domenica 6 settembre 2015

La Dichiarazione dei diritti di Dio contro i massonici ”diritti dell’uomo”



Nell’anniversario delle stragi dell’inizio Settembre 1792, pubblichiamo il discorso del visconte Charette de La Contrie quando, nella Francia barbarizzata dalla Rivoluzione, vennero massacrati prigionieri politici invisi al Regime rivoluzionario, tra i quali tre vescovi, numerosi religiosi e religiose refrattari al Nuovo ordine e tanti uomini e donne poi beatificati da Papa Pio XI nel 1926. Anche visibilmente, contro i “diritti degli uomini”, falsi e bugiardi (raffigurati nell’impressionante allegoria massonico-rivoluzionaria che correda questo articolo), il visconte Francois Athanase de Charette de La Contrie ribadisce i diritti imperscrittibili di Dio e della Verità che nessuna legge umana, nessun sofisma costituzionale, nessun parto delle ideologie vecchie o nuove, può menomare o manomettere. 
 
“La nostra patria sono i nostri villaggi, i nostri altari, le nostre tombe, tutto ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi.
La nostra Patria è la nostra Fede, la nostra terra, il nostro Re.
Ma la loro patria, che cos’è? Lo capite voi? Vogliono distruggere i costumi, l’ordine, la Tradizione. Allora, che cos’è questa patria che sfida il passato, senza fedeltà, senz’amore? Questa patria di disordine e irreligione?
Per loro sembra che la patria non sia che un’idea; per noi è una terra. Loro ce l’hanno nel cervello; noi la sentiamo sotto i nostri piedi, è più solida.
E’ vecchio come il diavolo il loro mondo che dicono nuovo e che vogliono fondare sull’assenza di Dio.…
Si dice che siamo i fautori delle vecchie superstizioni. Fanno ridere! Ma di fronte a questi demoni che rinascono di secolo in secolo, noi siamo la gioventù, signori! Siamo la gioventù di Dio. La gioventù della fedeltà.”
Manifesto Vandeano, di François-Athanase de Charette de La Contrie

sabato 5 settembre 2015

Il ricatto


Fonte: www.maurizioblondet.it
Quando il CorriereLa Stampa, e Il Manifesto pubblicano la stessa foto in prima pagina , il lettore avvertito capisce che è in corso un’operazione. Non che la foto non sia straziante; deve esserlo. Il Manifesto quasi ha scoperto il gioco col suo titolo rivoltante, cinico : “Niente Asilo”. Una battuta ‘di spirito’  – chissà che risate –  sul corpicino, venuta sù come vomito dal peggior rigurgito romanesco, dimostra che i compagni del Manifesto, quando l’hanno escogitata e trovata buona, non stavano pensando al piccolo Aylan, o come si chiamava; stavano pensando a Salvini. E come con quella foto lo stavano inc***do.
Perché quello è il motivo della foto, dell’operazione:  stroncare ogni obiezione politica e razionale sulla “accoglienza senza limiti”, ogni ragionamento sul perché e sul come. E mobilitare il sentimentalismo della massa che vive nell’irrealtà (quella che su Facebook si scambia immagini di gattini), orripilarla, farla reagire di fronte a questa intrusione della realtà: “Bisogna fare qualcosa! Subito! Accoglierli!”.
Il più untuoso è stato il direttore de La Stampa, Mario Calabresi. Ha postato la foto con un commento in cui raccontava come si è macerato ed ha sofferto: non voleva pubblicarla, troppo cruda; poi “Ho cambiato idea…E’ l’ultima occasione per vedere se i governanti europei saranno all’altezza della Storia. E l’occasione per ognuno di noi di fare i conti con il senso ultimo dell’esistenza”.
Il suo commento è piaciuto alla cosca di RaiTre, che l’ha chiamato, il Calabresi, a lacrimare sulla necessità di accogliere. Ebbene: in un’ora, il direttore di uno dei maggiori giornali italiani, esperto di politica estera e americana, è riuscita a non dire chi sono i responsabili della tragedia che si è rovesciata sul popolo siriano. E’ riuscito a non pronunciare mai la parola “Stati Uniti”, a non dire che i terroristi in guerra contro Assad sono alimentati dai sauditi, addestrati dagli
americani, e sostenuti dalla Turchia, e i feriti dell’ISIS, sono curati negli ospedali israeliani.
Una disinformazione disonorevole, ma evidentemente Calabresi  fa’ il suo lavoro per queste operazioni. Perché il pubblico avvertito – ma non quello di Facebook – deve capire che foto atroci arrivano ogni giorno ai giornali, dalla Siria: impiccati, decapitati dai “ribelli anti-Assad”.
Quelle non si pubblicano, si ha rispetto del vostro stomaco, vi si lascia ad intenerirvi coi gattini. “Non le possiamo pubblicare”, ha sempre ripetuto Calabresi.
Dunque, il pubblico avvertito deve intuire che, se “questa” l’hanno pubblicata, è per suscitare un effetto. Un effetto psichico collettivo, su di voi. Convincervi che “la politica deve fare qualcosa, subito”.
E infatti la politica, sulla spinta della vostra emozione sapientemente provocata, “farà qualcosa”. Era già pronta a fare qualcosa, fra poche settimane il problema dei profughi sarà affrontato all’ONU…era tutto previsto. Ci mancava la foto che vi avrebbe fatto accettare quel che hanno già deciso.
Perché non dovete credere che Calabresi abbia il cuore tenero verso tutti i bambini.
Ha scelto di “non” pubblicare la foto che vedete qui:
Un bambino di 5 anni, Raed Mohammed Sari, ucciso mentre giocava sulla spiaggia di Gaza da un aereo israeliano, senza motivo alcuno, il 16 luglio del 2014.
 Come sapete, ce ne sono a dozzine di foto così da Gaza. Calabresi ha scelto di “non” pubblicarle. Per non farvi reagire all’orrore che Israele sta commettendo a Gaza, per non farvi gridare, di pancia, che “bisogna fare qualcosa”.

