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venerdì 18 gennaio 2013

dominio della materia, rovine dello spirito..

« Se un giorno l’umanità tornerà a condizioni dignitose, poche civiltà le sembreranno così singolari quanto l’attuale, in cui si è corsi dietro ad ogni forma di potenza e di dominio della materia, trascurando però il dominio della propria mente, delle proprie emozioni e della vita psichica in genere. In quel momento prezioso, molti nostri contemporanei, i cosiddetti “uomini d’azione” in prima linea, rassomiglieranno a quei crostacei che sono tanto duri e con escrescenze scabrose nel guscio, quanto sono molli e invertebrati all’interno » 

Julius Evola

sabato 14 luglio 2012

Orientamenti [recensione APZ]


Orientamenti

Orientamenti – Julius Evola, edizione Il Cinabro


Una lettura d'obbligo per qualsiasi militante, che desidera darsi una formazione tradizionale all'altezza della sfida che il mondo moderno con le sue insidie latenti rappresenta, sopratutto per l'animo umano, è senza orma di dubbio "Orientamenti". In questo quaderno, tascabile, quasi una guida da trincea, sul Fronte della Tradizione, sono radunate con uno stile schietto e incisivo gli insegnamenti trasmessi da Julius Evola su come orientarsi, per l'appunto, nel caos sociale del mondo odierno. Partendo dalla premessa disillusa che ci si trova a vivere in un'epoca decadente in cui l'anormale è ormai diventato normale, mediante un continuo processo di sovversione di ogni più alta concezione di vita e del mondo, Evola invita l'aspirante Uomo Nuovo a prendere distanza dal dogma ufficiale del politicantismo democratico "che pensa solo in termini di programmi, di ricette sociali ed economiche". Per liberarsi dal pantano della modernità, il militante ha solo una strada da imboccare ed è quella di concentrarsi, innanzitutto, sulla propria sostanza umana incarnando in se stesso lo spirito legionario in grado di creare nel proprio animo un ordine e una drittura seguendo sempre la strada dell'Onore, la più dura, rispetto a quella più comoda, verso cui ci ha abituato il Progresso e il benessere con il ventaglio di opportunità fatto di vantaggi materiali immediati. Diversamente dai testi di Diritto e di Economia che, tramite uno sguazzare in un mare di formule ed enunciati giuridici ed economici pretendono di risolvere i problemi della Comunità e dell’individuo nell'instaurazione per l'appunto di uno Stato di Diritto, Orientamenti è un lettura semplice frutto di una complessità risolta il cui fine non desidera essere un filosofeggiare fine a se stesso ma un incitamento concreto all'azione, a darsi una forma, un ordine una disciplina finchè il magma – sostanza umana ancora di là dall’essere formata - è ancora caldo e fluido, mostrando al tempo stesso la via da imboccare per il rinnovamento.

