giovedì 31 gennaio 2013

Le Corporazioni come opzione di lotta [recensione]



Il libro proposto di Rutilio Sermonti, edito dalle Edizioni Comunitarie, potrebbe sembrare per alcuni uno scritto obsoleto e uno slogan dall'aria nostalgica di un passato ormai remoto. In realtà esso si presenta come una valida alternativa all'attuale sistema per mettere all'opera, qui e adesso, una nuova strategia corporativa aggiornata ai tempi che viviamo.

 L'Autore, partendo dalla descrizione delle prime storiche corporazioni degli artigiani mette in evidenza come il concetto stesso di "lavoro" abbia subito un radicale cambiamento di significato nel corso del tempo arrivando a coincidere con quella che era considerata una volta la mansione degli schiavi. Infatti, la parola "lavoro" che  deriva dal latino "labor" significa esattamente sofferenza, fatica opprimente. Mentre il lavoro creativo degli artigiani delle corporazioni si chiamava "opera" e, in particolare, era il risultato di un rapporto quasi padre-figlio tra il maestro e l'allievo che ne apprendeva la tecnica ma anche tutto un complesso di valori morali e religiosi che lo accompagnavano durante l'apprendistato. Custode e garante di quei valori, condivisi da tutti i cultori dell'arte artigianale a cui si riferivano, era per l'appunto la corporazione, corpus sociale di coloro che si dedicano ad un determinato mestiere, senza contrapposizioni categoriali e graduata solo gerarchicamente per un'esigenza di corretta e onesta concorrenza tra artigiani dello stesso ramo.
 Alla luce di quanto esposto si comprende subito come oggi per "lavoro" non si intende più un'attività creativa da tramandare e nella cui opera ultimata l'uomo continua a vivere, ma sta a significare, come spirito e come modalità, produzione in serie, anonimato, stress e fatica, proprio quello che pressappoco caratterizzava in antichità il lavoro dello schiavo. Ma ancora più sconcertante è forse la concezione a livello di società che si ha del lavoro, come semplice pretesa di una busta paga, astraendo completamente dalla sua utilità per la comunità. Crescita economica per l'amore della crescita dunque che mette a sua volta in moto la dinamica del flusso di denaro inventato per coprire migliaia di "posti di lavoro improduttivi", ma che si devono comunque pagare.
 Di fronte alle rovine descritte, l'autore mette nero su bianco dei consigli operativi per trasformare le corporazioni, ancora vergini dalla contaminazione capitalista, in una vera e propria opzione di lotta, affinché la nobiltà, il lavoro la ritrovi nella sua utilità sociale e non nella retribuzione.
 Partendo da un gruppo determinato di persone caratterizzato da una ferrea volontà e da spirito di sacrificio, si dovrà progettare e mettere in esecuzione un corso teorico-pratico, che preveda esercitazioni e verifiche. Tale corso deve essere uno per tutta l'Italia con unità d'imposizione essenziale affinché costituisca il patrimonio ideale di ogni militante. Inoltre, si dovrà mettere l'accento sul riacquisto da parte degli allievi della consuetudine al lavoro comune. Tale metodo l'autore lo suggerisce sulla base di un'esperienza diretta e concreta.
 A tutto ciò si aggiunge uno spiccato senso della gerarchia, in cui ad ogni livello ci si ponga i problemi specifici di quel livello, senza  ridursi ai soviet dei soldati della Russia del 1917. Occorre riesumare il glorioso spirito delle corporazioni a partire dalle coscienze dei migliori. Ma gli addetti devono cominciare con l’attivarlo innanzitutto dentro di loro poiché, come Rutilio ci insegna, "non si può infondere in altri quello che non si possiede prima in sé stessi".
 Il libro in questione, descrive in maniera vasta e dettagliata il quadro in cui ci si deve muovere per approdare all'opzione corporativa. Esso tuttavia non ha la pretesa di essere esauriente poiché, ed è lo stesso Autore a scriverlo, "è nella verifica di tutti i giorni che si fanno le migliori scoperte, si modificano e si adeguano i programmi". Il libro pertanto, lontano dall’impantanarsi in formule e costruzioni teoriche,  si presenta come uno strumento di lotta con l’obiettivo di stimolare e spingere ad agire, alla conquista. Vi è quindi un mondo da ricostruire e il dibattito sul come l'opzione corporativa possa divenire vincente è dunque aperto.


Le Corporazioni come opzione di Lotta
Prefazione di Celsio Ascenzi. Introduzione di Gabriele Adinolfi
disponibile presso: In Via Aurelia 571 A a Santa Marinella, sede Centro Studi Aurhelio
EDIZIONI COMUNITARIE, pagine 128, euro 8,00

Nico Di Ferro

A.D.ES. ricorda...


Ai giovani il compito di riprendersi il proprio destino..

"In questa risurrezione assumerà un ruolo grandioso la gioventù. Essa è chiamata dal destino sulla scena della storia. Non ci comprendono i vecchi uomini? Non ci comprendono perché l'appello sacro del destino solo noi lo possiamo udire, solo noi lo intendiamo, poiché solo a noi esso è rivolto. 
C.Z.Codreanu - Il Capo di Cuib

mercoledì 30 gennaio 2013

martedì 29 gennaio 2013

divieto di fare propaganda omosessuale ai minori, ed é kiss-buffonata in russia

Limitare il condizionamento sessuale almeno fino alla maggiore età di un ragazzo, già di per se tempestato e sommerso dall'immondizia con cui il mondo moderno ormai bombarda giovani, giovanissimi e bambini..disegno di legge approvato, ed è bufera. Accade infatti in Russia, e succede che l'occidente si scatena in una vibrante protesta, nonostante non sia una legge anti-gay e nessuno venga toccato personalmente, o messo in carcere. Bastano delle sanzioni su chi condiziona un adolescente, per scatenare l'ennesima buffonata di protesta. E si parla addirittura di un ritorno all'Unione Sovietica...


La Russia torna a far parlare di sé con un’altra legge choc. Dopo le controversie con gli Stati Uniti riguardo al Magnitsky Act, ora arriva la cosiddetta “legge anti-gay”. La Duma ha già dato il primo via libera, con 388 sì, un voto contrario e uno astenuto.
Ora si attendono le date delle prossime due consultazioni per approvare definitivamente il disegno di legge. Elena Minzulina, deputata del partito di opposizione “Russia Giusta”, ha dichiarato che la “propaganda omosessuale viola il diritto dei minori” a scegliere autonomamente il proprio orientamento sessuale. Dello stesso avviso è anche Dimitri Sablin, parlamentare del partito di Putin, che ci tiene a precisare che “viviamo in Russia, non a Sodoma e Gomorra”. La comunità gay si infuria. Per protesta i difensori dei diritti degli omosessuali si sono riuniti fuori dal Parlamento per dare vita ad un “kiss-in”. Praticamente un sit-in, dove gay e lesbiche si scambiano effusioni. Non passa molto tempo prima che la situazione si complichi. A quanto pare l’iniziativa dei detrattori del ddl hanno attirato un po’ troppa attenzione da parte di alcuni gruppi filogovernativi e cristiano ortodossi. A quanto riferiscono le autorità russe, i manifestanti a sostegno dei gay avrebbero spruzzato gas lacrimogeno e aggredito fisicamente i loro avversari.
Non è la prima volta che accadono episodi del genere in Russia. Non si ricorda un “gay pride” che è riuscito a sfilare senza problemi. E questo si verifica nella maggior parte dei paesi dell’Europa dell’est. In ogni caso, il bilancio della giornata di proteste e contro-proteste è di venti arresti tra i partecipanti del “kiss-in”. La Chiesa ortodossa, anche in questa occasione si è schierata dalla parte del Governo di Mosca.
In realtà, il nuovo ddl non è propriamente una legge “anti-gay”. Nessun omosessuale finirà in carcere per le sue tendenze. La nuova legge punisce il reato di “propaganda dell’omosessualità ai minori”. Quindi, si proibisce anche la propaganda pubblica di difesa dei diritti dei gay. La pena? Niente carcere, ma delle multe che possono variare dai 100 ai 125 euro, per le singole persone.
Se invece a sgarrare sono degli enti giuridici, allora le penali diventano molto più salate e la cifra può arrivare anche a 12.500 euro. L’attacco del mondo occidentale contro Putin è stato immediato. Qualcuno parla di un ritorno all’Unione Sovietica, quando l’omosessualità era del tutto vietata e punita con l’internamento nei gulag.
Ma l’iniziativa non è stata appannaggio esclusivo dei membri della Duma. A quanto pare il ddl proviene dalle gelide lande siberiane. Nel marzo scorso, il Parlamento della regione di Novosibirsk ha adottato una legge molto simile. Altri casi simili sono stati approvati anche in altre parti del paese, tra cui San Pietroburgo, dove la popstar Luisa Ciccone (Madonna) ha ricevuto una denuncia per aver difeso i diritti degli omosessuali ed aver sostenuto la campagna delle “Pussy Riot”, il movimento femminista di opposizione a Putin.