 Dunque, se Calabresi, e quelli delManifesto dalla battuta odiosa, e quelli del Corriere, hanno “scelto”, questa volta, di pubblicare quella foto, è perché vogliono esercitare il ricatto morale contro di voi.
Non vi dicono che cosa davvero succedere alla povera Siria, da cosa fuggono i siriani. La rete tedesca Deutsche Welle ha mostrato centinaia di camion carichi di materiali per l’ISIS in attesa, in lunga fila, nel posto di frontiera turco di Oncupinar, per poi scaricare i loro rifornimenti al Califfato; basterebbe che la Turchia fosse obbligata a smettere questo traffico, e la guerra finirebbe. Time Magazine ha raccontato in un reportage come equalmente Tal Abyad, la cittadina siriana di confine con la Turchia, era vitale per i rifornimenti dell’ISIS, e come la perdita di questa cittadina attaccata dai curdi avrebbe ridotto drasticamente la capacità combattiva dei decapitatori. Era giugno, e la AP vantava che i curdi avanzavano grazie agli intensi bombardamenti americani contro le posizioni del Califfato… quando per gli Usa, che hanno la base ad Incirlik in Turchia, non fanno nulla per tagliare le linee di rifornimento che dalla Turchia partono per il Califfo, sul confine dove operano commandos Usa e gente della Cia.
Le forze curde e quelle di Assad stanno sforzandosi entrambe di tagliare le linee di rifornimento del nemico. Ma sono entrambe limitate da una “zona di sicurezza” che gli Stati Uniti e i suoi alleati regionali hanno creato in territorio siriano alla frontiera, e che continuano ad allargare; quando l’armata siriana ha provato ad attaccare, l’aviazione turca e quella israeliana hanno aggredito le forze siriane, evidentemente per difendere questi “santuari” creati allo scopo di proteggere i terroristi jihadisti.
Gli Usa potrebbero eliminare l’ISIS in un mese – tagliando i rifornimenti – senza nemmeno entrare con alcuna truppa in territorio siriano. I profughi siriani tornerebbero a casa loro, l’orrore finirebbe…è vero, noi italiani resteremmo con il problema degli africani che non fuggono da nessuna guerra, i cui paesi sono in tumultuoso sviluppo – ma almeno Calabresi avrebbe finalmente fatto qualcosa per la pace – se avessero detto quel che continuano a tacere. I nomi dei colpevoli, e l’appello a “fare qualcosa”.
Maurizio Blondet

giovedì 3 settembre 2015

Campo di Formazione Militante 2015 – recensione

 
 


