. E allora più che la storia di Shakespeare viene proposto con durezza, con l’urlo ricorrente di Moni Ovadia, il filo spinato che congiunge la diversità: l’ebreo Shylock l’archetipo dello strozzino senza nessuna umanità da cui deriva la convinzione antisemita che culminerà con l’olocausto, e poi l’omosessualità di Antonio, appena accennata in Shakespeare, e qui messa nella giusta evidenza con l’effeminato Bassanio, come la figura del rom che compare nel finale e la cruda versione di Porzia seminuda e sempre pronta all’amplesso. Difficile riportare gli elementi che compongono la lezione. Una rilettura molto limitata che non può afferrare i tanti riferimenti alla contemporaneità, compresa lo sferzante accenno al triste panorama teatrale di oggi e ai forzati dell’abbonamento. Uno spettacolo con un impatto devastante, di teatro impegnato, su cui occorre pensare e riflettere a luci spente e anche dopo. Una grande prova di teatro, curata nei particolari e nei personaggi, con un gruppo bravissimo d’interpreti a cui va il merito di saper sostenere il difficile compito di sostanziare le forme, di offrire contenuti, magari complessi e scomodi, senza ammiccamenti. E questo ha lasciato qualche perplessità e tenuto a bagno maria il pubblico del Traiano.
Preferite..... l'originale...
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_mercante_di_Venezia
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