Federico Campoli, Il giornale d'Italia

domenica 27 gennaio 2013

Quel razzismo che si nasconde nel tuo cervello (ma tanto prima o poi lo troveranno!)

Da: Azionetradizionale


L’arresto preventivo basato sulla presunzione di predisposizione al reato di razzismo potrebbe non essere più un argomento solo da film di fantascienza.
Alcuni studiosi internazionali hanno in effetti testato un dispositivo che consente la scansione del cervello e dell’attività cerebrale alla visione di individui di razza africana, arrivando al risultato che, udite udite, “il razzismo lascia traccia nel cervello”.
Quindi ora le polizie di mezzo mondo avranno il suo ben d’affare per arrestare tutte le persone con “tracce di razzismo nel cervello”, e chi se ne frega se la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo vieta la fotografia del cervello! La Convenzione si piegherà al politically correct. Vedremo le galere piene di finti benpensanti? Quelli del “razzista no… ma gli zingari, proprio non li sopporto!
(Wall Street Italia) - In un futuro non molto lontano, le scansioni cerebrali potrebbero stabilire se un individuo ha una propensione al razzismo oppure no. Parola di alcuni scienziati, che hanno condotto uno studio che ha dato risultati sorprendenti, secondo cui le scansioni sarebbero capaci di individuare le differenze nel modo in cui gli esseri umani presentano determinate attitudini razziali verso la gente di colore o verso i bianchi.
Gli psicologi Tobias Brosch dell’Università di Ginevra, in Svizzera e Eyal Bar-David e Elizabeth Phelps, dell’Università di New York, hanno di fatto sottoposto alcuni volontari a un test, facendo vedere loro foto di persone afroamericane e di carnagione chiara, ed esaminando la loro attività cerebrale.
Dallo studio è emerso che il razzismo lascia un’impronta nel cervello. “La diversa attività cerebrale registrata nell’osservazione di persone bianche o nere è nettamente più marcata nei soggetti razzisti che non nelle persone senza pregiudizi”, ha spiegato Tobias Brosch.
L’applicazione di uno studio del genere potrebbe avere molte ripercussioni anche legali.
Diversi avvocati potrebbero per esempio far ricorso alle scansioni per difendere i propri clienti, probabilmente oggetto di epidosi razzisti. C’è solo un ostacolo, non da poco. Il “Brain Imaging”, ovvero la fotografia del cervello, va contro la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

sabato 26 gennaio 2013

Imperium - Belfast



Entriamo in clima musica alternativa, assaggio per il concerto di stasera a Colleverde. E visto che la ricorrenza del Bloody Sunday si avvicina..

venerdì 25 gennaio 2013

In attesa del concerto di domani..arraffa le magliette!

Herrenklub propone la maglietta LVS con una nuova versione retro..


Sacrifici, sudori, stenti italiani..e le banche arraffano


Chiudono scuole e ospedali, danno soldi alle banche. Fino a quando vuoi reggergli il gioco? Passa all'azione - AZIONE DIRETTA | AZIONEPUNTOZERO!


BANKSTER/ Morgan Stanley, Goldman Sachs, Rothschild: affari d’oro in Italia. A danno dello Stato