Tante persone soddisfatte si lamentano sempre, trovano tutto sgradevole: non sanno mai rallegrarsi sinceramente di nulla! Tutto sembra loro noioso perché non si donano mai, perché accolgono ogni istante, in cui occorrerebbe offrire una parte di sé stessi, con l’intenzione ben ferma di dare solo l’indispensabile, e anche questo a malincuore. Tutto è questione di donare. Gli uomini felici sono coloro che donano”. 
Ecco, queste semplici parole del generale Léon Degrelle basterebbero per descrivere lo spirito con il quale si vive il Campo di Formazione Tradizionale, organizzato ogni estate alle pendici del vulcano Etna.
Anche quest’anno è arrivato il momento di partire per la Sicilia, direzione Etna: sacco a pelo, valigia, zaino con tutto l’occorrente necessario – e nulla di più, per partire leggeri, dentro e fuori, con l’indispensabile – per affrontare una settimana dura e gioiosa, intensa, di lavoro ma soprattutto di approfondimenti, riflessioni e sana vita comunitaria.
Si arriva e già si respira tra i camerati un clima diverso, un’armonia che non è propria di questo mondo; si avverte subito la differenza rispetto a quella frenesia e a quell’agitazione che costantemente caratterizzano la vita di tutti i giorni. “No, qui non è così”: è questo il primo pensiero che ti passa per la mente dopo aver vissuto una giornata scandita secondo un “ritmo” assolutamente inedito per chi è abituato alla solita routine cittadina.
 

Può sembrare un paradosso allora – ma non è così – il fatto che con entusiasmo e grande volontà ci si alzi alle 5:30, si lavori sotto il sole, in squadre gerarchicamente organizzate e riunite sotto un proprio stendardo come un’insegna di legione, si mangi tutti insieme senza quell’ansia dell’orario, perché ”non si è sulla terra per mangiare in orario”, ricordarlo non guasta mai; e dopo aver cantato, vissuto momenti di vita comunitaria  si va a dormire in quello che per una settimana è il nostro “albergo” ovvero una camerata spartana con letti a castello e bandiere gloriose sui muri, che rappresenta il necessario, ciò che ci serve, perché quest’esperienza insegna anche questo: ”l’essenzialità”.
Ecco che l’indomani, seppur con sole 5 ore di sonno ci si sveglia più carichi del giorno precedente, con un’energia nuova: è straordinario andare a dormire sentendosi ricaricati” e non “svuotati”, come avviene solitamente nelle nostre case la sera quando si va a letto: qui non si hanno pensieri superflui, si ha la consapevolezza di essersi donati e di aver fatto ciò che doveva esser fatto e l’unico pensiero che può venirti poco prima di addormentarti è quello di donarti di più di quanto hai fatto nel giorno passato, proprio secondo il motto del sacrificio “Risparmia l’altro”. E’ cosi che qui si trascorrono le giornate, in modo del tutto rivoluzionario”, come d’altronde è lo spirito con cui affrontiamo l’ascesa al cratere dell’Etna, come ci indica J. Evola: “Coloro che, in fondo, può dirsi che mai ritornano alla pianura, di quelli per i quali non vi è più né l’andare né il tornare, perché la montagna è nel loro spirito, perché il simbolo è diventato realtà, perché la scorza è caduta. La montagna per essi non è più novità d’avventura, né romantica evasione, né sensazione contingente, né eroismo per l’eroismo, né sport più o meno tecnicizzato.
 
 
Essa si lega invece a qualcosa che non ha principio né fine e che, conquista spirituale inalienabile, fa ormai parte della propria natura, come qualcosa che si porta con sé ovunque a dare un nuovo senso a qualsiasi azione, a qualsiasi esperienza, a qualsiasi lotta della vita quotidiana“. 
Montagna, che rappresenta la metafora ideale di quello che è il nostro percorso e soprattutto di quella che è la battaglia più grande, ovvero quella contro noi stessi. Dopo aver caricato lo zaino con quel necessario che ci servirà per l’escursione – e tutti con la stessa razione di acqua e cibo, per educarci al controllo su noi stessi e per sentirci ancor di più uniti – partiamo da poco più di 1000mt di altitudine per arrivare fino ai 3300mt.
 
Dopo una notte passata nell’ultimo rifugio prima della vetta, sotto un luminoso manto di stelle e riscaldati da vigoroso vino rosso, ascendiamo mentre il sole annuncia i primi bagliori.
 
