lunedì 31 agosto 2015

Europa, ascolta la lezione di Putin

Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.

La dovrebbe fare ancora di più quella Unione Europea che, oltre ad avere sulla coscienza la non ortodossa Terza Guerra Mondiale che si sta consumando nel disinteresse dei media e che sta segnando la colonizzazione lenta dei Pigs da parte di Francia e Germania, continua ad andare acriticamente a rimorchio degli Stati Uniti: un viaggio con l'unica bussola dell'interesse personale. Deve risultare chiaro che mai come in queste settimane si è andati vicini, vicinissimi alla Quarta Guerra Mondiale. Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia difficilmente rimarginabile nella credibilità di un'Unione azzoppata nei suoi valori costituenti. L'effetto a catena è facilmente immaginabile: le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica che regge l'Europa.
In un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE. Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d'influenza europea sarebbe stata un'occasione mediaticamente più succulenta che non la piccola isola del Mediterraneo. Un'occasione più simbolica che non economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche della politica obamiana.

E laddove non arriva l'autocritica americana, ci si aspetterebbe che almeno l'Europa battesse un colpo, quell'Europa culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l'UE, spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a supportare azioni contro l'avanzata del terrorismo islamico in Medioriente.
 
Questa sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto nei confronti dell'Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere (anglo)arabe un'intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato, continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a differenza degli Usa rimane l'unico punto fermo per la comunità di popoli che compongono la variegata Europa.

Oggi l'Europa insegna al mondo soltanto l'egoismo profondamente nazionalista radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere la presidentessa degli Stati Uniti d'Europa. Eppure il referendum greco dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio l'Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.
E pensare che recentemente Romano Prodi ha presentato il salatissimo conto delle sanzioni per l'Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo 0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l'idea di Europa che hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si era dati quando si fondò l'Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è intervenuta solo dove aveva interessi economici.
 

domenica 30 agosto 2015

Disperazione, follia o saggezza?



"Disperazione o follia?", disse Gandalf. "Non è disperazione, perché la disperazione è solo per coloro che vedono la fine senza dubbio possibile. Non è il nostro caso. È saggezza riconoscere la necessità quando tutte le altre vie sono state soppesate, benché possa sembrare follia a chi si appiglia a false speranze. Ebbene, che la follia sia il nostro manto, un velo dinnanzi agli occhi del Nemico! Egli è molto saggio, e soppesa ogni cosa con estrema accuratezza sulla bilancia della sua malvagità. Ma l'unica misura che conosce è il desiderio, desiderio di potere, ed egli giudica tutti i cuori alla stessa stregua. La sua mente non accetterebbe mai il pensiero che qualcuno possa rifiutare il tanto bramato potere, o che, possedendo l'Anello, voglia distruggerlo. questa dev'esser dunque la nostra mira, se vogliamo confondere i suoi calcoli".

J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli

sabato 29 agosto 2015

Santa Marinella - I migrati arrivano davvero

Ricomincia la tiritera migranti sì migranti no, anziché costruire soluzioni condivise l'emissario di Gabrielli l'ha detta chiara e tante "stupide galline si azzuffano per niente .. ". Ricordiamo la nostra posizione, già pubblicata su aurhelio.it.

Noi siamo rivoluzionari, nè di destra o di sinistra e sappiamo da che parte stare.
 
In questi giorni stiamo assistendo a scene tra il penoso e il comico.
A fronte della ventilata ipotesi dell’arrivo di circa 80 immigrati presso l’albergo miramare al centro della città, finalmente  sono emerse le appartenenze sceme di sempre. Senza avere la minima concezione – oltre ad idee per come affrontarlo – di ciò che è effettivamente è il fenomeno migratorio, di come si determini, cosa provochi nei paesi di origine, in quelli di passaggio e in quelli di arrivo, la canea si agita. Come da copione fantarazzisti e fantantirazzisti si comportano come giocattolini a molla. Basta dargli la carica e vanno in automatico. Da una parte i cani da guardia della borghesia, la destra bigotta, ignorante e filogovernativa che, ancora sporca di sugo delle mangiate filo governative, si è improvvisata razzista (magari solo perché gli immigrati non passano dai servizi sociali del comune). Gente a cui l’idea dell’immigrazione – la cui componente culturale, religiosa, antropologica e politico-economica non esiste- compare esclusivamente perché si manifesta nel proprio comune. Prima non esisteva il problema, era fuori dai cazzi loro. Un raggruppamento articolato quello degli anti immigrati. Imprenditori, politici allo sbaraglio, politici riciclati, gente in cerca di ribalta. 
 
 
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Dall’altra gli umanitaristi al rovescio, i teorici dell’accoglienza illimitata. Quelli, per fare un esempio, che in questi anni si sono completamente disinteressati dei problemi del quarto di popolazione santamarinellese che vive nell’indigenza e per la quale non ha mosso una paglia, mentre invece per 80 presunti immigrati già scalda motori e bandiere (con i dovuti appelli ai compagni del comprensorio per portare forza d’urto in caso di scontri). Per loro e per le anime belle radical chic, occorre accogliere tutti – sempre e rigorosamente non a casa propria – a spese di chi da questo Stato non vede garantiti i livelli minimi di assistenza. Uno strano umanitarismo pret-a-porter, cambia in ragione della provenienza e del colore della pelle di chi ha davanti. Secondo questi ultimi, il problema della convivenza, della sicurezza, della gestione sanitaria e di tanto altro non si pone. Vanno accolti, punto. Per noi invece, vengono prima gli italiani, è un problema? Affari vostri. 
 
Tutto il resto è marginale, periferico, privo di importanza. 
Si campa alla giornata, senza un reale programma concreto, un progetto realistico, idee elevate a riguardo. Come si poteva seriamente pensare che un fenomeno di tale portata non potesse investire anche la nostra città, come si poteva credere che gli avvoltoi della solidarietà si facessero scappare anche questa opportunità? A differenza di amministrazioni ben più intelligenti, tutto si sarebbe potuto prevedere, progettare, governare. Così come per quei trenta rifugiati che passano sotto l’ala dell’assessore ai servizi sociali, dei quali nulla si sa, non un progetto di lavoro, di integrazione, di scambio culturale, niente di niente, se non il fatto che proprio perché passano da lá, per l’amministrazione non sono un problema. 
 
A fronte di un declino totale del turismo e della villeggiatura nel paesello, la terza forza, quella del business, cerca nuovi affari e come insegna Buzzi, gli immigrati sono il business del momento. È per quello che la Croce Rossa locale, presenta proposte che gli vengono accolte. Allora gli amici dei crocerossati si ribellano, li hanno aiutati tanto e adesso che fanno? Gli allievi saltano il maestro e si raccattano la biada da soli?
 