Che quello di Monti sia stato il governo delle banche è, ormai, un dato assodato. Impossibile affermare il contrario, impossibile cercare di far passare la cosa semplicemente come complottismo sfrenato. Infiltrato.it, d’altronde, ha ricostruito le varie norme inserite in questo o quel decreto che sono andate a beneficio degli istituti bancari.
Basta ricordare, ad esempio, un dato. Secondo l’ultimo rapporto di Bankitalia, infatti, sarebbero ben 5 i miliardi che lo Stato avanza dalle banche. Peccato, però, che  se Agenzia delle Entrate e Governo sono – a giusta ragione – rigidi nei confronti dei furbetti di quartiere (basti pensare al redditometro, su cui, peraltro, ci sarebbe molto da dire), non lo sono – per nulla – nei confronti dei furboni d’alto borgo.Nessuna informativa, nessun pressing sulle richieste di pagamento, avanzate già dal 2009 ma nei fatti mai prese in considerazione dalle stesse banche. Niente di niente. Ma il rapporto, ovviamente, è biunivoco. Se lo Stato non chiede soldi, le banche italiane sono decisamente generose nel concedere soldi alle pa. Secondo l’ultimo rapporto di Unimpresa, l’associazione che rappresenta piccole, medie e grandi imprese, se infatti per cittadini e imprese non c’è possibilità di avere prestiti dalle banche, il credito nei confronti dello Stato è salito di ben 10,5 miliardi di euro: da settembre 2011 ad agosto 2012 si è passati da 173,7 a 184,2 miliardi. Un aumento, dunque, assolutamente in controtendenza rispetto a quanto, invece, sono costretti a pagare cittadini, famiglie e imprese.
E poi le norme concepite ad uso e consumo degli istituti: dalla moltiplicazione delle commissionialla riduzione dei prelievi di contante fino alla norma che garantisce una salvezza sempre e comunque per le banche: la garanzia dello Stato sui debiti. Si legge infatti nel decreto Salva-Italia che il ministero dell’Economia “fino al 30 giugno 2012 è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a partire dal 1 gennaio 2012 a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite”. Un modo per non far fallire le banche, insomma. In altre parole, se le banche non saranno in grado di rimborsare bond alla scadenza o di onorare debiti, sarà lo Stato a farsene carico. Con quali soldi? Quelli dei contribuenti, of course. Per il momento sono stati stanziati 200 milioni di euro all’anno per cinque anni. Totale:un miliardo di euro. Certamente non sono bruscolini.
Quello che però fino ad ora non si sapeva è che da quando a Palazzo Chigi siede Mario Monti a fare affari non sono più solo le banche nostrane, ma anche i colossi della finanza mondiale. Il primo segnale di avvertimento c’era stato il tre gennaio 2012, giorno ideale visto il periodo festivo per fare manovre all’insaputa dei più. E infatti, nel silenzio più assordante dei media, l’Italia ha estinto una posizione in derivati che aveva con una delle più potenti banche americane, la Morgan Stanley. Ben due miliardi e 567 milioni di euro sono passati dalle casse del Tesoro a quelle della banca statunitense. Il primo ad accorgersene è stato Orazio Carabini su L’Espresso, il quale ha notato una particolarità certamente non di poco conto: nessun documento italiano segnalava il passaggio. Sono stati invece i vertici della Morgan, “nelle periodiche comunicazioni alla Sec”, commenta Orazio Carabini, a segnalare “che l’esposizione verso l’Italia a cavallo di fine anno è scesa, al lordo delle coperture, da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari. Con una differenza di 3,381 miliardi”. Appunto 2,567 miliardi di euro. Ora, è chiaro che la banca aveva un credito nei confronti dello Stato e, dunque, probabilmente si erano raggiunti i termini di contratto per cui era necessario onorare il debito. Tuttavia la mancanza di trasparenza legittima dubbi, perplessità, domande aperte. Commenta non a caso Carabini: “Né Morgan Stanley né il Tesoro hanno voluto spiegare a L’Espresso il senso dell'operazione”. Tutto tace insomma dal ministero.
bankster_in_italia_affari_doroMa è finita qui? Certo che no. Gli affari delle grandi banche internazionali in Italia, come detto, sono forti e certamente sono tenute in conto da quando Monti ha ricevuto la sua investitura. Le ritroviamo, infatti, anche come advisor pagati direttamente dallo Stato.
Pochi mesi fa Vittorio Grilli e Corrado Passera avevano pensato a un piccolo escamotageper abbassare il debito pubblico, di cui, peraltro, Infiltrato.it parlava già ieri: trasferire alla Cassa Depositi e Prestiti (società pubblica che raccoglie il denaro depositato agli sportelli delle Poste dai 25 milioni di risparmiatori che comprano buoni postali o obbligazioni pubbliche) le società e le partecipazioni azionarie possedute dal ministero del Tesoro (Fintecna, Sace e altre società). In questo modo, si era ipotizzato, si sarebbe potuto raccogliere almeno 50 miliardiche avrebbero allentato certamente le pressioni del debito pubblico.
L’esacamotage, però, sa di trucco poco pulito. Questo passaggio, sebbene come detto abbia fruttato e non poco, assomiglia al “gioco delle tre carte”, come saggiamente afferma Gianni Dragoni in Banchieri e CompariLo Stato, infatti, non ha fatto altro che spostare le partecipazioni da una mano all’altra, dato che il padrone (appunto lo Stato) resta lo stesso: prima al ministero, ora alla Casa Depositi e Prestiti. Monti, in sostanza, ha venduto a se stesso. Il dubbio che, secondo alcuni, si debba parlare di finanza creativanon è assolutamente campato in aria.
Ed è proprio qui che subentrano le grandi banche mondiali. Per fare questi meri “cambi di casacca”, sia la Cdp sia il Tesoro hanno assunto, come detto, advisor: lo Stato quindi ha pagato consulenti esterni per farsi dire quanto valessero determinate società che poi, semplicemente, passavano da una mano all’altra. Ha pagato, in altre parole, per acquisizioni-fantasma. Cui prodest? La domanda resta, ovviamente, senza risposta. Anche se qualche indizio ci potrebbe venire offerto se andiamo a vedere chi sia stato incaricato dallo Stato – nella sua duplice veste di ministero dello Stato e Cassa Depositi e Prestiti – di fare da advisor e, dunque, di valutare le società da acquisire.
Le banche chiamate a svolgere questo ruolo sono state appunto “quelle che contano”: i consulenti per la Cdp sono state, ancora una volta, la Morgan StanleyUnicredit e l’ingleseRothschild; il ministero dell’Economia ha scelto invece la francese Société Générale per valutare Sace e Simest e l’americana Goldman Sachs (ex datore di lavoro di Mario Monti) per la Fintecna.
Affari d’oro, insomma, per le grandi banche. Spese inutili invece per l’Italia dato che il passaggio di proprietà, come detto, è stato solo apparente. Ma c’è un appendice paradossale. Ai primi di agosto, pochi giorni dopo aver ricevuto l’incarico dal ministero di Vittorio Grilli, la Goldman Sachs rende noto di aver quasi azzerato il suo possesso di titoli di Stato italiani, addirittura del 92%. In altre parole, la banca che fu di Monti e di Draghi non si fida dell’Italia.Eppure continua a lavorare per il ministero. L’incarico, infatti, non è stato revocato. Ci mancherebbe. D’altronde, l’abbiamo detto: è il governo (degli affari) delle banche.
Fonte: l'infiltrato.it

giovedì 24 gennaio 2013

sabato 2, non mancare..Adriano lotta con noi!

Equipaggio da Santa Marinella e Civitavecchia, Sabato 2 Febbraio alle ore 16,30. Un appuntamento importante al quale non si può mancare..


mercoledì 23 gennaio 2013

Santa Marinella - Deiezioni Comunali

Il Pd va al redde rationem, potrebbe determinarsi un cambio di segreteria e quindi un cambio si strategia. La coalizione dei consiglieri si troverebbe con il culo scoperto e per salvare capra e cavoli, lascerebbe al suo destino l'udc e ricompatterebbe il vero centrosinistra. La vittoria non sarebbe scontata ma, qualche problemino in più Bacheco ce l'avrebbe. Bacheca faccia un monumento a un'altra santa marinella e' possibile. Gli ha regalato la maggioranza! APZ

http://www.bignotizie.it/news/santa-marinella/politica/16687-qchi-ha-costruito-lalleanza-e-gestito-le-primarie-deve-dimettersiq-.html#.UP2n7A29hpY.facebook

In distribuzione

Azione Punto Zero, distribuisce a Santa Marinella e Civitavecchia, GLADIO, foglio informativo del Raggruppamento Combattenti e Reduci R.S.I. - Continuità Ideale


martedì 22 gennaio 2013

APZ - ATTIVITA' 2012


In una società in rovina, dove il denaro e l’economia sembrano prevalere su tutto, esistono realtà che ancora tentano di rappresentare e incarnare quei valori eterni e imprescindibili, simbolo di una visione Tradizionale della vita, che punta all’edificarsi, innalzarsi e migliorarsi attraverso l’esperienza comunitaria. Essa è fondata su legami indistruttibili perché rappresentano un vincolo, un’unione in cui fedeltà, rispetto della parola data, rispetto della gerarchia sovrastano i contrasti e le antipatie. La comunità viva e pulsante di Azione Punto Zero, dimostra con i fatti (e non con le ciance) che l’azione impersonale eseguita con un metodo e da uomini disposti a lottare  fianco a fianco, porta a risultati visibili ed evidenti, che sovrastano il vano ciarlare dei politicanti. Senza cedere in elemosine o lusinghe,  tenendosi sempre in piedi da solo, il solido nucleo di militanti si impegna costantemente attraverso riunioni settimanali in cui assieme si discute e ci si confronta, si propongono progetti, si espone ciò che si è fatto, ma anche ciò che non è stato fatto, alla ricerca di un costante miglioramento. Attraverso le  affissioni e volantinaggi  si conferma l’adesione ad un mondo di valori eterno, si fa sentire la voce di chi non ci sta a sottomettersi a questo sistema che uccide i popoli, senza un vano agitarsi fine a se stesso ma con una rivoluzionaria e diretta azione metapolitica. Sempre viva quindi, la diffusione del materiale militante quali libri, giornalini riviste, dvd, cd, disposto a fornire la Verità di contro alla falsa e meschina distorsione dei fatti che il mondo moderno ci propone.
Oltre tutto ciò, ecco un elenco con le attività che, mese per mese, ha visto protagonista la comunità:

GENNAIO

DOMENICA 15: A Civitavecchia, presentazione del libro del Professor Mario Merlino: Atmosfere in Nero, alla presenza dell'autore e con la partecipazione della giornalista Roberta Di Casimirro. Come sempre ospiti, i nostri combattenti della RSI, militanti e sostenitori. A seguire pranzo legionario a prezzo solidale.

MARTEDI' 22: riunione formativa, gruppo di studio.

SABATO 10: concerto per Alberto Giaquinto presso l’Alkatraz di Fiumicino, per onorare la memoria attraverso l’azione.