Arriviamo in vetta stanchi, perché i 2000mt di dislivello si fanno sentire, ma al tempo stesso consapevoli di aver affrontato una nuova prova, utile per la conoscenza di noi stessi, dei nostri limiti, ma anche formativa, perché abbiamo vinto la stanchezza e la fatica del corpo con la lucidità della mente e la perseveranza; e anche se per qualche momento nella mente sono passati pensieri come “ma chi me lo fa fare” oppure “non ce la faccio”, vedendo il camerata affianco si è trovata quella forza di volontà, quella tensione e così si è arrivati in vetta, non per sentirsi dire ““ bravo““ per un appagamento del proprio ego.
 
 
Oltre all’escursione, alle conferenze di approfondimento e di confronto, ai cineforum, il Campo non può dirsi concluso senza quel momento sportivo ed agonistico che è rappresentato dai “Ludi”.
 
 
 
Giochi in cui, con una cameratesca competitività le squadre di lavoro, ognuna con il suo drappo, si affrontano in prove fisiche, di forza ed abilità come ad esempio la lotta con atterramento e il tiro alla fune, o come il percorso, che comprende la corsa, il lancio di un tronco d’albero e una goliardica corsa con la carriola. E cosi tra una sfida e l’altra si giunge alla conclusione anche di questo momento di vita comunitaria, in cui prevale la Lealtà, il Coraggio e la Forza.
 
 
 
E mentre il Campo sta per avviarsi al termine, dopo alcune riflessioni e alcuni spunti interessati di confronto, ciò che emerge maggiormente è la consapevolezza di come quest’esperienza non sia – e non debba essere – fine a se stessa, ma come piuttosto lo spirito, il sacrificio, la lotta e la gioia con cui si è affrontata questa settimana debbano caratterizzare le nostre giornate future, al ritorno nella nostra vita quotidiana, sapendo di esser chiamati ad una dura prova, che in fondo è quella di diventare “Vir” uomini nel senso più vero del termine, portatori di principi eterni e immutabili, come sosteneva Seneca: “Soltanto i degni e i prodi sono stati scelti per tali compiti, mentre i vili e i deboli possono essere lasciati alla vita comoda”. Il compito dunque è quello di esportare quella tensione e quel fuoco che abbiamo appreso qui, in modo tale da far sì che quel motto “Il campo tutto l’anno” possa accompagnarci fino al prossimo appuntamento “qui”, a casa, sull’Etna.

Conferenza "Tradizione, Comunità, Militanza" | 19 settembre - Bologna


mercoledì 2 settembre 2015

John Ronald Reuel Tolkien [ in memoriam ]


"Accade sovente così, Sam, quando le cose sono in pericolo: qualcuno deve rinunciare, perderle, affinché altri possano conservarle."
John Ronald Reuel Tolkien, 2/09/1973 - 2/09/2015
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/libri/frase-90887?f=a:469>

lunedì 31 agosto 2015

Europa, ascolta la lezione di Putin

Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.

La dovrebbe fare ancora di più quella Unione Europea che, oltre ad avere sulla coscienza la non ortodossa Terza Guerra Mondiale che si sta consumando nel disinteresse dei media e che sta segnando la colonizzazione lenta dei Pigs da parte di Francia e Germania, continua ad andare acriticamente a rimorchio degli Stati Uniti: un viaggio con l'unica bussola dell'interesse personale. Deve risultare chiaro che mai come in queste settimane si è andati vicini, vicinissimi alla Quarta Guerra Mondiale. Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia difficilmente rimarginabile nella credibilità di un'Unione azzoppata nei suoi valori costituenti. L'effetto a catena è facilmente immaginabile: le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica che regge l'Europa.
In un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE. Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d'influenza europea sarebbe stata un'occasione mediaticamente più succulenta che non la piccola isola del Mediterraneo. Un'occasione più simbolica che non economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche della politica obamiana.

E laddove non arriva l'autocritica americana, ci si aspetterebbe che almeno l'Europa battesse un colpo, quell'Europa culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l'UE, spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a supportare azioni contro l'avanzata del terrorismo islamico in Medioriente.
 
Questa sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto nei confronti dell'Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere (anglo)arabe un'intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato, continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a differenza degli Usa rimane l'unico punto fermo per la comunità di popoli che compongono la variegata Europa.

Oggi l'Europa insegna al mondo soltanto l'egoismo profondamente nazionalista radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere la presidentessa degli Stati Uniti d'Europa. Eppure il referendum greco dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio l'Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.
E pensare che recentemente Romano Prodi ha presentato il salatissimo conto delle sanzioni per l'Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo 0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l'idea di Europa che hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si era dati quando si fondò l'Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è intervenuta solo dove aveva interessi economici.
 

domenica 30 agosto 2015

Disperazione, follia o saggezza?