La verità è una sòla, le marionette recitano a soggetto, questa amministrazione comunale è totalmente impreparata a un fenomeno del genere ed è in balia degli eventi, i santamarinellesi che si trovano davanti a questo evento rispondono come da copione. Schierandosi in ragione dei loro interessi.  Economici o sentimentali poco importa, la colpa è loro. 
In tutto questo, in mezzo rimangono “loro”. I migrati, coloro che clandestini, rifugiati, regolari, uomini donne e bambini – poco importa, sono l’oggetto delle migrazioni. Un fenomeno frutto del capitalismo bieco che genera danni, povertà e privazioni nei paesi di origine e in quelli di arrivo. Che non si ferma davanti a niente e a nessuno. Del resto, come potrebbero comprendere i burattini di destra e sinistra che le migrazioni sono un fenomeno iper capitalistico è che non si può essere contro l’immigrazione se si è accondiscendenti con la democrazia liberal capitalistica oppure, non si può essere contro il capitalismo senza essere necessariamente anche contro l’immigrazione?
Misteri e miserie del becerume progressista e moderato indigeno.
Noi siamo per l’assoluto rigore e la assoluta solidarietà, non è il colore della pelle o la lingua che distingue gli uomini ma la loro qualità, a prescindere da dove arrivano e perché. In questo, il modello della universalità di Roma e del fascismo, rappresentano il cardine di riferimento. Di molte genti, ne fecero una. Non possono farlo le democrazie capitalistiche borghesi, non possono farlo questi quattro cialtroni che governano la nostra nazione, i nostri territori. Se non si mettono in discussione i capisaldi di questo Stato – democrazia, liberalismo, parlamentarismo partitico e capitalismo – per noi rimanete nemici della nostra gente, nemici del nostro popolo, ancor prima di chi viene da fuori, voi siete i nemici interni, complici dei vostri stessi aguzzini. 
A ragione valgono oggi più che mai le profetiche parole del Capitano Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso, barbaramente ucciso perché aveva intuito la soluzione del problema migratorio africano: “Del resto le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune.” Azionepuntozero, lo conosce bene. 

venerdì 28 agosto 2015

Visita al Cimitero Tedesco di Catania - 2015 | Raggruppamento R.S.I. - Continuità Ideale

Una delegazione di militanti del Raggruppamento RSI del Lazio ha fatto visita al Cimitero Tedesco situato a Motta Sant’Anastasia (Catania), in cui riposano i soldati tedeschi caduti durante gli attacchi alleati alla Sicilia Orientale nel periodo che va dal 1943 al 1945. In ogni occasione, è per noi un dovere oltre che un privilegio rendere omaggio a chi ha donato la propria vita facendo visita ai luoghi in cui ne sono conservate le spoglie umane, per far sì che la memoria non venga mai perduta.



                                                  

    

                                                          

                                                            

                                                            

                                                           


                                                            

                                                           

                                                        

                                                           

                                                          

                                                          

                                                          

                                                         

                                                        


                                                          La pagina ufficiale della delegazione laziale del Raggruppamento                                                       Combattenti e Reduci della R.S.I.

                                                 http://rsilazio.blogspot.it/ 





Messaggio per la Merkel da parte dei Siriani

La Germania ha annunciato che non espellerà più i Siriani richiedenti asilo politico. Pronta la risposta dei Siriani per la Cancelliera tedesca.


Cara Angela...
Grazie per non espellere i rifugiati siriani, ma avremmo preferito piuttosto che gli aiutassi nel porre fine alla causa che gli rende rifugiati, non facilitandoli a diventare rifugiati.
Ad ogni modo, vorremmo ricordarti che il tuo Paese sta appoggiando i "ribelli moderati", che uccidono i Siriani e che gli costringono a fuggire chiedendo asilo politico nel tuo Paese.
Tecnicamente, quindi, sei parte della loro tragedia, non una soluzione per le loro sofferenze!.

Messaggio ripreso dalla piattaforma "This is Christian Syria".




giovedì 27 agosto 2015

Nuova crisi mondiale, stavolta senza riserve. Ma il sistema vince sempre...


Fonte: www.maurizioblondet.it
Quanti milioni di disoccupati in più ci produrrà questa seconda crisi sei anni dopo l’inizio della prima, mai risanata? Come ha ben detto Libération, qualche giorno fa, dopo il 2008 bisognava come minimo separare le banche di deposito dalle banche d’investimento, regolamentare la finanza. Invece “si spostate le sdraio sul ponte del Titanic”. E chi poteva far cambiare la rotta? Gli stati sono divenuti ostaggi di 28 banche sistemiche – che sono riuscite nel capolavoro di scaricare i loro fallimenti privati e debiti marci in debito pubblico, accollato a noi contribuenti. Che ci siamo sorbiti, e ci stiamo sorbendo, la recessione-deflazione -depressione da loro prodotta, mentre loro (per bocca dei loro banchieri centrali di servizio) ci davano le lezioni, ci frustavano: spendete troppo in welfare! Abbassatevi i salari! Non vedete quanto è cresciuto il vostro debito pubblico? Fate le riforme. Ancor ieri dalle latèbre della BCE di Draghi veniva la voce cavernosa che, per superare questa nuova crisi, bisogna fare le riforme, ossia rendersi più competitivi, perché il capitale deve avere di più, il lavoro di meno.
La stessa zuppa da sei anni. Adesso il Titanic è entrato di nuovo in collisione contro lo stesso iceberg – e stavolta, il materasso delle finanze pubbliche, che hanno fatto funzionare a loro vantaggio nel 2008, è sgonfio e vuoto. Sgonfie e vuote le famiglie,d ove già si mantengono dei figli o dei coniugi disoccupati. Andiamo al nuovo collasso mondiale senza scudi né riserve. E con una classe politica di parassiti disonesti che non hanno alcuna idea di come governare una crisi epocale numero 2: si sono sempre affidati ai tecnocrati, agli ideologici della globalizzazione, a agli eurocrati, banchieri, centrali e speculativi; la casta amministrativa strapagata ha perso ogni residua competenza. Si limiterà, secondo gli ordini ricevuti da Francoforte, Bruxelles e Wall Street, a azzerarci la previdenza, a stringerci i ferri alle caviglie, a depredarci delle ultime sostanze con la torchia fiscale.
Una comica stupidità mondiale accoglie questa nuova (prevedibilissima) depressione, quasi ci sarebbe da ridere. Nel 1929, dattilografe e fattorini americani si indebitarono per giocare nella borsa che saliva e saliva. In una tragicomica, colossale replica della stessa idiozia, 90 milioni di cinesi non hanno giocato soldi loro, ma hanno preso a prestito da banchette usurarie nate come funghi (talvolta banchi dei pegni) per giocare nella loro Borsa. In Occidente, qualcuno s’è persino stupito che “ci coinvolge al crisi della Cina, adesso?”. Eh sì, si chiama globalizzazione, ragazzi: non ci sono compartimenti stagni, tutte le economie sono aperte da tutti i lati a tutti i contraccolpi, dovreste averlo imparato…invece no. Le banche mondiali, e gli ideologhi del capitalismo hanno obbligato a smantellare tutti gli “ostacoli” ossia i muri tagliafuoco – e il fuoco adesso si espande e divampa.