Orientamenti è suddiviso in undici punti, in sintesi i principali riferimenti. I primi tre delineano i tratti che devono caratterizzare l'uomo della Tradizione, colui che aspira ad un Ordine e ad una Legge, in opposizione all'uomo moderno, relativista che tende a vivere alla giornata secondo proprio gusto. Nel quarto punto l'Autore desidera mettere in guardia il lettore di fronte alle varie ideologie che assurgono a rango di Verità ma che di fatto non sono altro che frutto delle contingenze socio-economiche con l'unico obiettivo di alimentare conflitti all'interno delle Comunità, su base di classe o tra i sessi (come nel caso del femminismo) ed altri antagonismi ad essi relativi, che "accordano a confusi valori sociali il primato su quelli eroici e spirituali", quest'ultimi solo potendo definire l'uomo nuovo. Il quinto punto desidera offrire al lettore la chiave di lettura tradizionale della Storia per comprendere, al fine di un effettivo orientamento dottrinario ma anche per una azione concreta, le cause e gli effetti nonché il legame profondo tra le varie forme politiche susseguitesi nel corso dei secoli, tutte con radici nella Rivoluzione francese, fino ad approdare all'attuale "caos dei partiti". Nel sesto punto Evola critica l'importanza e il carattere decisivo attribuito al fattore economico, "circolo chiuso e buio nel quale restano chiusi sia il capitalismo che il marxismo". Senza negare l'importanza della materia che viene subordinata alla natura spirituale dell'uomo, l'Autore afferma con decisione l'esigenza di una re-instaurazione di un ordine di valori superiori che tenda all'elevazione dell'individuo e della comunità in contrapposizione alle "ricette" ideologiche che condizionano ad un particolare sistema di distribuzione della ricchezza e dei beni la soluzione a tutti i problemi. Nel settimo punto viene proposta una riflessione sulle derive totalitarie dell'ideale di unità politica virile ed organica del secolo scorso. Evola precisa che Gerarchia non significa gerarchismo mentre la concezione organica della comunità non ha nulla in comune con la sclerosi statolatrica e con la centralizzazione livellatrice. Nell'ottavo punto si discute della posizione da assumere di fronte al nazionalismo e all'idea generica di patria, spesso dettate dal sentimentalismo e da una concezione naturistica della nazione che poco si conciliano con la Tradizione. Il nono punto riguarda il problema della cultura sottoposta all'attacco di diverse correnti di pensiero di natura sovversiva, dal materialismo storico al darwinismo passando per la psicanalisi di Freud, dalle quali il militante deve difendersi opponendo la sua visione tradizionale della vita e del mondo. Visione, quest’ultima, che non si basa sui libri ma che deriva da un orizzonte spirituale conforme ad uno stile di drittura e di tenuta interna. Il decimo punto tratta dell'atteggiamento che bisogna adottare contro il decadentismo borghese e capitalista, per innalzarsi al di sopra di esso. Si è veri antiborghesi solo attraverso una superiore concezione della vita: sdegnando i vantaggi materiali ed esigendo tutto da se stessi, amando una unione essenziale fra vita e rischio e rifiutando la preoccupazione per la sicurezza. L'undicesimo punto analizza la questione della laicità dello Stato e l'importanza dell'elemento religioso per una vera concezione eroica della vita. Il testo, proposta dalla edizione della casa editrice “Il Cinabro – che consigliamo, si conclude con una intervista rilasciata da Julius Evola nel 1971. Essa offre al lettore molti spunti e gli indirizzi necessari, per interpretare la funzione da svolgere oggi per il giovane militante e  per un accostamento alla lettura degli scritti dell'Autore.

Nico Di Ferro

mercoledì 30 maggio 2012

SOLO A QUEST'UOMO SPETTERÀ IL FUTURO..



“È importante, è essenziale, che si costituisca una élite la quale, in una raccolta intensità, definisca secondo un rigore intellettuale ed un'assoluta intransigenza l'idea, in funzione della quale si deve essere uniti, ed affermi questa idea soprattutto nella forma dell'uomo nuovo, dell'uomo della resistenza, dell'uomo dritto fra le rovine. Se sarà dato andar oltre questo periodo di crisi e di ordine vacillante e illusorio, solo a quest'uomo spetterà il futuro. Ma quand'anche il destino che il mondo moderno si è creato, e che ora sta travolgendolo, non dovesse esser contenuto, presso a tali premesse le posizioni interne saranno mantenute: in qualsiasi evenienza ciò che potrà esser fatto sarà fatto e apparterremo a quella patria, che da nessun nemico potrà mai essere né occupata né distrutta.”
Julius Evola - Orientamenti


lunedì 26 aprile 2010

LIBERAZIONE... il giorno dopo.....

"Liberazione"

L'Italia è tornata a essere sé stessa,
cioè ad essere l'Italietta dei mandolini, dei musei,
di "Sole Mio" e dell'industria turistica,
essendo stata "liberata":
liberata dal duro compito di darsi una forma.

Julius Evola

mercoledì 31 marzo 2010

Linea Retta - Linea di Combattimento

"Non lasciarsi andare, oggi è alla base.
In questa società sbandata si deve essere capaci del lusso di avere carattere. Bisognerebbe esser da tanto che, ancor prima di essere riconosciuti come i difensori di un’ideologia politica, sia visibile una linea di vita, una coerenza interna, uno stile fatto di coraggio intelle
ttuale, in ogni umana relazione."