FEBBRAIO

SABATO 4: conferenza, IL CAPO DI CUIB - Elementi di stile legionario, Intervenuto Maurizio Rossi: per approfondire ciò che è stata la Guardia di Ferro e l’esempio del Capitano C.Z.  Codreanu. Punti di riferimento dell’agire comunitario e politico dell’azione di APZ.

VENERDI' 10: In mattinata deposizione a Civitavecchia di un mazzo di fiori presso il monumento a ricordo del martirio dei tanti italiani uccisi dalle milizie comuniste. Dopo Civitavecchia, nel pomeriggio a Santa Marinella deposizione mazzo di fiori presso il Parco dei Martiri delle Foibe e successivamente  effettuato un presidio di circa due ore con striscione e fiaccole sulla Via Aurelia.

MARZO

SABATO 3 E DOMENICA 4: Conferenza e visita alla Fondazione RSI – Istituto Storico, Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo

DOMENICA 11: Santa Marinella, incontro con la Comunità di Raido: La Tradizione, il metodo tradizionale, la funzione della comunità militante. La strategia per il Fronte della Tradizione.

APRILE

DOMENICA 7: riunione formativa sul Natale di Roma, letture di approfondimento e discussione.
SABATO 14: Organizzata dalla Comunità Militante di Raido, visita al museo della civiltà romana, valorizzata dalla presenza del professor Mario Polia, che facendo da guida ha dato un valore straordinario, una lucida e precisa visione Tradizionale, della civiltà di Roma.

GIOVEDI' 18: affissione in occasione del Natale di Roma, a Civitavecchia e Santa Marinella

SABATO 25: Presso al sede di Azione Punto Zero, proiezione in anteprima nazionale del documentario (di un'ora e 30') "Milano Burning", realizzato da Paolo Bussagli, che ricostruisce l'intera storia di Sergio Ramelli. A 15 anni dall'uscita del libro che risollevò il caso. Prima della proiezione, aperitivo con i presenti.

GIUGNO

SABATO 16: aiuto organizzazione e  partecipazione con fornito stand a Comunitaria 2012, la festa delle comunità militanti che ogni anno viene organizzata da Raido, Fons Perennis, Foro753 alla quale hanno partecipato circa 500 persone.

LUGLIO

SABATO 14: Mariofest; festa  sulle colline di Allumiere per essere sempre presenti e mantenere saldi i legami con chi ha tenuto duro e lottato senza mai mollare.

GIOVEDI’ 26:  DarioFest; cena comunitaria per salutare il ritorno del camerata Dario dal Libano.

LUNEDI’ 30: Partecipazione animata, al concerto estivo de La Vecchia Sezione presso il Castello di Santa Severa.

SETTEMBRE

SABATO 15: Equipaggio al seguito de La Vecchia Sezione per il concerto a Padova

MARTEDI’ 25: riunione inizio anno militante. Fissati i punti, gli obbiettivi e gli impegni di ognuno per la ripresa delle attività dopo il periodo estivo.

OTTOBRE

MERCOLEDI' 31: Concerto  La Vecchia Sezione al Fascio Etrusco: per far rivivere lo spirito della Tradizione contro l’invasiva sovversione dell’ American Halloween.

NOVEMBRE

SABATO10, DOMENICA 11: Campo autunnale militante con  la Comunità di Raido. Tema: i misteri di Mithra. Approfondimenti e letture.

SABATO 24: Civitavecchia Incontro con i combattenti RSI, per mantenere i legami con i combattenti dell’Onore e non interrompere l’anello generazionale.

DICEMBRE

VENERDI' 7: Equipaggio al seguito de La Vecchia Sezione al Presidio, Milano.

SABATO 15: Concerto LVS con banchetto e vendita magliette al locale Nemecsek, Roma.

SABATO 22: Festa del Solstizio, per festeggiare in comunità il nuovo sole nascente, simbolo di una lotta che si intensifica dopo il riflessivo periodo autunnale.

DOMENICA 23:  Aperitivo, distribuzione materiale informativo e incontro con i sostenitori, militanti e simpatizzanti per auguri natalizi.



AZIONE DIRETTA - AZIONE PUNTO ZERO
Non arrenderti alla marea montante di fango - LA LOTTA CONTINUA
Per info e arruolamento: 
azionepuntozero.blogspot.it – puntozeroblog@gmail.com

lunedì 21 gennaio 2013

La voragine del debito pubblico: quello che non viene detto..

Continuiamo (giustamente) a scagliarci contro i  volti dei politici e dei loro sperperi, ma la ragione dell'immenso e incolmabile debito pubblico è ben altra. Un sistema fittizio e diabolico in cui le banche decidono, davanti ad uno schermo, le sorti di una Nazione, producendo semplice carta colorata venduta al suo valore nominale, uno scarto impietoso. E noi, inermi e illusi, subiamo tassazioni asfissianti credendo di colmare questa voragine..


SIGNORAGGIO BANCARIO
l'origine sconosciuta del debito pubblico

In molti pensano che il debito pubblico sia il saldo negativo tra le entrate e le uscite del bilancio statale causato dai quei governi spendaccioni che negli ultimi decenni ci hanno fatto vivere al di sopra delle nostre possibilità. Non è così. L’incapacità, gli sprechi e le ruberie dei politici contribuiscono solo ad alimentarlo. La causa è ben altra.

All’origine del debito pubblico, che ha generato nei conti dello Stato una voragine in continuo aumento, vi è un meccanismo ben congeniato definito “Signoraggio”. Un termine, non a caso, di origine medioevale.
Partiamo dalla Banca d’Italia che non è la Banca dello Stato Italiano, bensì un consorzio di banche private. Lo Stato è presente attraverso l’INPS e l’INAIL con un minuscolo 5,6%, questo per giustificare la definizione di Ente di Diritto Pubblico.
La Banca d’Italia - ora filiale della Banca Centrale Europea, anch’essa privata - svolge sostanzialmente due compiti. Il primo è quello di organo di controllo sull’operato degli Istituti di credito (in pratica le banche controllano se stesse). Il secondo gli viene attribuito dallo Stato che concede loro il diritto esclusivo di stampare banconote, poi cedute al governo in cambio dei titoli di debito pubblico (BOT, CCT, CTZ, ecc.).
Queste “cambiali” sono a loro volta piazzate dalle banche sui mercati finanziari internazionali a tassi stabiliti dagli stessi mercati. In pratica l’entità del debito pubblico, da cui deriva la politica finanziaria di una Nazione, non la decidono i governi bensì gli onnipotenti mercati. Ossia una dozzina di banche e società finanziarie che attraverso potentissimi software, con un clic del loro mouse fanno crollare intere economie al solo scopo di incrementare a dismisura i loro guadagni e preparare il terreno per il successivo indebitamento degli stati, e rattrista assistere al timore reverenziale espresso nei loro confronti dai nostri politici ed economisti.
Allo Stato rimane la proprietà delle sole monete metalliche coniate dalla Zecca, senza interessi e costi aggiuntivi, che valgono però solo il 2% della massa monetaria circolante.
Il meccanismo in sintesi è questo: la Banca d’Italia, che in questo caso si comporta come una semplice tipografia, stampa una banconota, ad esempio da 500 euro, il cui costo di produzione è di circa 30 centesimi tra filigrana e inchiostro e la cede alla Stato, non al costo di produzione maggiorato del suo guadagno, come logica vorrebbe, bensì al suo valore nominale: 500 euro. E’ come se il tipografo, a cui è stata commissionata la stampa dei biglietti d’ingresso di un cinema, si facesse pagare l’importo scritto sul biglietto.
Non è finita: questo foglietto di carta colorata non viene venduto allo Stato, seppur ad un prezzo assurdo, bensì dato in affitto e, cosa ancora più scandalosa, senza alcun possibilità di riscatto. Lo Stato per tutta la sua esistenza pagherà alle banche private gli interessi su delle banconote che in teoria gli dovrebbero appartenere. Un gran bell’affare, con c’è che dire…
Analizzando i dati ISTAT del periodo 1990/2008 (nell'allegato PDF è riportata la tabella completa) si può notare come il debito pubblico, per effetto dell’anatocismo (interessi sugli interessi), è costituito nella sua totalità da interessi (96,5%).
Se lo Stato si riappropriasse del diritto di stampare moneta l’Italia non avrebbe debiti e le risorse rese disponibili sarebbero impiegate esclusivamente il benessere del popolo italiano.
Gianfredo Ruggiero, presidente del Circolo Culturale Excalibur-Varese

sabato 19 gennaio 2013

..e il 26 gennaio, conferenza su Codreanu!