Ma in fondo, i 90 milioni di cinesi non sono stai i soli a credere. Anche qui da noi si è negato che la Cina era in reale stagnazione. Che in Cina il 44 % del Pil è rappresentato da “investimenti” – investimenti soprattutto in case catorcio vuote, visto che tale “investimento” così colossale genera una crescita non più del 7, ma più probabilmente del 5%.

Occhi ansiosi si sono rivolti alla BCE. In attesa di una parola salvifica. Cosa farà Draghi? Farà “qualunque cosa serva”? Draghi tace (è furbo. Lo sappiamo). Ha parlato il vice-presidente della BCE, Vitor Constancio, che ha voluto tranquillizzare con una frase tipo: la Borsa cinese non può far tanto danno, perché è sconnessa dall’economia reale.
Da cui nasce un enigma: è così cretino di natura, o il panico lo fa’ sragionare?
La Borsa cinese è sconnessa dall’economia reale? Magari hanno un’altra sensazione Brasile, Australia, Canada, Thailandia, Sudafrica, Sudamerica, insomma tutta la galassia di economie emergenti il cui benessere crescente dipende (va) dalle materie prime che hanno venduto alle industrie cinesi; e che i banchieri hanno indebitato, offrendo loro crediti illimitati, fino al collo – “tanto crescete”, nessun problema a servire il debito. E adesso devono pagare i mucchi di debiti in valuta estera che hanno contratto senza pensieri in questi anni di boom , senza gli introiti dell’export ai cinesi. Oppure chiedetelo al Giappone, anch’esso dedito all’export, o alla Germania, export-dipendente,s e non soffrono del rallentamento – anzi dell’arresto del Titanic cinese contro l’iceberg. Ma peggio che il collasso economico è – se possibile parlare di peggio – la distruzione che sta seminando fra i BRICS, che sono i suoi alleati politici, quelli dalla cui coesione dipendeva il disegno formare un blocco in grado, per dimensioni, di essere alternativo all’egemonia dell’Impero del Caos. Adesso, Sudafrica India, Russia e Brasile sono in grado di mantenere una coesione politica, quando gli interessi li oppongono così spietatamente?

Il sistema finanziario occidentale? Vediamo. Federal Reserve e BCE, Banca del Giappone, eccetera, lo forniscono dal 2008 ininterrottamente, di triliardi e triliardi di euro e dollari a tasso praticamente zero; con questi triliardi, andavano a indebitare i paesi emergenti che crescevano (perché diventati dipendenti dalla compra cinese delle loro materie prime); adesso, il sistema finanziario occidentale è “dipendente” – nel senso di tossicodipendente – dal credito gratuito o quasi che otteneva. Se la Fed propone vagamente di alzare i tassi un giorno o l’altro, Wall Street crolla, la giostra si paralizza; allora bisogna promettere che no, non si aumenteranno i tassi, e la giostra riprende – sempre più cigolante, è vero. Adesso però se i tassi bisogna abbassarli – il solito trucco per dare fiato alla pompe à phynance, come si fa? Nessuno sa più bene come fare.
Certe menzogne si sgonfiano con la mega-bolla. Per esempio, quella che gli Usa “sono in ripersa”, al contrario dell’Europa.
“I mercati si stanno rendendo conto che non c’è alcuna ripresa economica”, ha detto l’economista Philippe Herlin a Sputnik News..”i paesi emergenti erano la sola speranza che restava (ah sì? Ndr) ed han cominciato a cadere come tessere del domino. Le cifre economiche date dai governi non sono realistiche. Con al mondializzazione, siamo tutti nello stess paniere”.
Già, chi l’avrebbe mai detto? “Se un paese come la Cina rallenta, ci sono ripercussioni”. Ma non senza bruciare il grano d’incenso ald ogma: “Non è certo trincerandosi dietro le frontiere che si risolvono i problemi”.
No, cosa andate a pensare. Certi governi, come quello tedesco negli anni ’30, ebbero successo nazionalizzando le banche fallite, cacciando a calci nel sedere i rpivati; altri proposero di retrocedere allo stato, sottraendolo alle banche private, il potere di creare denaro dal nulla. Il Terzo Reich visse una sua prosperità in “vaso chiuso”, mentre attorno tutto il mondo gelava nella Grande Depressione, con l’emissione degli Effetti MeFo e l’espansione del baratto nel commercio mondiale. Non a caso, tutto ciò è stato archiviato come Male Assoluto.
Ora c’è la libertà di commercio, si spostamento dei lavoratori, di immigrare e di delocalizzare il capitale è sempre più efficiente, ossia paga sempre meno il lavoro – e presto non ne avrà bisogno.
Quini, cari milioni di nuovi disoccupati, di nuovi pensionati senza pensione, di nuovi tartassati – preoccupatevi pure. Ma loro, non si preoccupano.
Anzi stanno vedendo il lato buono della crisi. “Petrolio basso?vantaggio globale”, dice un titolo
del Sole 24 Ore. “La Cina stra affrontando la transizione da un’economia di export a una volta ai cosumi interni…una buona notizia”, ha detto Ennio Doris, il banchiere tutto attorno a voi.
E Goldman Sachs (l’azienda di Draghi) comunica: “Il collasso dei prezzi delle commodities è stato mal interpretato: lo prendono come un segno del rallentamento economico, invece è dovuto all’aumentata disponibilità”. Sic. Non invento niente. Se il petrolio è basso, non è perché nessuno lo vuole più, ma perché è abbondante.
Anche negli anni Trenta, quando la gente moriva di fame e i disoccupati erano il 30% degli americani attivi, si buttava il grano e il latte in mare: non mancavano i soldi per comprarlo, era che se ne produceva troppo. Non si parlava di perdita di potere d’acquisto – si parlava di sovrapproduzione. Basta intendersi sulle parole. Siate certi, disoccupati, che per Goldman >Sachs va’ tutto bene. Il migliore dei mondi possibili. Al massimo, si spostano ancora le sdraio sul ponte del Titanic – in cui siete voi, non lorsignori. Loro hanno l’aereo.

“L’invincibilità ineluttabile del Sistema risiede nel fatto che nessuno scappa alla catastrofe che genera da se stesso”, ha scritto Dedefensa: Il Sistema vince sempre, e mostra la sua superpotenza precisamente nell’autodistruzione.
Maurizio Blondet

mercoledì 26 agosto 2015

martedì 25 agosto 2015

Friedrich Wilhelm Nietzche [ in memoriam ]



“Maturità dell'uomo significa avere ritrovato la serietà che si metteva nel gioco da bambini.” 

