giovedì 20 ottobre 2011

Indegni e indignati

Potendo contare, nonostante le apparenze, su una buona stampa e su un clima generale sicuramente favorevole, il movimento dei cosiddetti “indignados” sembra muoversi sulle ali del rinnovamento rivoluzionario e delle legittime rivendicazioni, di fronte a un mondo vittima della rapina globalizzata, perpetrata dall’alta finanza e dai suoi maggiordomi politici. Viene istintivo pensare che, se il regno dell’ingiustizia e dello strapotere di pochi nababbi sembra essere giunto alle sue estreme conseguenze, chiunque provi a ribellarsi ad un simile stato delle cose non può che avere tutte le ragioni e meritare l’appoggio ed il sostegno di chi non appartiene, direttamente o indirettamente, alla casta dominante. E questo potrebbe essere vero anche per noi, se solo ci limitassimo a guardare la realtà che ci circonda e che si snoda sotto i nostri occhi nella sua superficiale orizzontalità e nella sua piattezza unidimensionale dell’indagine sociologica e politica. Ma siccome abbiamo il privilegio di poter giudicare questa realtà disponendo dei punti fermi fornitici dalla visione tradizionale, non possiamo cadere in questa trappola e siamo tenuti a provare a guardare in profondità, oltre le nebbie dell’apparenza, a tutto ciò che in questi giorni la macchina mediatica ci presenta come reale e razionale.
Siccome il movimento in questione ha mosso i suoi primi passi ed è stato battezzato in Spagna, ci sembra giusto partire dalla sua culla per provare ad immaginare cosa potrebbe esso diventare da grande, qualora avesse il tempo di dispiegare tutte quante le sue potenzialità e portare a compimento tutte quante le sue premesse culturali ed ideologiche. A tal fine abbiamo la fortuna di poter disporre della testimonianza diretta del nostro amico Antonio Medrano, che a Madrid vive; il quale, ad una nostra esplicita domanda, così rispondeva in una sua lettera di questa estate:
«Rispondo alla tua domanda sulla questione degli “indignados”, il cosiddetto “movimento 15-M”, che alcuni giornalisti inglesi hanno definito the Spanish revolution. Si tratta di una farsa grottesca, sebbene all’inizio ha potuto contare su molti incauti benintenzionati che si erano aggregati a questa protesta collettiva credendo che potesse venirne qualcosa di buono, come un cambio di rotta nella disastrosa politica del nostro paese.
«Come suppongo già saprai l’ispirazione di questo movimento e la sua stessa denominazione derivano dal libro dell’ebreo di sinistra francese, resistente e antifascista, Stéphane Hessel, intitolato “Indignez vous!”. Si tratta di una grossolana manovra della sinistra che prova a contrastare e vanificare il ritorno della Destra al potere. Guarda caso gli è successo di indignarsi poco prima delle elezioni municipali dello scorso mese di Maggio che si sapeva sarebbero state vinte dal PP, il Partito Popolare! E il caso ha voluto che a Madrid si siano concentrati alla Puerta del Sol, davanti alla sede del Governo della Comunità di Madrid (la comunità autonoma della provincia di Madrid), in mano al PP, e non davanti a qualche sede del Governo (socialista) o del PSOE!
«La simpatia che ha riscosso tra i partiti e i gruppi di sinistra, cominciando dal Governo, che si rifiutò di disperdere il concentramento alla Puerta del Sol, nonostante la richiesta dei magistrati.
«I tipici luoghi comuni della sinistra e delle correnti antisistema (centri sociali, comunisti, anarchici, libertari, omosessuali e femministe radicali, ecc.), con i gesti e le idee tipici di questi ambienti: proposte tanto assurde quanto sovversive (eliminazione della Monarchia, plebiscito permanente, democrazia di piazza); libelli contro la visita del Papa; attentati contro la lingua (scrivendo, per esempio, negli striscioni “Nos kedamos”, invece di “nos quedamos” [noi restiamo]); proliferazione degli slogan antirazzisti e antifascisti, così come di bandiere repubblicane (coi colori rosso, giallo e viola) nelle manifestazioni, ecc., ecc. Gli indignati si indignano solo per certi argomenti cari alla sinistra; non si indignano per le cose più indignanti che si sono verificate negli ultimi tempi; l’attacco contro le istituzioni condotto dal Signor Rodríguez Zapatero (per esempio, premere sulla Corte Costituzionale per far partecipare alle ultime elezioni Bildu, il braccio politico dell’ETA, com’è avvenuto, con un successo pieno per i terroristi, che adesso hanno un enorme potere, col quale potranno arrivare a maneggiare circa 2 miliardi di Euro). Non ci sono proteste contro il Governo, che è il responsabile della situazione in cui ci troviamo.