"Disperazione o follia?", disse Gandalf. "Non è disperazione, perché la disperazione è solo per coloro che vedono la fine senza dubbio possibile. Non è il nostro caso. È saggezza riconoscere la necessità quando tutte le altre vie sono state soppesate, benché possa sembrare follia a chi si appiglia a false speranze. Ebbene, che la follia sia il nostro manto, un velo dinnanzi agli occhi del Nemico! Egli è molto saggio, e soppesa ogni cosa con estrema accuratezza sulla bilancia della sua malvagità. Ma l'unica misura che conosce è il desiderio, desiderio di potere, ed egli giudica tutti i cuori alla stessa stregua. La sua mente non accetterebbe mai il pensiero che qualcuno possa rifiutare il tanto bramato potere, o che, possedendo l'Anello, voglia distruggerlo. questa dev'esser dunque la nostra mira, se vogliamo confondere i suoi calcoli".

J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli

sabato 29 agosto 2015

Santa Marinella - I migrati arrivano davvero

Ricomincia la tiritera migranti sì migranti no, anziché costruire soluzioni condivise l'emissario di Gabrielli l'ha detta chiara e tante "stupide galline si azzuffano per niente .. ". Ricordiamo la nostra posizione, già pubblicata su aurhelio.it.

Noi siamo rivoluzionari, nè di destra o di sinistra e sappiamo da che parte stare.
 
In questi giorni stiamo assistendo a scene tra il penoso e il comico.
A fronte della ventilata ipotesi dell’arrivo di circa 80 immigrati presso l’albergo miramare al centro della città, finalmente  sono emerse le appartenenze sceme di sempre. Senza avere la minima concezione – oltre ad idee per come affrontarlo – di ciò che è effettivamente è il fenomeno migratorio, di come si determini, cosa provochi nei paesi di origine, in quelli di passaggio e in quelli di arrivo, la canea si agita. Come da copione fantarazzisti e fantantirazzisti si comportano come giocattolini a molla. Basta dargli la carica e vanno in automatico. Da una parte i cani da guardia della borghesia, la destra bigotta, ignorante e filogovernativa che, ancora sporca di sugo delle mangiate filo governative, si è improvvisata razzista (magari solo perché gli immigrati non passano dai servizi sociali del comune). Gente a cui l’idea dell’immigrazione – la cui componente culturale, religiosa, antropologica e politico-economica non esiste- compare esclusivamente perché si manifesta nel proprio comune. Prima non esisteva il problema, era fuori dai cazzi loro. Un raggruppamento articolato quello degli anti immigrati. Imprenditori, politici allo sbaraglio, politici riciclati, gente in cerca di ribalta. 
 
 
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Dall’altra gli umanitaristi al rovescio, i teorici dell’accoglienza illimitata. Quelli, per fare un esempio, che in questi anni si sono completamente disinteressati dei problemi del quarto di popolazione santamarinellese che vive nell’indigenza e per la quale non ha mosso una paglia, mentre invece per 80 presunti immigrati già scalda motori e bandiere (con i dovuti appelli ai compagni del comprensorio per portare forza d’urto in caso di scontri). Per loro e per le anime belle radical chic, occorre accogliere tutti – sempre e rigorosamente non a casa propria – a spese di chi da questo Stato non vede garantiti i livelli minimi di assistenza. Uno strano umanitarismo pret-a-porter, cambia in ragione della provenienza e del colore della pelle di chi ha davanti. Secondo questi ultimi, il problema della convivenza, della sicurezza, della gestione sanitaria e di tanto altro non si pone. Vanno accolti, punto. Per noi invece, vengono prima gli italiani, è un problema? Affari vostri. 
 
Tutto il resto è marginale, periferico, privo di importanza. 
Si campa alla giornata, senza un reale programma concreto, un progetto realistico, idee elevate a riguardo. Come si poteva seriamente pensare che un fenomeno di tale portata non potesse investire anche la nostra città, come si poteva credere che gli avvoltoi della solidarietà si facessero scappare anche questa opportunità? A differenza di amministrazioni ben più intelligenti, tutto si sarebbe potuto prevedere, progettare, governare. Così come per quei trenta rifugiati che passano sotto l’ala dell’assessore ai servizi sociali, dei quali nulla si sa, non un progetto di lavoro, di integrazione, di scambio culturale, niente di niente, se non il fatto che proprio perché passano da lá, per l’amministrazione non sono un problema. 
 