Friedrich Wilhelm Nietzche, 25/08/1900 - 25/08/2015

domenica 23 agosto 2015

Gender e Ddl Cirinnà: come distruggere la famiglia naturale

Fonte:: http://it.sputniknews.com

I giornali italiani, con l'arrivo della nuova discussione del ddl Cirinnà a settembre, guarda caso bombardano i lettori con articoli "gay friendly".È di questi giorni anche l'attacco di Elton John sui social network contro il sindaco di Venezia Brugnaro, che ha tolto due libri gender dalle scuole della sua città. Se tra i libri tolti dal sindaco c'è anche quello preferito dal cantante inglese e suo marito da leggere al bambino da loro adottato, ciò non significa però che possa essere utilizzato nelle scuole.Il duro attacco di John arriva poi da un Paese, l'Inghilterra, dove un sondaggio effettuato da Yougov, importante società di statistiche, mostra come il 43% dei giovani britannici no sa se definirsi gay o eterosessuale.Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito Filippo Savarese, portavoce di "Manif pour tous Italia".

— Qual è la vostra posizione sul Ddl Cirinnà e secondo te in Italia si arriverà alla legalizzazione dei matrimoni gay come in Francia?
— Noi siamo categoricamente contrari al disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, perché si tratta di rottamare il matrimonio dicendo che non serve più alla società. Questo disegno di legge parifica la disciplina giuridica che la Costituzione italiana riserva alla famiglia fondata sull'unione tra un uomo e una donna, sulla sua potenzialità procreativa alle coppie di persone dello stesso sesso.Questo significa che lo Stato perde l'interesse nel matrimonio, nel tutelare e promuovere la famiglia che genera vita. Si abolirebbe totalmente così un istituto giuridico, antropologico e laico, che per secoli se non millenni ha fatto il bene  della civiltà e della società. Crediamo che se tutte le associazioni e le parti in Italia contrarie a questo ddl ideologico, si metteranno insieme con determinazione, potremo evitare all'Italia il destino di altri Paesi come la Francia, l'Inghilterra o la Spagna.

— In Italia esprimersi a favore della famiglia tradizionale viene etichettato come omofobo, perché? Che cosa si rischia perdendo la famiglia naturale come punto di riferimento nella società?
— In Italia c'è un clima piuttosto paradossale che in realtà è tipico nei regimi dove non c'è una vera libertà di espressione. Tutti i sondaggi dicono che la maggior parte degli italiani è assolutamente contraria alla rottamazione del matrimonio e  credono che quest'ultimo sia l'unione di un uomo e una donna, così come la quasi totalità degli italiani crede che ogni bambino abbia diritto ad avere un papà e una mamma.Quando si tratta di esprimere pubblicamente queste opinioni sui giornali partono subito gli attacchi di omofobia e intolleranza. Bisogna continuare a rappresentare la maggioranza degli italiani nello spazio pubblico e nei media, così eviteremo che gli italiani abbiano timore ad esprimere le proprie idee. Il discorso non è di perdere il concetto di famiglia, perché la famiglia è un bene pratico, genera figli. Non ci preoccupa che venga persa l'idea di famiglia, bensì la famiglia stessa.

— Perché nei media italiani avviene un bombardamento a favore delle coppie gay e si parla così poco di famiglia tradizionale?
— Oramai è chiaro che ci sono tantissimi interessi economici e commerciali dietro alla distruzione della famiglia che passa attraverso l'abolizione del matrimonio. La famiglia è una cellula naturale che per sua natura non sta alle regole del mercato, in cui tutto deve essere comprato, consumato ed ha un prezzo.Anche qui gli interessi economici sono collegati alla grande stampa, parte integrante di un sistema di potere economico. In Italia abbiamo articoli sempre a senso unico anche perché è in corso il tentativo di approvare il ddl Cirinnà, che poi è il ddl dei matrimoni e le adozioni gay.— Noi come "Manif pour tous Italia" insieme ad altre associazioni guidate dal comitato "Difendiamo i nostri figli" abbiamo partecipato il 20 giugno a Roma alla manifestazione con quasi un milione di persone. E' stato un successo che ha portato sulle prime pagine questo tema. Parlando di educazione di genere si tratta di un argomento non scientificamente supportato. Sono questioni culturali, sociologiche e psicologiche che non hanno una verità scientifica che si può trasmettere ai ragazzi, tanto meno ai bambini.

— A scuola circolano libri sul cosiddetto "gender". Alcuni insegnanti e sindaci reagiscono, è recente lo scandalo sollevato dal sindaco di Venezia. Qual è il vostro punto di vista sul gender?
Le famiglie che vogliono educare i propri figli sulla base del fatto che si possono avere 56, 60 o 200 identità di genere differenti, anche nello stesso individuo, lo facciano pure, ma a rischio e pericolo dell'identità dei loro figli. Questi argomenti che non sono scientifici non devono entrare nelle scuole.Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è un eroe per aver tolto dagli asili e le scuole di infanzia, con bambini dai 3 i 6 anni, questi libri che vogliono far credere che si possano avere due papà o due mamme naturalmente. Non è così! Va detto che questo è possibile solo attraverso un sistema di commercio. Noi continueremo a contrastare il gender nelle scuole, stiamo organizzando circoli, comitati, stiamo diffondendo vademecum per i genitori. C'è una risposta straordinaria, chiunque in Italia vorrà introdurre questi libri a scuola, avrà nel prossimo anno grandi problemi.

— Più in generale il tema della sessualità andrebbe affrontato anche a scuola secondo te o spetta solo alla famiglia?
— La famiglia, come riconosce la Convenzione europea dei diritti umani, ha il diritto di priorità sull'educazione dei figli per quanto riguarda la sfera più personale ed intima. Il problema in realtà è l'approccio classista, noi non possiamo pensare di insegnare educazione sessuale ad una classe intera. Solo i genitori conoscono la vita emotiva e intima dei figli.