«È stato suggerito agli indignados di formare un partito politico. Ed è già spuntato un eminente leader per dirigerli: niente meno che il Signor Garzón, l’insigne ex giudice, che si è offerto di mettersi a capo di questo partito. Il problema è che fra le proposte del movimento figura quella che gli imputati di fronte alla Giustizia non possono presentarsi alle lezioni, e il Signor Garzón è arcimputato: su di lui pesano finora 3 o 4 inchieste giudiziarie. Ma questo non credo che gli importi più di tanto, non credo che gli indignati lo considerino degno d’indignazione.
«Se il PP (Partito Popolare, la Destra) vince le elezioni politiche del prossimo anno, come ha già conquistato le amministrative e comunali di Maggio (infliggendo una sonora sconfitta al PSOE), com’è prevedibile, vedremo mettersi violentemente in marcia gli “indignados”, così come avviene attualmente in Grecia.
«Quello che colpisce in questo movimento assembleare e caotico è che tutti si limitano a lamentarsi, a protestare, a pretendere, a chiedere cose. Nessuno si offre di lavorare, di sforzarsi, di sacrificarsi, di offrire contributi positivi e costruttivi che presuppongano un proprio intervento (e non l’intervento altrui). Nessuno reclama doveri, obblighi, più responsabilità propria. Nessuno chiede di domandarsi di più, di porsi obiettivi di miglioramento personale. Nessuno si lamenta della principale causa di tutto: se stesso, il proprio io, le inclinazioni e attitudini egocentriche. Nessuno si lamenta di se stesso, della propria irresponsabilità, del proprio individualismo e dei comportamenti erronei nella vita quotidiana (prima e al di là della politica) che hanno portato alla situazione in cui ci troviamo adesso. Nessuno fa autocritica, un’analisi seria sul perché stiamo come stiamo e cosa abbiamo fatto ognuno per evitarlo.
«In uno dei miei ultimi corsi un’allieva, se ricordo bene americana, mi chiese qual era la mia opinione sulla concentrazione della Puerta del Sol. Dopo averle risposto che la questione non aveva molto a che vedere col tema che stavamo trattando, mi insistette che erano tutti molto interessati a sapere come vedevo io il problema. Spiegai che sono indignato da molti anni, e per cose molto più gravi di quelle che preoccupano i sedicenti indignati. Aggiunsi che da un movimento assembleare come questo, che all’inizio poteva essere motivato e integrato da persone con le migliori intenzioni, non poteva nascere niente di costruttivo per l’assenza di una direzione chiara. E che a causa di questa mancanza di direzione, sarebbe finito per essere totalmente manipolato, controllato da gruppi provocatori e da agitatori che sanno molto bene quel che vogliono.
«La situazione della Spagna è di una gravità estrema. All’incompetenza e al settarismo del governo socialista del Signor Rodríguez si aggiunge l’enorme spreco che ha generato il sistema che stiamo subendo, con le autonomie regionali che si sono trasformate in piccole nazioni, ognuna con i propri rispettivi governi e tutta la struttura di un paese indipendente (il suo parlamento, la sua burocrazia, i suoi difensori del popolo, la sua televisione, la sua polizia, i suoi aiuti a paesi del Terzo Mondo, ecc., ecc.). Solo l’Extremadura, una regione piccola composta da due province, la più povera di Spagna, conta circa 500 alte cariche, ovviamente con i suoi alti stipendi, con le sue auto di lusso, i suoi guardaspalle e tutte le prebende che comportano cariche così importanti.
«Il socialismo fanaticamente sinistrorso del Signor Rodríguez e della sua setta non ha fatto altro che aggravare questa situazione così deplorevole. Per fare qualche esempio, basta dire che, sebbene la Spagna non sia un paese particolarmente ricco, è diventato il principale donatore a UN-Women (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’emancipazione delle donne), con 25.400.000 dollari, quasi 80 volte quello che versa la Francia, una nazione molto più potente di noi (con 284.000 dollari); molto più di Germania e Stati Uniti. Anche nell’aiuto ad Haiti, il nostro paese è divenuto il terzo donatore mondiale (se ricordo bene), prima anche della Francia, che è la nazione più legata, culturalmente e storicamente, col popolo haitiano. Lo scialacquamento e la generosità dei nostri sinistrorsi (molto generosi nel distribuire il denaro altrui) non conoscono limiti. Adesso si parla di indennizzare le vittime delle guerre che conducemmo in Marocco all’inizio del XX secolo, che costerà, secondo alcuni, oltre 100 milioni di euro.