A fronte di un declino totale del turismo e della villeggiatura nel paesello, la terza forza, quella del business, cerca nuovi affari e come insegna Buzzi, gli immigrati sono il business del momento. È per quello che la Croce Rossa locale, presenta proposte che gli vengono accolte. Allora gli amici dei crocerossati si ribellano, li hanno aiutati tanto e adesso che fanno? Gli allievi saltano il maestro e si raccattano la biada da soli?
 
La verità è una sòla, le marionette recitano a soggetto, questa amministrazione comunale è totalmente impreparata a un fenomeno del genere ed è in balia degli eventi, i santamarinellesi che si trovano davanti a questo evento rispondono come da copione. Schierandosi in ragione dei loro interessi.  Economici o sentimentali poco importa, la colpa è loro. 
In tutto questo, in mezzo rimangono “loro”. I migrati, coloro che clandestini, rifugiati, regolari, uomini donne e bambini – poco importa, sono l’oggetto delle migrazioni. Un fenomeno frutto del capitalismo bieco che genera danni, povertà e privazioni nei paesi di origine e in quelli di arrivo. Che non si ferma davanti a niente e a nessuno. Del resto, come potrebbero comprendere i burattini di destra e sinistra che le migrazioni sono un fenomeno iper capitalistico è che non si può essere contro l’immigrazione se si è accondiscendenti con la democrazia liberal capitalistica oppure, non si può essere contro il capitalismo senza essere necessariamente anche contro l’immigrazione?
Misteri e miserie del becerume progressista e moderato indigeno.
Noi siamo per l’assoluto rigore e la assoluta solidarietà, non è il colore della pelle o la lingua che distingue gli uomini ma la loro qualità, a prescindere da dove arrivano e perché. In questo, il modello della universalità di Roma e del fascismo, rappresentano il cardine di riferimento. Di molte genti, ne fecero una. Non possono farlo le democrazie capitalistiche borghesi, non possono farlo questi quattro cialtroni che governano la nostra nazione, i nostri territori. Se non si mettono in discussione i capisaldi di questo Stato – democrazia, liberalismo, parlamentarismo partitico e capitalismo – per noi rimanete nemici della nostra gente, nemici del nostro popolo, ancor prima di chi viene da fuori, voi siete i nemici interni, complici dei vostri stessi aguzzini. 
A ragione valgono oggi più che mai le profetiche parole del Capitano Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso, barbaramente ucciso perché aveva intuito la soluzione del problema migratorio africano: “Del resto le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune.” Azionepuntozero, lo conosce bene. 

venerdì 28 agosto 2015

Visita al Cimitero Tedesco di Catania - 2015 | Raggruppamento R.S.I. - Continuità Ideale

Una delegazione di militanti del Raggruppamento RSI del Lazio ha fatto visita al Cimitero Tedesco situato a Motta Sant’Anastasia (Catania), in cui riposano i soldati tedeschi caduti durante gli attacchi alleati alla Sicilia Orientale nel periodo che va dal 1943 al 1945. In ogni occasione, è per noi un dovere oltre che un privilegio rendere omaggio a chi ha donato la propria vita facendo visita ai luoghi in cui ne sono conservate le spoglie umane, per far sì che la memoria non venga mai perduta.



                                                  

    

                                                          

                                                            

                                                            

                                                           


                                                            

                                                           

                                                        

                                                           

                                                          

                                                          

                                                          

                                                         

                                                        


                                                          La pagina ufficiale della delegazione laziale del Raggruppamento                                                       Combattenti e Reduci della R.S.I.

                                                 http://rsilazio.blogspot.it/ 





Messaggio per la Merkel da parte dei Siriani

La Germania ha annunciato che non espellerà più i Siriani richiedenti asilo politico. Pronta la risposta dei Siriani per la Cancelliera tedesca.


Cara Angela...
Grazie per non espellere i rifugiati siriani, ma avremmo preferito piuttosto che gli aiutassi nel porre fine alla causa che gli rende rifugiati, non facilitandoli a diventare rifugiati.
Ad ogni modo, vorremmo ricordarti che il tuo Paese sta appoggiando i "ribelli moderati", che uccidono i Siriani e che gli costringono a fuggire chiedendo asilo politico nel tuo Paese.
Tecnicamente, quindi, sei parte della loro tragedia, non una soluzione per le loro sofferenze!.

Messaggio ripreso dalla piattaforma "This is Christian Syria".