— Secondo un sondaggio effettuato in Inghilterra quasi la metà (43%) dei giovani non si definisce né gay né eterosessuale. Come spiegheresti questa confusione?
— Ho letto che hanno proposto ai cittadini che hanno preso parte al sondaggio, di scegliere la propria sessualità sulla base della scala di Kinsey, uno sessuologo americano, pioniere degli studi sulla nuova sessualità legata al genere. Bisogna prendere atto del fatto che metà dei giovani si definisce di sessualità fluida. Queste definizioni fluide nascondono un enorme danno alla sessualità della persona. Questo sondaggio deve interrogare la società inglese ma anche le altre su come poter aiutare i giovani a trovare un'armonia con la propria sessualità che evidentemente stanno perdendo.I giovani subiscono il fenomeno di distruzione della famiglia, in corso questi ultimi decenni, e questo è ricaduto sulla loro sessualità. Probabilmente quei giovani avranno gravi problemi a formare una famiglia solida. Il futuro della società inglese è confuso come il risultato del sondaggio.

venerdì 21 agosto 2015

Solo uno Stato fondato sui Doveri può garantire i Diritti di tutti



Voglio però aggiungervi un paio di consigli, che ritengo possano essere utili per la vostra continuazione della lotta.
Il primo è di adottare un ordinamento (e una formazione) fondato sui doveri e non sui diritti.
Sul piano meramente logico, sembrerebbe la stessa cosa. Se Tizio ha un diritto, ci dev'essere un Caio che ha il corrispondente dovere verso di lui. Se quindi io dico: «Tizio ha diritto di avere X da Caio», è sinonimo del dire «Caio ha il dovere di dare X a Tizio». Che differenza c'è?
C'è, la differenza. E sta nel fatto che, mentre il proprio dovere si può FARE, il proprio diritto si può soltanto RECLAMARE. Ne consegue che, se tutti fanno il loro dovere, e tale è la maggior cura dello Stato, automaticamente anche tutti i diritti vengono soddisfatti, mentre, se si proclamano diritti a piene mani, e tutti li reclamano, si fanno solo cortei con cartelli e una gran confusione e intralcio al traffico (protetto da stuoli di vigili urbani), ma il popolo resta a bocca asciutta, eccettuati i sindacalisti.

Rutilio Sermonti, Testamento spirituale 

Onore al comandante Bianchi!|Raggruppamento R.S.I. Continuità Ideale



È morto il comandante Emilio Bianchi all’età di 103 anni.
Incursore subacqueo della Regia marina italiana, il 18 dicembre del 1941, partecipò all’azione di guerra contro le navi britanniche per la quale si offrì volontario per far parte dell’equipaggio della missione, consapevole della difficoltà per un eventuale ritorno.
Mentre lo Scirè, sommergibile avvicinatore dell’equipaggio al porto di Alessandria, simulava una normale uscita di esercitazione dal porto di La Spezia, all’uscita del porto ligure venivano consegnati gli SLC 221-222-223, i “maiali” da impiegare per l’attacco, insieme ai materiali occorrenti per l’operazione.
Intanto, arrivavano in volo a Lero per poi imbarcarsi sullo Scirè, gli arditi della Decima Flottiglia Mas, pronti ad applicare di persona l’esplosivo sotto alle carene delle navi britanniche per ridurre il potere marittimo degli inglesi nel Mediterraneo.
“Questi ragazzi sono davvero straordinari: si avviano a compiere un’azione che richiederà lo sfruttamento di ogni loro energia fisica e morale e metterà la loro vita in pericolo ad ogni istante, per ore ed ore; un’azione nella quale, nella migliore delle ipotesi, usciranno prigionieri di guerra, ed hanno il contegno di una squadra di sportivi che si rechi a giocare la consueta partita domenicale.” , scriverà di loro il Comandante Valerio Borghese.
Il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne con il capo palombaro Emilio Bianchi; il capitano del genio navale Antonio Marceglia con il sottocapo palombaro Spartaco Schergat; il capitano delle armi navali Vincenzo Martellotta con il capo palombaro Mario Marino, ricevuto il calcio portafortuna di congedo, uscivano dallo Scirè nel buio della notte. Gli equipaggi, entrati nel porto di Alessandria, portavano a termine la loro missione, affondando la corazzata Valiant, la corazzata Queen Elizabeth e la petroliera Sagona da 7750 tonnellate, e danneggiando il cacciatorpediniere Jervis.
Al prezzo di sei prigionieri, missione compiuta con spirito d’avventura, coraggio, senso del dovere, ingegno, preparazione e rigore!
Comandante Emilio Bianchi, Presente!