CORNELIU ZELEA CODREANU - Il Capitano, la Legione, l'Arcangelo...


Per non dimenticare: Jan Palach, 19/01/1969


"Jan Palach non è unicamente un martire ma un simbolo,il simbolo della lotta di una generazione contro la menzogna,la falsità e la crudeltà di un regime che,nel nome di uguaglianza e libertà,ha cancellato l’Uomo e la sua dignità,ha eliminato valori e Tradizione riducendo l’individuo in massa obbediente,plasmata per soddisfare i bisogni e le necessità di pochi. Quei pochi che,lo scrittore anarchico George Orwell,ne “La fattoria degli animali”,rappresenta come i maiali il cui motto è: “Tutti gli animali sono uguali,alcuni animali sono più uguali degli altri”.Il sacrificio di Jan Palach e degli altri sette ragazzi che lo seguiranno palesa ai sovietici e al mondo come lo spirito di libertà e di giustizia sia superiore a qualsiasi violenza e sopraffazione;che la forza dell’animo di un uomo libero non teme i fucili e perfora anche le corazze dei carri. Il libero arbitrio spinge spesso a gesti estremi come questo. Alle generazioni di oggi e domani riflettere su questo concetto: mai,in nessuno modo,una ideologia,un regime,un partito,un capo potrà reprimere le emozioni del singolo e le sue aspettative,ma quest’ultimo dovrà ridursi a massa pensante. L’individuo è uno e unico nel suo genere. Questa caratteristica ci rende veramente uomini e veramente univoci. Dimenticare significherebbe rendere vana l’abnegazione di chi,per tali valori,ha dato la propria Vita."



fonte: La voce.cz

venerdì 18 gennaio 2013

dominio della materia, rovine dello spirito..

« Se un giorno l’umanità tornerà a condizioni dignitose, poche civiltà le sembreranno così singolari quanto l’attuale, in cui si è corsi dietro ad ogni forma di potenza e di dominio della materia, trascurando però il dominio della propria mente, delle proprie emozioni e della vita psichica in genere. In quel momento prezioso, molti nostri contemporanei, i cosiddetti “uomini d’azione” in prima linea, rassomiglieranno a quei crostacei che sono tanto duri e con escrescenze scabrose nel guscio, quanto sono molli e invertebrati all’interno » 

Julius Evola

Terzi e i suoi più che dubbiosi "supporti logistici"

Giulio, il ministro degli esteri per conto, Terzi, in un turbillon di servilismo e cupidigia di subordinazione, senza alcun mandato parlamentare ci immerge in un conflitto con il quale non abbiamo nulla a che fare. Cui prodest?



Anche l’Italia si schiera al fianco della Francia nella difficile partita in Mali. E annuncia di essere pronta a fornire «supporto logistico»: collegamenti aerei, rifornimenti in volo. Mettendo forse anche a diposizione i suoi droni e le sue basi. Ma senza scendere direttamente sul «terreno»: «niente boots on the ground», fanno sapere i ministri degli esteri e della difesa, Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola, annunciando che Roma si unisce così a Gb, Germania e Usa nel fornire «supporto logistico» ad una missione «necessaria per evitare il radicarsi degli estremisti» che la stessa Francia ha definito - per bocca del suo ministro della Difesa - «molto difficile». Ma necessaria per scongiurare il terrorismo, ha ribadito il presidente Francois Hollande, che ha subito ringraziato Roma per il supporto. Ipotizzando che l’Italia metta a disposizione anche i suoi droni predator. 

E mentre la Corte Penale internazionale apre un’inchiesta sui presunti crimini di guerra commessi nel paese dal gennaio 2012, sul campo le truppe francesi, dopo Bamako, hanno iniziato da stamattina a dirigersi anche verso il nord. Gli jihadisti di Ansard Dine si sono intanto affrettati a ridimensionare la avanzata del contingente transalpino, fornendo anche un video a “dimostrazione” che la città di Konna è ancora loro. E che i raid francesi hanno colpito alcune postazioni di Ansar Dine, ma facendo al massimo cinque morti. 
Dall’Europa intanto si allarga il fronte dei paesi coinvolti - oltre all’Italia anche la Germania conferma il supporto logistico, con l’invio di due aerei “Transal” - e i riflettori sono puntati sul consiglio Esteri straordinario di domani. All’ordine del giorno dei 27 la possibilità di «opzioni militari», hanno spiegato fonti Ue, precisando che la crisi maliana è una minaccia alla sicurezza europea e non solo della regione: «L’intervento francese è importante, era ora di agire», hanno ribadito anticipando che se domani il consiglio esteri darà l’ok ad un’accelerazione della missione di addestramento delle forze del Mali (EUTM), la prossima settimana partirà una missione di ricognizione. Si tratta di circa 250 addestratori che potrebbero essere non solo anticipati ma anche ampliati.  

Con l’Italia che, per ora, nel decreto missioni, prevede di inviarne 24 ma che potrebbe anche rivedere l’impegno. Rendendo, forse, necessario rivedere (si ipotizza un emendamento o un provvedimento ad hoc) l’attuale testo. Domani si ribadirà - ha detto Terzi - l’assoluta urgenza della missione dei formatori di un esercito che finora «non ha saputo far fronte alla sfida», aggravata da incertezze politiche e colpo di stato. 
L’operazione militare avviata dalla Francia con un altro gruppo di paesi «é in linea con la risoluzione 2085 del 20 dicembre scorso del Consiglio di Sicurezza” Onu dopo la richiesta di aiuto del presidente maliano, ha detto il capo della diplomazia, spiegando le linee su cui intende muoversi Roma: ribadire «chiaramente il pieno sostegno all’intervento nell’ambito della risoluzione” Onu e, parallelamente a «quanto si sta facendo a livello Ue», fornendo «supporto logistico». E mentre dal fronte africano il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara parla dell’intervento militare come «ormai necessario», a fianco della comunità internazionale c’è anche il Ciad che annuncia l’invio di un contingente a sostegno della missione. 

La crisi maliana entra intanto anche nella ridda politica interna italiana, con Di Pietro che chiede al governo di «riferire urgentemente» alle Camere. 

Fonte: La Stampa

Lattanzi, Vox populi, neuroni in libertà!

Riparte il Circo Barnum



Santa Marinella - Deiezioni Comunali 2013 | Riparte il neurone alla Lattanzi. Dopo aver svernato in qualche oasi-ristorante in riva al mare, blatera di lista civica, impegno, vox populi e programmi. E' proprio vero: vaccino antielettoralite unico rimedio!
http://www.civonline.it/articolo/lattanzi-bacheca-lavversario-non-e-solo-fronti

giovedì 17 gennaio 2013

sabato tutti a cena in Via Scirè..perché noi la crisi, ce la mangiamo (e non la votiamo)!!

Pensi che l'alternativa alla crisi sia nello stile, in nuove pratiche antagoniste, autarchiche e di alternativa alimentare o vuoi rimanere a casa suggestionato dalla propaganda?


mercoledì 16 gennaio 2013

Suicidi, esplosioni di follia individuale e neocapitalismo liberale


Inseriamo nel nostro blog, un articolo estremamente interessante di cui consigliamo la lettura in modo approfondito.

