martedì 9 marzo 2010

Cane non morde cane....

In Italia c’è un gigante. Ma non solo è un gigante dai piedi d’argilla: è anche guidato da un nano. Difficile, perciò, che possa riuscire nell’impresa: infatti il gigante è inciampato, a quanto pare in un panino Piccolo Piccolo, alla presentazione della lista del PdL per la Provincia di Roma. I pruriti preelettorali dei colonnelli romani del partito hanno così avuto un effetto contrappasso che manco il Sommo Poeta avrebbe potuto disegnare: la cancellazione dell’intera classe dirigente capitolina del partito di governo, o quanto meno il rischio concreto che ciò possa avvenire. Un pericolo ben più grave della stessa sconfitta elettorale, che in un “regime d’alternanza” sarebbe comunque ben digerito. E il problema a ben guardare risiede proprio qui: nell’alternanza, che è poi un regime. Ad “alternarsi” nel “gioco” democratico non sono due visioni del mondo, due modi di leggere i problemi e di proporre soluzioni. Sono uomini, forse qualcosa meno che uomini, i quali occupano dei posti senza minimamente interessarsi delle funzioni di responsabilità che gli sarebbero proprie. Infatti risiedono in due schieramenti tra i quali è comunque possibile, spesso per ragioni tattiche (e sempre più di frequente), il travaso di uomini. L’importanza vitale è quindi, per loro, che si mantenga il “regime d’alternanza”: e quando l’alternanza si riduce a semplice illusione ottica, resta esclusivamente un regime. Gli italiani, fondamentalmente, pensano di partecipare ad elezioni e invece non si rendono conto di ritrovarsi, ad ogni voto che danno, intruppati in qualcosa che assomiglia maledettamente ad un congresso del Pcus.
Gli scivoloni nelle presentazioni delle liste hanno tuttavia prodotto una ventata tale da alzare il velo e far intravedere cosa esso nasconda. Un’intera classe dirigente è stata gettata nel panico, messa davanti alla impensabile prospettiva di aver speso centinaia di migliaia di euro (a persona, s’intende) senza più la certezza del rientro dall’investimento. Ma il miraggio stesso dell’alternanza è finito nel tritacarne dei ricorsi, della burocrazia, della magistratura. Ed ecco allora il coup de theatre: Pannella, pater della piemontese Bonino che andrebbe a conquistarsi da sola il Lazio con una novella Porta Pia, chiede il rinvio delle elezioni e la sanatoria di tutte le liste. Strano, per chi ha fatto sapere di aver rinunciato al cappuccino per giorni e giorni proprio per “salvaguardare la legalità nella presentazione delle liste”.

Cosa c’è dietro? Lotte interne al “centro-sinistra” perché il Pd vuole il grosso della torta così facilmente conquistata? Un rigurgito d’abortismo della Bonino, che vuol abortire ormai anche se stessa? Più probabilmente c’è solo il terrore di far cadere lo spaventapasseri dell’alternanza, di aprire uno spazio politico mai esistito e quindi di dover riconoscere un’opposizione altra da quella che si è scelta, “fuori dall’alternanza”, con esiti imprevedibili.
Tale è il livello di collusione: questo centro-destra non esisterebbe senza questo centro-sinistra e viceversa. D’altronde nessuno guarderebbe un film nel quale l’antagonista muore al primo fotogramma. The show must go on, perciò, e tutti gli attori si presentino in scena a recitare il copione, tra gli applausi del pubblico in sala, che crede così di partecipare al “gioco” democratico e invece dovrebbe, più semplicemente, cominciare a pensare di... cambiare gioco.

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