L'usura il vero male: la lezione economica del poeta Ezra Pound


Ezra Pound era un poeta: e i poeti, qualche volta (non sempre) vedono più lontano degli specialisti e dei “tecnici”, siano essi specialisti e “tecnici” della politica, dell’economia, della finanza, e perfino della scienza. Quel che Pound aveva visto con folgorante chiarezza, pur nella modestia della sua cultura economica e finanziaria, era una cosa fondamentale, che, strano a dirsi, continua a sfuggire a molti economisti e a molti esperti del mondo finanziario; a meno che non sfugga loro intenzionalmente: ma allora ci troveremmo in presenza non di specialisti e di “tecnici” che, per un eccesso di specialismo, tecnicismo e riduzionismo, hanno perso di vista l’insieme, ma, molto più semplicemente e banalmente, di corrotti e traditori, che hanno venduto l’interesse generale in cambio di vantaggi personali. In breve, Pound si era reso conto che l’intera storia del mondo moderno è la storia di una lotta continua, incessante, senza quartiere, fra l’usura e il lavoro; guerra combattuta talvolta con le armi, più spesso con i tassi d’interesse sui prestiti che le banche concedono ai privati e perfino agli Stati sovrani, i quali ultimi, in cambio, cedono gradualmente quote della loro sovranità, indebitandosi sempre di più e accumulando un peso debitorio che, alla fine, li mette completamente alla mercé dei creditori.
Oggi la cosa è divenuta talmente palese, che anche l’uomo della strada ha finito per rendersene conto, o, quanto meno, per averne una certa qual consapevolezza, e sia pure incompleta e superficiale, sia pure priva di adeguati riscontri e conoscenze puntuali; negli anni Trenta del XX secolo ciò poteva anche non essere altrettanto evidente, specialmente per un poeta. Quel che aprì gli occhi a Pound non fu la crisi del 1929 in se stessa, ma la “scoperta” degli antichi statuti del Monte dei Paschi di Siena: di una banca, cioè, sorta proprio allo scopo di concedere prestiti a interesse moderato, e mirante non all’arricchimento sfrenato mediante il nodo scorsoio dell’usura nei confronti del debitore, ma avente lo scopo preciso di sostenere il piccolo commercio e la piccola impresa, di sostenere i singoli e le famiglie in difficoltà, in modo da promuovere, o contribuire a promuovere, il benessere e l’attività produttiva dell’intero corpo sociale.
Nella loro saggezza, i fondatori del Monte dei Paschi di Siena, nel tardo XV secolo, avevano visto e compreso che nessun privato e nessun gruppo sociale possono progredire e avvantaggiarsi, quando l’intera popolazione soffre nelle strette dell’indigenza; che la povertà sempre crescente dei molti non può finanziare, all’infinito, l’accumulo di ricchezza di pochi, o di pochissimi, pena il corto circuito dell’intera struttura sociale e l’insorgere di violenze, carestie, rivolte, guerre, le quali, comunque, ben difficilmente varranno a ripristinare l’armonia del corpo sociale, fin tanto che non si deciderà di agire sui meccanismi perversi della finanza – oggi diremmo: dell’economia virtuale e speculativa –  tendenti a distorcere il sano ed equilibrato rapporto fra lavoro, risparmio individuale e benessere collettivo. Il vero conflitto, dunque, non è – come vorrebbe il marxismo – fra capitale e lavoro, perché il capitale e il lavoro sono i due termini di una sana e necessaria dialettica economico-sociale; il vero conflitto, conflitto malefico e puramente distruttivo, è quello fra lavoro ed usura, intesa, quest’ultima, nel senso più ampio del termine: ossia tutto ciò che vive, parassitariamente, a spese del lavoro, e non incrementa la produzione, anzi, la frena e la scoraggia, né favorisce il risparmio, bensì lo distrugge, perché sottrae capitali a chi produce e li fa crescere a vantaggio di chi non produce, non lavora, non risparmia (nel senso intelligente del termine), ma vuole accumulare una ricchezza sterile e mostruosa, tendenzialmente illimitata, la quale, come una piovra maligna, assorbe e divora, una dopo l’altra, tutte le parti sane della società, fino a togliere ogni speranza, non solo di lavoro, ma di un futuro qualsiasi, alle giovani generazioni.
San Bernardino da Siena, che tanto si era impegnato sul fronte della questione sociale, e tanto si era adoperato per il prestito a basso tasso d’interesse, scagliandosi contro usurai ed Ebrei, muore nel 1444; il Monte dei Paschi di Siena viene fondato nel 1472, con la precisa finalità di soccorrere il lavoro e di favorire il piccolo risparmio, vale a dire come un vero e proprio monte di pietà, con la missione di soccorrere le classi e le persone disagiate. Le due date non sono lontane, le finalità sono pressoché identiche, come pure il luogo: tutte queste sono delle mere coincidenze? Ed è forse una coincidenza il fatto che si sia messo il silenziatore sull’aspetto sociale ed economico  dell’apostolato di San Bernardino, così come si è scagliato l’anatema, o si è fatto cadere il velo dell’oblio, sulla dimensione sociale ed economica degli scritti di Pound e dei discorsi da lui pronunciati alla radio italiana durante la Seconda guerra mondiale, nei quali denunciava l’affarismo delle grandi banche e la volontà del governo americano di scendere in guerra, apparentemente per la difesa della libertà e della democrazia, ma in effetti per ripristinare il sistema mondiale della speculazione finanziaria e dell’usura, messo in crisi dal sorgere del modello alternativo rappresentato dal fascismo?
Ha scritto Walter Mariotti nel suo articolo «Pound e l’MPS, banca contro l’usura» (sul mensile «Communitas», Milano, febbraio 2007, pp. 27-35):
«Un mondo nuovo. Dove il denaro è fondato sull’abbondanza della natura per tutti e non sulle speculazioni finanziarie di pochi.  Dove il tasso di interesse è controllato e umano,  dove l’orario di lavoro è ridotto per assistere le famiglie e gli anziani, dove la base dell’economia non è l’usura ma la natura.  Non sono le teorie di un economista visionario ma di un poeta, l’americano Ezra Pound, che davanti agli Statuti del Monte dei Paschi di Siena, scoperti grazie all’ospitalità del conte Guido Chigi Saracini, capì tutto. Capì che la sua Musa non poteva più fare a meno di occuparsi dell’economia. Capì che le Magistrature repubblicane,  che nel 1472 (Cristoforo Colombo non aveva ancora scoperto le Americhe)  avevano fondato la prima banca del mondo, erano nel giusto. Una folgorazione. Quello era il modello per il mondo che si doveva costruire, a costo di seguire l’assurdo Benito Mussolini e la sua crociata contro la demoplutocrazia anglosassone, che ispirata dalla Banca d’Inghilterra stava distruggendo l’Europa e l’America in nome dell’usura. Per Pound, quegli statuti senesi erano una possibile risposta al nodo da sciogliere: quello fra interessi finanziari ed etica dello Stato. Il suo avvertimento era rivolto agli uomini del nostro tempo: le lotte, le grandi lotte che viviamo in maniera sempre più drammatica (dall’epilogo della Seconda guerra mondiale, in poi) sono, in realtà, la proiezione  della lotta mortale fra l’usura, apolide e piratesca, e gli interessi di uno Stato ideale, che, rifiutandosi di asservirsi  alle logiche finanziarie finalizzate al puro profitto, indebitandosi, dovrebbe difendere le ragioni vitali dei popoli […]. Da allora, l’elaborazione di un sistema politico ed economico efficace contro l’usura, diventerà il cuore delle riflessone di Pound, che nei suoi interventi intensifica la polemica contro le manovre politiche internazionali e l’anno seguente (1933), nell’”Abc dell’economia”, scrive: “La guerra è parte dell’antica lotta tra l’usuraio e il resto dell’umanità: tra l’usuraio e il contadino, tra l’usuraio e il produttore e, infine, tra l’usuraio e il mercante, tra l’usucrocrazia e il sistema mercantilista”. E sarà ancora l’usura la molla che lo spingerà all’ammirazione definitiva del fascismo e di Mussolini, incontrato proprio sul finire del 1933: “L’usura è il cancro del mondo che solo il bisturi del fascismo può asportare dalla vita delle nazioni”, disse. Dichiarando la necessità di disciplinare le forze dell’economia  e adeguarle alla necessità della nazione. […]
[A Radio Roma, tra il 1941 e il 1943] attacca la guerra, l’interventismo di Roosevelt, la filosofia degli Alleati. L’alleanza tra il governo statunitense, la finanza inglese e il bolscevismo sovietico è contraria alla vera tradizione americana: “Non c’è nessun motivo per l’intervento degli Stati Uniti, perché il luogo dove difendere l’identità americana è il continente americano”. Ancora una volta è l’usura la causa della guerra e saranno “l’usura, l’oro, il debito, il monopolio, l’interesse di classe e l’indifferenza verso l’umanità a vincere davvero il conflitto”. Qualcuno legge in quei discorsi “rare perle di saggezza”, ma per le autorità americane sono “un miscuglio confuso di apologetica fascista, teorie economiche, antisemitismo e giudizi letterari”, che alla fine di luglio spingeranno per una sentenza di tradimento contro lo “pseudo americano Pound”. […]
[In due lettere private scritte al conte Chigi, nel gennaio e nel febbraio 1944] ha ancora la forza di criticare la stampa traditrice, l’usurocrazia che muove il mondo e gli scempi degli Alleati, che bombardando l’Italia e distruggendo i suoi monumenti hanno distrutto  i simboli dell’umanità occidentale. Chiarisce, infine, in tre lucide righe, il suo rapporto con il fascismo: “Io volevo una riforma moderata. Dico Riforma, perché in essenza il ripristino della sanità già dimostrata dai fondatori del Monte dei Paschi in un mondo impazzito dai seguaci dei guastatori, stile San Giorgio”. E conclude ancora una volta con l’idea elaborata proprio a Siena dodici anni prima: Questa guerra non s’iniziò nel 1939 ma nel 1694 a Londra (data di fondazione della Banca d’Inghilterra, ndr) facendo parte della guerra tra usurai, ovvero usuroni, e chiunque produce, chiunque fa crescere il grano”. […]
A trentacinque anni dalla morte di Ezra Pound (1972) il problema su cui ha passato l’intera vita rimane ancora sul tappeto: la perdita di sovranità dello Stato di qualsiasi nazione indebitata a favore di quella illimitata del potere finanziario creditore, che all’epoca in cui Pound scriveva poteva sembrare un’oscura e catastrofica previsione è, oggi, una realtà incontestabile. Quasi tutti i Paesi del mondo, senza esclusione, sono o si avviano a diventare debitori di potenze finanziarie globali, super e trans nazionali (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, in primo luogo).  Così come, a livello individuale, viviamo nell’epoca del credito al consumo dei bilanci familiari in default (fenomeno che Pound nemmeno immaginava). Forse bisognerebbe ripartire dagli statuti delle magistrature repubblicane senesi del 1472, e provare a uscire dal malinteso poundiano: ciò che è del popolo resti al popolo e alle sue forme di auto-organizzazione, lo Stato ideale non c’è e lo Stato, se c’è,  favorisca l’auto-organizzazione del popolo.» Al di là dei giudizi specifici su Mussolini e della personale conclusione dell’Autore del brano sopra riportato, secondo la quale lo Stato non può o non sa opporsi allo strapotere delle grandi banche e, pertanto, dovrebbe limitarsi a favorire una non meglio precisata auto-organizzazione popolare, ci sembra che in questa sintesi della posizione di Pound sulle questioni economico-finanziarie ci sia praticamente tutto; e va dato atto che, di questi tempi, è raro trovare un giornalista o uno studioso che sappia dire pane al pane e vino al vino, con altrettanta franchezza.
Ecco perché il pensiero di Ezra Pound sulle questioni del lavoro, della produzione, del risparmio e dell’usura, anche se non è il pensiero di uno specialista e di un “tecnico”, ma di un dilettante, e, per giunta, di un dilettante che è soprattutto un poeta, che vede le cose – economia compresa – con l’occhio del poeta e nella prospettiva del poeta, non ha perso nulla della sua attualità; anzi, le vicende degli ultimi decenni sono state tali da evidenziare quanto egli sia stato lucido, e addirittura profetico, nel denunciar e il male dell’usura e nel richiamare i popoli dell’Europa alla loro vera tradizione, alla loro vera identità. Tradizione e identità che sono entrate definitivamente in crisi in quell’anno e in quel luogo, il 1694 a Londra, allorché venne fondata la prima grande banca di Stato, la Banca d’Inghilterra: la prima di quelle centrali del potere finanziario, che emettono moneta e prelevano il frutto del lavoro, in cambio di denaro virtuale, falso, immaginario, creando il meccanismo del debito e strangolando, poco alla volta, l’economia reale, fatta di persone, di famiglie, di imprese, di commerci, i quali, a un certo punto, soccombono per asfissia, affinché, nel deserto universale creato dall’usura, rimanga, trionfante e necrofila, una sola vincitrice: la borsa. Resta solo da aggiungere che, dai tempi di Pound, i meccanismi dell’usura mondiale si sono enormemente perfezionati e ulteriormente ramificati, per esempio con la creazione delle agenzie di “rating”, vere e proprie centrali di potere finanziario “terroristico”, dai cui verdetti dipende la sorte di immense somme di denaro, spostate a vantaggio o a svantaggio non solo di singole imprese e società, ma di intere nazioni sovrane (o che s’illudono di essere ancora sovrane); e che il suo appello, pertanto, non ha perso nulla della sua drammatica urgenza, al contrario, è divenuto questione di vita o di morte…
Fonte: www.ildiscrimine.com