Con questo scritto mi propongo di chiarire la relazione che esiste fra la proliferazione dei suicidi per motivi economici, la moltiplicazione dei casi di violenza e delle esplosioni di follia individuale, da un lato, e il modo di produzione neocapitalistico dominante, dall’altro lato, politicamente compendiato dalla cosiddetta democrazia liberale.

      Per quanto riguarda i casi di violenza, dovuti a esplosioni di follia individuali, l’omologazione dell’occidente unificato dall’unico modello neocapitalistico ultraliberista, con l’esportazione di elementi culturali e stili di vita americani, accentua le similitudini fra la società nordamericana e quella di molti paesi europei, fra i quali vi è l’Italia in prima fila.

      Gli stessi comportamenti dei soggetti borderline europei, un tempo più tranquilli, meno esplosivi, meno portati a compiere gesti estremi rispetto a quelli americani, tendono sempre di più ad assumere connotati violenti, a immagine e somiglianza di ciò che accade in quella che potremmo chiamare la società-modello, o anche la società-matrice, visto il fenomeno dell’esportazione dell’americanismo (americanismo secondario) in Europa e in Italia, e la trasformazione delle società europee secondo il modello nordamericano negli ultimi decenni.

      La società nordamericana, in quanto società di mercato apparentemente senza classi, individualistica per genesi, fondata su un’immigrazione plurisecolare, è quella più adatta per garantire la riproduzione sistemica complessiva, rimuovendo ostacoli come i legami di classe e comunitari, togliendo acqua al pesce dell’antagonismo, subordinando al mercato la stessa politica. Le società europee si trasformano seguendo questa via, e la trasformazione, per quanto possiamo constatare con il semplice ausilio dell’esperienza quotidiana, è ormai in gran parte compiuta.

      Quali sono le ragioni che hanno imposto un simile cambiamento, distruggendo fino alle fondamenta la specificità europea, per modellare le nostre società in accordo con gli interessi sovrani della classe dominante globale?

      Il semplice dato economico, pur essendo rilevante e a sua volta fonte di cambiamenti nella strutturazione sociale, non basta a spiegare la profonda, irreversibile trasformazione delle società europee sul modello
(sociale) nordamericano e non la esaurisce. Altre considerazioni si impongono, su almeno due piani diversi da quello squisitamente economico, finanziario e commerciale, ricordando le manipolazioni antropologico-culturali di massa che si sono accompagnate alla diffusione della precarietà lavorativa ed esistenziale fra i dominati, e gli aspetti demografici legati alla sostenibilità sociale e ambientale del modello neocapitalistico dominante.

      In poche parole, l’obiettivo della classe neodominante non è soltanto quello di realizzare un esproprio di risorse epocale, l’ennesimo degli ultimi due secoli, questa volta a danno non dell’antica proprietà feudale, delle terre comuni, dei vecchi dispotismi asiatici o degli imperi indioamericani saccheggiati in epoca colonialista, o ancora, della proprietà statale nell’Unione Sovietica in liquidazione, ma nei confronti del lavoro operaio, dei ceti medi figli del welfare e di quanto di pubblico e collettivo rimane ancora in piedi nello stesso occidente del mondo. Un obiettivo non economico di primo rilievo è quello di trasformare l’uomo in un precario a vita o in un escluso, aderendo così alle necessità della creazione del valore azionaria, finanziaria e borsistica e un altro obiettivo, sul piano demografico, ma anche su quello ecologico e ambientale, è di ridurre nei numeri un’umanità che eccede di molto le sovrane esigenze neocapitalistiche, liberiste e liberali.

      La terra può sostentare sette miliardi e più di individui, in una generale intensificazione dei consumi di massa e delle produzioni?

Non serve neppure rispondere alla domanda, perché ambiente e demografia costituiranno sempre di più un cocktail micidiale, se il benessere materiale dovesse generalmente crescere ancora. In questo ultimo caso, per ottenere i risultati sperati in termini di sostenibilità sociale e ambientale del modello, si potrà arrivare alle stragi di massa, ma per ora, nell’occidente e nel nord del mondo, si seguono strade molto più morbide, si agisce ancora in modo soft e per via indiretta. Il problema delle braccia in eccesso, non impiegabili nella creazione del valore elitistica, e il pericolo di un’eccessiva impronta antropica sugli ecosistemi, ha consigliato i nuovi aristocratici globali di puntare su una significativa riduzione del numero dei viventi umani sulla terra. In quello che era il terzo mondo, e pensiamo ad esempio al Sahel o al Medio oriente, la fame, la sete, le precarie condizioni sanitarie e la guerra, malthusianamente, possono ancora contenere gli incrementi demografici, o alimentare i flussi migratori verso il settentrione, ma nel nord e nell’occidente del pianeta il problema demografico, che è nel contempo una rilevante questione ecologico-ambientale, si pone, almeno per ora, in termini molto diversi. Si tratta di ridurre la popolazione mondiale a oriente e a occidente per mantenere, più che l’ambiente naturale dell’uomo, l’integrità del sistema nel suo complesso, alimentando la creazione finanziaria della ricchezza ed estendendo il potere dei dominanti neocapitalistici. Questo ultimo scopo è il più agghiacciante, e rappresenta non una fantasia di articolisti impazziti, o di sociologi rancorosi, ma un obiettivo reale delle élite, di là di ogni possibile accusa di complottismo, frequente e abusata nei confronti di chi si oppone al sistema e cerca di svelarne i disegni.

      Un grande riflesso mediatico ha avuto l’ennesima strage in America, a Newtown nel Connecticut, prodotto della follia di uno squilibrato, tale Adam Lanza, che irrompendo in una scuola armato con armi da guerra ha ucciso un paio di decine di bimbi e sei dipendenti della struttura, uccidendosi a sua volta subito dopo. Si tratta di un episodio fra i tanti, in tal caso di estrema gravità e di grande risonanza, che, come molti altri eventi luttuosi e sanguinosi, è un esito degli stili di vita imposti, dell’assenza di riferimenti comunitari, della mancanza di prospettive diverse da quella puramente economica, dell’abbandono conseguente a un individualismo nichilista e distruttivo. Le dinamiche neocapitalistiche spingono i soggetti più instabili ed esposti ai gesti estremi, in alcuni casi particolarmente sanguinosi e spettacolari, come quello di Newtown. Ignoro gli specifici motivi del gesto di Lanza, ma la matrice è chiara e condivisa con numerosi episodi, in America e in Europa, d’improvvisi scoppi di violenza e di uccisioni, non importa se meno gravi e con una sola vittima.

      Nel 2009, a Los Angeles, un certo David Viens, cuoco sotto l’effetto di droghe, legò e imbavagliò la moglie prima di andarsene a dormire, per evitare che se ne andasse in giro in auto drogata. La trovò morta la mattina dopo, al risveglio, e ne fece bollire il corpo per quattro giorni nel pentolone del ristorante, per poi disfarsene gettandolo nelle fognature e nella spazzatura. La droga e la perdita di valore della vita sono altrettanti ingredienti dell’epoca, elementi indotti dal neocapitalismo, in grado di suscitare i mostri che poi finiscono regolarmente sulla prima pagina dei giornali. Quanto precede ben oltre la particolare situazione del tossico omicida, i lineamenti della sua storia individuale e le motivazioni specifiche del suo atto criminale. In Italia sono abbastanza frequenti le esplosioni di follia e le uccisioni fra le mura domestiche, a testimonianza della diffusione, in tutto l’occidente capitalisticamente sviluppato, di queste che sono autentiche patologie della vita quotidiana nel tempo presente. Nel primo quadrimestre dell’anno in corso, ad esempio, ci sono stati circa cinquanta casi di donne uccise fra le mura domestiche. Se in passato la violenza esercitata sulle donne era in buona sostanza psicologica, oggi diventa sempre più spesso fisica, fino alla soppressione della vittima. In generale, per quanto riguarda l’Italia, sembra che ogni mese si contano almeno dieci omicidi (non solo di donne) entro le mura domestiche, a testimonianza che il borderline europeo, più in generale il soggetto in condizioni di profondo disagio emotivo (e/o economico), tende ad assomigliare sempre di più, e più pericolosamente, a quello americano. Ci si avvicina a grandi falcate, considerando tali casistiche, al modello di società nordamericana di mercato, in cui la vita umana vale poco, i ruoli di genere (maschile e femminile) sono sconvolti, i soggetti abbandonanti a sé stessi scontano una competizione reciproca selvaggia, e le esplosioni di follia violenta tendono a moltiplicarsi. La normalità violenta del neocapitalismo si concretizza in questi gravi episodi di cronaca nera.