«Il paese è stato completamente rovinato. I numeri della disoccupazione sono i più alti d’Europa, con più di 5 milioni di persone senza lavoro. Ogni giorno chiudono centinaia di imprese, mentre la corruzione nella classe dirigente raggiunge limiti scandalosi, con gentucola che non era nessuno fino a poco tempo fa ed ora è multimilionaria. La situazione è veramente catastrofica, e non solo in campo economico, ma anche, e soprattutto, nel politico, nel sociale, nell’istituzionale, nel morale e nell’educativo. I socialisti, con la caterva di inetti e demagoghi che hanno preso le redini del partito da quando hanno il Signor Rodríguez come leader (“il presidente per caso”), sono riusciti a piegare la nazione. Tutto è distrutto. E le cose andranno a peggiorare nei mesi futuri.».  
Come si vede, Medrano dà sul fenomeno indignados il medesimo giudizio che a suo tempo diede Julius Evola sulle rivolte giovanili degli anni ’60 del secolo scorso. Oggi come allora, una gioventù slegata da ogni rapporto di continuità e dipendenza dalle generazioni che l’hanno preceduta, fa un uso del tutto stupido di quella che potrebbe sembrare una condizione di acquisita libertà. Non è difficile ipotizzare, anche per i più violenti ed estremisti che hanno alcuni giorni fa scosso le coscienze borghesi e democratiche coi loro gesti vandalici, quello che già Evola ipotizzava, risultando allora facile profeta, sul futuro della gioventù bruciata e della beat generation: «Col passare degli anni, con la necessità, pei più, di affrontare i problemi materiali ed economici della vita non v’è dubbio che tale gioventù, divenuta adulta, si adatterà alle routines professionali, produttive e sociali di un mondo come l’attuale, con il che, peraltro, passerà semplicemente da una forma ad un’altra forma di nullità».
Come è stato già detto, appare del tutto evidente che quello che manca in questi fenomeni è una direzione precisa, punti di riferimento superiori e una qualche forma di trascendenza. Le rivendicazioni riguardano solo ed esclusivamente aspetti della vita economica e materiale, e l’aspirazione massima rimane sempre e solo quella comunista di “togliere ai ricchi per dare ai poveri”; togliendo le stesse “povere cose” che l’attivismo consumistico pone come meta assoluta da raggiungere e di cui beneficiare. Perché il problema autentico che si pone di fronte a fenomeni come questo degli indignati, oggi, e come quello dei beat, ieri, è l’assoluta mancanza di ogni forma di verticalità, mantenendosi il tutto in una appiattita orizzontalità. Appartenenza che fa sì che gli attori del fenomeno in questione si muovano all’interno delle medesime logiche e dei medesimi schemi mentali del mondo che pretenderebbero contestare e combattere, cercando di differenziarsene solamente attraverso forzature ed esagerazioni di aspetti già presenti ed insiti nella natura più profonda del mondo contro cui ci si ribella. È come se, per costruire una nuova casa, ci si servisse degli stessi materiali rilasciati dal crollo del vecchio edificio, nel quale vivere risultava insopportabile.
Una ribellione autentica, legittima e fondata contro l’odierno disastro umano, politico e sociale la si può legittimamente attendere e pretendere solo da uno schieramento capace di andare contro ed oltre la realtà attuale; realtà materiale e senza prospettive superiori, precipitata nell’abisso dell’antitradizione. Uno schieramento che sappia fare propri, vivendoli ed incarnandoli concretamente nei suoi rappresentanti, i più alti principi del mondo della Tradizione. Uomini saldamente radicati, in grado di darsi una disciplina ed imporsi doveri, sapendosi assumere le responsabilità che il destino impone loro, avendo uno scopo che ne diriga e determini l’esistenza quotidiana ed uniformando ai ritmi del sacro i battiti dei loro cuori. Per rinfoltire un simile schieramento bisogna che, quelle che Evola chiama “forze a disposizione”, siano educate al «coraggio, la lealtà, la non tortuosità, la ripugnanza per la menzogna, l’incapacità di tradire, la superiorità ad ogni meschino egoismo e ad ogni basso interesse possono essere annoverati fra tali valori che, in un certo modo, sovrastano sia il “bene” che il “male” e vertono su un piano non “morale” ma ontologico: appunto perché danno un “essere” o lo rafforzano, di contro alla condizione presentata da una natura labile, sfuggente, amorfa». Tutto il resto è solo giuoco e falsità. 


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