giovedì 20 agosto 2015

MISSIONE IN LIBANO per il Popolo Palestinese

Consegna in loco dei medicinali raccolti, missione di solidarietà, raccolta di testimonianze e contatti, da parte dei volontari del COORDINAMENTO DI SOCCORSO PER IL POPOLO PALESTINESE e POPOLI ONLUS *

- Autunno 2015 -
Altre info a breve


mercoledì 19 agosto 2015

Anniversario della battaglia delle Termopili


Oggi l'anniversario della battaglia delle Termopili, svoltasi nell'agosto del 480 a.C. 

Un' eroica resistenza, frutto del ferreo addestramento di una società che forgiava guerrieri e disprezzava i parolai...

Onore a Sparta!



"Non cedere agli impulsi emotivi, alla "katalépsis", l'invasamento, che intorbida l'azione; Strenuo controllo nel patire e limpida purezza nell'agire: a questo fine tende la disciplina spartana, a creare un uomo superiore, un "uomo differenziato", costantemente "compos sui", capace di vivere e morire aderendo in tutto ad una norma superiore"



Il fuoco di Sparta, documenti per il Fronte della Tradizione, Ass. Culturale Raido

E' passato a miglior vita Emilio Bianchi, ultimo superstite dell'impresa di Alessandria


Bianchi, capo palombaro, insieme al tenente di vascello Luigi Durand De La Penne, faceva parte dell'equipaggio che aveva avuto come bersaglio la Valiant, difesa anche da un complesso apparato di reti metalliche che gli incursori dovettero tagliare o superare sfruttando la scia delle navi inglesi e manovrando i pesanti e lenti maiali a propulsione elettrica, la cui prua era costituita da una carica di 600 kg di esplosivo dotata di un sistema a orologeria e di un potente magnete. Così potente che gli incursori, esausti, nel buio del fondale, dovevano rallentarla a forza di braccia perché non facesse rumore quando si attaccava alle fiancate delle navi dalle quali era fortemente attratta nell'ultima fase dell'applicazione. Ogni suono, nel silenzio della notte, li avrebbe traditi.

Bianchi venne scoperto e catturato quando fu costretto a riemergere nei pressi della corazzata per intossicazione di ossigeno causata dalla lunghezza della missione, oltre cinque ore. Intanto De la Penne riuscì a completare la sistemazione della carica venendo tirato a bordo poco dopo dalla furibonda e incredula sorveglianza inglese.
Lui e De La Penne, interrogati con decisione, non rivelarono dove avevano applicato la cariche esplosive magnetiche e gli inglesi, per costringerli a parlare, li rinchiusero nel ponte più basso della corazzata condannandoli così a morte sicura. Neppure davanti a ciò i due parlarono. Poco prima della detonazione, De La Penne chiamò tuttavia il comandante della corazzata: "Mi creda, è meglio che evacui la nave". Un atteggiamento che permise di salvare numerose vite: si contarono infatti solo 8 inglesi morti. E che permise di guadagnare difinitivamente il rispetto del nemico.