      Se in Italia, rispetto all’America delle improvvise stragi compiute da squilibrati, le armi non circolano fra la popolazione, ciò comporta qualche limitazione degli atti violenti e del numero di vittime, ma non sposta sostanzialmente i termini della questione. Potrà servire a qualcosa limitare la circolazione delle armi d’assalto, cosa di cui si parla con insistenza negli USA dopo la strage di Newtown, ma ciò non risolverà il problema. Le ragioni più profonde si devono cercare, nella grande maggioranza di questi casi, proprio nelle dinamiche neocapitalistiche, nella genesi della società di mercato, nel funzionamento e nelle esigenze strutturali del nuovo capitalismo ultraliberista e neoliberale. Il libero mercato e la fitta rete di scambi commerciali che lo costituisce, caratterizzando la società aperta di mercato, non possono in alcun modo porgere un senso compiuto all’esistenza umana. Il tempo discontinuo della precarietà, e della grande solitudine dell’idios cui rimane soltanto la dimensione privata, genera nell’essere instabilità, insoddisfazione e vuoto esistenziale. Un vuoto esistenziale che l’avere prevalente sull’essere, l’uso e l’abuso di sostanze psicoattive e psicofarmaci, i ludi dell’epoca, la perniciosa smania del consumo non sono in grado di riempire.

      Sembra che non ci siano difese, nei confronti del neocapitalismo che impone rapporti sociali (di produzione) particolarmente distruttivi per molti. Limitare la vendita di armi ai privati, con particolare riguardo a quelle d’assalto e da guerra, non risolverà il problema. A tale riguardo, prestando attenzione alla società-modello nordamericana, non posso non ricordare il celebre ciclo delle armi di Isher dello scrittore americano di fantascienza A. E. van Vogt, costituito da due grandi romanzi, I negozi di armi e I fabbricanti di armi.

      In questi volumi, partendo dalla libertà di portare armi per difendere se stessi e i propri averi – importante in una società individualistica come quella del Nordamerica – le armi tecnologicamente avanzate vendute ai cittadini dai fabbricanti di armi servono per potersi difendere dagli abusi dello stato, dalle leggi di un fantomatico impero di Isher proiettato settemila anni nel futuro (che metaforizza il cosiddetto impero USA nei tempi a venire), dagli abusi del grande capitale finanziario che spadroneggia con le sue razzie. E’ chiaro che nei fondamenti della società di mercato nordamericana, in cui da sempre ha un grande valore il diritto di detenere privatamente e di portare armi, vi è una concezione hobbesiana dell’uomo, nei termini di homo, homini lupus (l’uomo è un lupo per il prossimo, e fin dai tempi di Plauto), nonché un’idea dello stato come di un potenziale nemico, da contenere e da ridurre ai minimi termini, affinché non ponga troppi limiti alle fantomatiche libertà individuali, le stesse che informano il liberalismo e il liberismo economico. Non a caso le armi di van Vogt, vendute dai mercanti, prodotte dai fabbricanti avversari dell’impero, pur essendo avanzatissime e diverse dalle vecchie armi da fuoco, conservano i nomi tradizionali di revolver o di carabina, e nella storia di Fara Clark, alle prese con gli abusi di un impero-stato che vuole prevaricarlo, sono proprio le armi dei mercanti a rendergli giustizia.

      La metafora delle armi di Isher, di Elton van Vogt, serve per comprendere che nei fondamenti della società-modello nordamericana vi è una concezione dell’uomo che si comporta come un lupo nei confronti dei suoi simili – molto lontana da quella aristotelica dell’uomo animale politico, sociale e razionale (zoon politikon e zoon logon echon, o animal
rationale) – e che lo stato, simboleggiato dal futuribile impero di Isher, è un male forse necessario, quanto la delega del monopolio della violenza all’entità sovraindividuale da lui simboleggiata, ma sicuramente un nemico potenziale, e talora effettivo, delle libertà individuali, non di rado la fonte stessa d’innumerevoli abusi e prevaricazioni. Concezione dello stato, questa, vicina a quella del padre del neoliberismo nuovo-capitalistico Milton Friedman, che propose senza mezzi termini di realizzare la democrazia attraverso il capitalismo concorrenziale, cioè attraverso il libero mercato sovrano, limitando al massimo le funzioni e i monopoli attribuiti allo stato. Come si nota, in ciò è del tutto assente l’eco della lotta di classe otto-novecentesca. Al conflitto verticale fra la classe dominante e quella dominata – formidabile motore della storia – si sostituisce la solitaria lotta del singolo contro un’entità statale troppo invadente e contro i suoi stessi simili. Se le armi dei mercanti di Isher, avversi all’impero, nella fantasia di van Vogt servivano per difendere il singolo dagli abusi del potere costituito e delle sue burocrazie, le armi da guerra vendute dai supermercati dell’America contemporanea – nel rispetto dell’individualissima libertà di portare armi – servono per estrinsecare, fino alle estreme conseguenze, tutto il disagio del singolo abbandonato a se stesso in una società di mercato sempre più insidiosa e vuota di senso. Una società in cui, oltre ai nemici, si moltiplicano anche i fantasmi della follia. Per quanto riguarda l’Italia colonizzata dal neocapitalismo e dai suoi agenti sopranazionali, sappiamo che le armi non circolano liberamente, in grandi quantità, fra la popolazione, come invece accade in molti stati USA federati. Le armi, da noi, sono prerogativa dei corpi di uomini in armi, deputati a difendere il sistema, e della criminalità organizzata, dotata di numerose manovalanze, che spesso incrocia i grandi interessi neocapitalistici (droga, finanza, traffico di schiavi, eccetera) e con loro si armonizza. Purtuttavia, anche da noi gli episodi di violenza estrema, che causano vittime innocenti e autosoppressioni, tendono a moltiplicarsi suscitando sempre meno emozioni e sconcerto. Una certa assuefazione a questi episodi – che in molti casi hanno risonanza mediatica e costituiscono semplici elementi dello Spettacolo sostitutivo della realtà – costituisce una forma di difesa per il singolo e nel contempo di silenziosa accettazione del sistema.

      I suicidi per motivi economici, conseguenza estrema del cosiddetto fallimento individuale, sono un effetto precipuo della società di mercato, in cui il valore più importante è quello dello scambio commerciale, universalizzato dal denaro, e il frutto di una selezione darwiniana neocapitalistica che penalizza i meno adatti a produrre ricchezza e a creare valore, smaltendo in molti modi le eccedenze umane quasi che fossero cascami di produzione di poco conto. I circuiti di creazione del valore azionario, finanziario e borsistico contemplano, efficientandosi e allargandosi, riduzioni della forza-lavoro impiegata e riduzioni progressive dei costi legati all’impiego del fattore-lavoro. Le logiche finanziarie, espressione di una nuova concezione della ricchezza, s’impongono sempre di più nella produzione, sussumendola, così come il capitale finanziario derivato postmarxiano (e postkeynesiano) sussume il capitale produttivo/ industriale alimentato dal pluslavoro monetizzato. La doppia sussunzione del lavoro, ridiventato semplice fattore di produzione, comporta inevitabilmente la sua svalutazione e per i redditi da lavoro il bagno di sangue della loro continua riduzione. Lo impone il nuovo modo di produzione sociale neocapitalistico ultraliberista finanziarizzato, che non potrebbe sopravvivere a una più equa, o un po’ meno iniqua, distribuzione del prodotto. La realizzazione del sogno di un anarcocapitalismo senza distribuzione della ricchezza e doveri sociali sembra ormai a portata di mano. Il suo raddoppio ideologico è rappresentato dalla teoria economica neoliberista e dalla teoria politica (neo)liberale, che coesistono e si completano a vicenda nello spazio unificato dal capitale.

      Davanti all’esigenza sovrana del capitale finanziarizzato la vita umana, che può erogare fattore-lavoro, si svaluta fino alle estreme conseguenze, e rispetto all’energia, o a certe materie prime, o alle tecnologie avanzate, è destinata a diventare merce spregevole, sempre di più a buon mercato. Uno dei modi per smaltire le eccedenze umane, inutili nella creazione del valore azionario, finanziario e borsistico, e per attuare la selezione darwiniana neocapitalistica, è quello di favorire l’autosoppressione di coloro che restano disoccupati senza prospettive, dei malati o degli anziani senza reddito inservibili nelle produzioni, dei piccoli imprenditori e piccoli professionisti non competitivi, marginali, stritolati dal mercato e, come accade sovente in Italia, da una fiscalità punitiva – ma soltanto per i più deboli – anch’essa darwiniana. Naturalmente le leggi del mercato e la spietata selezione darwiniana neocapitalistica sono rivolte contro i dominati, e non possono valere per i membri della classe alta postborghese, l’Aristocrazia finanziaria globale. Così, in un’Italia completamente sottomessa ai soliti poteri esterni e occupata senza l’uso dello strumento militare, già nel marzo dell’anno in corso, da poco insediatosi il direttorio Monti-Napolitano, su circa quattromila suicidi censiti nell’arco di un anno si pensa che almeno un terzo di questi sia dovuto a motivazioni di ordine economico. Non si tratta ancora di grandi numeri, ma la tendenza è all’aumento, e con l’avanzare della crisi, che sarà particolarmente cruda nel 2013 in termini di fallimenti d’azienda e di incrementi della disoccupazione, si può fin d’ora temere il peggio. La tendenza all’aumento delle autosoppressioni per fallimento individuale (di natura economica,
ovviamente) è riscontrabile negli ultimi anni anche in paesi come la Grecia, la Spagna e l’Irlanda, e non è certamente un caso. Anche se i paesi europei meridionali e mediterranei presentano una percentuale complessiva di suicidi inferiore a quella dei paesi del Nordeuropa, l’autosoppressione per motivi economici sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti.

      I destini di operai e piccoli imprenditori si intrecciano drammaticamente, così, il 10 aprile 2012, un’operaia cinquantenne, moglie di un imprenditore edile del trevisano, si è impiccata nel giardino di casa per le difficoltà economiche dell’impresa familiare. Al massacro contribuiscono abbondantemente la famigerata equitalia, braccio armato dell’agenzia delle entrate, e l’agenzia stessa. Nel maggio di quest’anno, un sessantenne titolare di un’impresa edile (settore particolarmente colpito dalla crisi), si è sparato nel santuario di Pompei. Nella lettera che ha lasciato il suicida lamenta le vessazioni di equitalia, unitamente ai problemi economici della sua intrapresa. Nello stesso mese, un imprenditore settantenne cagliaritano (la Sardegna è una regione colpita al cuore dalla crisi) ha tentato il suicidio per asfissia, è stato salvato dai familiari, ma poi si è ucciso con un colpo di pistola. I motivi del gesto sono la paura del fallimento, e l’oppressione subita attraverso le tasse e i debiti. Di casi così se ne possono ricordare molti, visto che sono da qualche tempo all’ordine del giorno i suicidi di piccoli imprenditori (e di artigiani e piccoli
professionisti) travolti dalla crisi strutturale sistemica, dalle politiche neoliberiste, dall’imposizione fiscale banditesca e selvaggia e dal carico di debiti. Ma è la disoccupazione a mietere altre vittime, ai livelli più bassi della piramide sociale. Sempre nel mese di maggio del corrente anno, un salernitano quarantanovenne si è impiccato all’interno di un capannone industriale, nella periferia di Salerno, perché aveva perso la sua occupazione di custode e aveva avuto lo sfratto dall’alloggio in cui viveva. 
Nella lettera che motivava il gesto aveva scritto che si considerava un fallito e non poteva più vivere.

      L’autocolpevolizzazione delle vittime, indotta dal sistema, ha avuto purtroppo un grande successo, inibendo reazioni di massa davanti agli espropri subiti e favorendo l’autosoppressione di coloro che annaspano in gravi difficoltà. Rivolgere l’arma contro di sé accusandosi di aver fallito, nelle situazioni disperate in cui si sono trovati molti suicidi per motivi economici, rappresenta una vittoria neocapitalistica sulle masse di dominati e una rinuncia, da parte delle vittime dell’oppressione sistemica, alla ribellione e alla lotta. Come se una vittima incolpevole che subisce aggressioni criminali reiterate rinunciasse a un estremo tentativo di difesa, restando inerte e subendo passivamente le violenze, fino ad arrivare a sopprimere se stessa, non potendone più delle violenze subite. E’ 
sicuramente vero che i numeri, in relazione ai suicidi per motivi economici indotti dalle politiche neoliberiste (e neoliberali), sono significativi ma ancora contenuti, e la motivazione economica non esaurisce la casistica dei suicidi, che è più ampia. Però anche questa è una via nuovo-capitalistica (e per quanto ci riguarda come paese, euromontiana) per smaltire le eccedenze umane non impiegabili nella creazione del valore finanziaria ed elitistica. 
Non è un caso che i due principali colpevoli della disastrosa situazione italiana, i complici Monti e Napolitano, davanti al moltiplicarsi di questi luttuosi eventi abbiano mantenuto il più a lungo possibile uno stretto riserbo. Non è un caso perché un obiettivo dell’applicazione delle politiche euromontiane, in accordo con le dinamiche neocapitalistiche, è quello di smaltire le eccedenze umane, eliminando il superfluo, senza generare costi sociali. Ciò dovrebbe far comprendere la sostanza criminale, anzi, stragista, della tanto decantata opera di Monti e del suo esecutivo, benedetti da Napolitano e serviti da Bersani, in cui non c’è e non ci può essere spazio alcuno per mitigare il disagio economico e sociale di gran parte della popolazione, per la considerazione delle sofferenze inflitte scientemente ai cosiddetti ceti meno abbienti e al ceto medio impoverito. Al contrario, l’estendersi del disagio e dell’impoverimento è uno specifico obiettivo neocapitalistico, riflesso nelle politiche di Monti, per creare un vasto serbatoio di mano d’opera senza diritti, ricattabile e a basso costo. 
Secondo queste logiche eticamente aberranti, ben venga, quindi, la proliferazione dei suicidi per motivi economici, che costituiscono un indicatore del successo delle politiche neoliberiste e neoliberali applicate.

      In conclusione, il nesso fra la proliferazione dei casi di esplosione di follia individuale, con esiti violenti, e l’aumento dei suicidi per ragioni economiche è rappresentato proprio dall’applicazione delle politiche neoliberiste e neoliberali nelle società umane, concepite come società di mercato aperte agli scambi commerciali, sul modello nordamericano, e dominate dai sovrani interessi della creazione del valore azionario, finanziario e borsistico.

di Eugenio Orso - 09/01/2013

Fonte Pauperclass