Per puro miracolo la corazzata, sventrata dalla carica, si adagiò sul fondo del porto in modo tale che la zona assai sotto il pelo dell'acqua, dove i due erano richiusi, non si allagò. De La Penne riportò solo una lieve ferita alla testa. La buona sorte che meritano gli eroi.

Dopo Bianchi, volontario in Marina dal 1932 e quindi palombaro incursore nella XMas, e De La Penne, tenente di vascello, anche gli altri quattro palombari incursori vennero via via catturati: trascorsero il resto della guerra in prigionia. Dopo il conflitto l'impresa valse loro anche riconoscimento anche da parte della Marina inglese che pure, per colpa di quella sconfitta tenuta segreta con mille espedienti, fu costretta ad allentare la pressione sui convogli italiani diretti in Nord Africa. Tanti marinai devono la vita ai sei incursori di Alessandria. La provvisoria supremazia navale nel Mediterraneo dovuta all'impresa non venne tuttavia sfruttata dal comando italiano.


IL FUNERALE
Il funerale di Alessio Bianchi, capitano di corvetta, è stato annunciato per domani, lunedì, alle 16 a Torre del Lago Puccini.

Bianchi 11 anni fa, 92enne, aveva anche partecipato al varo, alla Spezia, del nuovo sommergibile Scirè della Marina militare: madrina era stata la figlia Elisabetta. Un'occasione per ricordare ancora l'impresa per cui aveva ricevuto la medaglia d'oro al valor militare, compresa la sua emersione, poco prima, del suo partner nella missione. «Quando venne su gli dissi - aveva raccontato - ce l'hai fatta a tirare le spolette?». Una narrazione proseguita con i particolari della cattura da parte degli inglesi: «La pistola sul tavolo» nell'ufficio dei militari britannici che li interrogarono; gli ordini impartiti dai comandanti «Di non parlare» e poi ancora «come una grande scossa di terremoto» quando la nave si appoggiò sul fondale.
Con fair play tutto britannico, dopo l'armistizio e la liberazione dei prigionieri, a Taranto fu lo stesso ex comandante della Valiant, il commodoro sir Charles Morgan, ad appuntare sul petto dei sei commando la medaglia d'oro al valor militare che fino a quel momento le autorità italiane non avevano potuto consegnare.

IL MINISTRO
«Si è spento oggi l'ultimo degli eroi dell'impresa di Alessandria d'Egitto, dove il coraggio e l'ardimento permisero di ottenere altissimi risultati». Il ministro della Difesa Roberta Pinotti esprime il suo cordoglio alla famiglia e alla Marina militare per la scomparsa del capitano di fregata Emilio Bianchi. «La sua morte rappresenta una grande perdita per la Difesa - sottolinea il ministro - Il comandante Bianchi, medaglia d'Oro al valor militare per l'impresa del 1941, ha lasciato un segno profondo. In tutti noi resterà il ricordo indelebile di un uomo che ha servito le istituzioni e il nostro Paese con totale dedizione e incondizionato attaccamento ai valori della Patria. Se n'è andato oggi una figura eroica della storia della Marina, della Difesa e dell'Italia intera», conclude Pinotti.

IL CAPO DI STATO MAGGIORE
«Grazie al suo eroico comportamento, ha scritto una pagina indelebile della nostra storia». Con queste parole il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa, ricorda la figura di Emilio Bianchi, deceduto ieri a Torre del Lago, in provincia di Lucca, all'età di 103 anni.

Fonte: Il Messagero

martedì 18 agosto 2015

Ferragosto è una festa fascista


Buon ‪#‎Ferragosto‬! Una festa parametro di distinzione tra uno Stato che riconosceva e tutelava il valore della famiglia, organizzando gite per tutti e istituendo sacrosanti giorni di riposo e uno "stato" che ti tassa anche la casa di proprietà, promuove il gender, e legifera l'apertura dei centri commerciali anche la domenica, con ripercussioni sul tessuto sociale e sui piccoli commercianti.

Lo diciamo subito: nel titolo l'abbiamo sparata grossa. Fino a un certo punto, però. Perché è vero, le origini del Ferragosto sono di qualche millennio antecedenti la marcia su Roma. Ma se il 15 agosto facciamo gite fuori porta, mangiamo al sacco e, soprattutto, nessuno lavora, lo dobbiamo al regime fascista, che ha istituzionalizzato la festa estiva per eccellenza così come la conosciamo oggi.
Andiamo con ordine, però. Ferragosto, come termine, è di origine latina e deriva da feriae Augusti (riposo di Augusto) termine che indicava una festività istituita, per l'appunto, dall'imperatore Augusto nel 18 a.C. per celebrare i raccolti e la fine dei principali lavori agricoli. L'idea sottostante era quella di istituire una festa che collegasse le altre feste agostane come i Vinalia rustica o i Consualia. L’anello mancante, insomma, per consentire un lungo periodo di riposo dopo le fatiche del raccolto. Tutte assieme, queste ferie venivano chiamate augustali e se vi stavate chiedendo perché Agosto si chiama così, ora lo sapete.
Durante quel periodo si svolgevano numerose sagre paesane e corse di cavalli. Una di queste, il Palio di Siena, ha luogo ancora oggi, tradizionalmente il 16 agosto. Se si chiama Palio dell’Assunta, tuttavia, è perché nel frattempo Ferragosto è diventata una festività cattolica, per l'appunto, quella dell'ascensione della Madonna al Cielo. Non a caso, fu proprio lo Stato Pontificio a istituzionalizzare nel calendario tale festività, dopo la caduta dell’Impero. 
Tuttavia - eccoci al punto - il Ferragosto non era veramente il Ferragosto che festeggiamo oggi, prima del Fascismo. Per dire, lo sapevate che il piatto tradizioale del Ferragosto, prima del 1925, era il piccione arrosto? Comunque, una volta salito al potere,  il regime decise di organizzare, attraverso le associazioni dopolavoristiche delle varie corporazioni, centinaia di gite popolari.
Di suo ci mise i treni popolari di Ferragosto - quelli che arrivavano sempre in orario - con prezzi fortemente scontati. Questo permise anche alle classi sociali meno abbienti di visitare le città italiane o di raggiungere le località marine o montane. L'offerta era limitata al periodo tra il 13-15 agosto e poteva essere acquistata in due formule: la gita di un sol giorno, nel raggio di circa 50-100 km; e la gita dei tre giorni a 100–200 km di distanza massima.
Durante queste gite la maggior parte delle famiglie italiane ebbe per la prima volta la possibilità di recarsi in villeggiatura al mare, in montagna e nelle città d'arte. Poiché che le gite non prevedevano il vitto, però, nacque anche la collegata tradizione del pranzo al sacco. Per la tradizionale grigliata di Ferragosto, bisognerà attendere il boom degli anni ’50. 

Fonte: Linkiesta