Julius Evola

giovedì 18 marzo 2010

Le ragazze italiane

Pubblichiamo questo articolo di Julius Evola, scritto intorno agli anni 50, riguardante la donna mediterranea. Ebbene sì, questo articolo parla di noi e non in maniera positiva. Infatti emerge quanto la donna mediterannea, a dispetto delle sorelle nordiche, sviluppi una personalità appensatitita dagli stereotipi borghesi. Sebbene la lettura dello scritto sia chiara e scorrevole, vi invito a leggerlo più volte affinchè, dopo una prima reticenza iniziale per essere state colpite nel vivo, si possa lentamente cogliere l'invito essenziale che Evola alla donna e all'uomo allo stesso tempo. Egli esorta la donna a rettificare il proprio atteggiamento facendo sì che chiarezza, sincerità e coraggio la ispirino e invita, allo stesso tempo, l'uomo ad abbandonare gli atteggiamenti del Don Giovanni affinchè sviluppi una reale virilità (da Vir) e smetta di essere un maschio fantoccio.

La donna mediterranea, quasi senza eccezione, ha la propria vita orientata nel modo più unilaterale e, diciamo pure, più primitivo verso l’uomo. Noi siamo ben lungi dall’esaltare la donna mascolinizzata o la “compagna”: fatto è però che la donna mediterranea trascura quasi sempre di formarsi una vita propria autonoma, una sua personalità, indipendentemente dalla preoccupazione del sesso, tanto da potersi permettere poi, nel campo del sesso, quella libertà, e mantenere in esso quella spregiudicatezza unita a linea, che si riscontrano, ad esempio, in una berlinese, in una viennese, in una danese.
La vita interiore della gran parte delle nostre ragazze si esaurisce, invece ed appunto, nella preoccupazione pel sesso e per tutto ciò che può servire per ben “apparire” e per attrarre l’uomo nella propria orbita. È così che noi vediamo spesso donne e giovanissime, tenute ancora dalla famiglia in una specie di recinto di protezione, tutte pittate ed attrezzate come, nei paesi del Nord non lo sono nemmeno le professionals. E basta esaminarle un momento per accorgersi che, malgrado tutto, l’uomo e i rapporti con l’uomo sono l’unica loro preoccupazione, tanto più palese, per quanto è mascherata da ogni specie di limitazioni borghesi ovvero da una sapiente, razionalizzata amministrazione dell’abbandono. Al che, subito si aggiungono complicazioni ben comprensibili, data la corrispondente attitudine dell’uomo.
Si può vedere ogni giorno, in una via di grande città, che cosa succede quando una ragazza appena desiderabile passa dinanzi ad un gruppo di giovani: questi la scrutano e la seguono con lo sguardo “intenso”, come se fossero tanti Don Giovanni o degli affamati tornati dopo anni di Africa o di Artide; l’altra mentre nelle pitture, nell’incedere, nelle vesti e così via non fa mistero di tutta la sua qualificazione femminile, affetta un’aria di sovrana indifferenza e di “distacco” (anche quando si tratta di una mezza calzetta, ove sarebbe difficile trovar dell’altro, oltre la qualità biologica di esser nata, per caso, donna); tanto che l’osservatore di simili scenette è portato a chiedersi seriamente se l’una e gli altri non abbiano davvero nulla di meglio da pensare per compiacersi di una simile commedia.Col carattere immediato e, diciamo pure, grezzo delle sue inclinazioni erotiche, un certo tipo umano, purtroppo da noi molto diffuso, allarma la donna, la mette sulle difese, favorisce ogni specie di complicazioni dannose: dannose, in primo luogo, proprio per lui. La donna, mentre da un lato non pensa che a possibili rapporti con l’uomo e all’affetto che essa può produrre sull’uomo, dall’altro si sente come una specie di preda desiderata e inseguita, che deve star bene attenta ad ogni passo falso e “razionalizzare” adeguatamente ogni relazione ed ogni concessione.Ma a parte queste circostanze esteriori, di cui ha colpa l’uomo, devesi accusare un atteggiamento effettivamente falso proprio ad un diffuso tipo femminile. Si può affermare che, nel 95% dei casi, una ragazza può aver già detto interiormente “si”, ma che essa si sentirebbe avvilita nel comportarsi risolutamente di conseguenza, senza sottoporre l’uomo a tutta una trafila di complicazioni, ad una via crucis erotico-sentimentale. Temerebbe, altrimenti di non esser considerata come una “persona seria” o “per bene”, laddove da un punto di vista superiore, proprio una tale insincerità e artificialità sono segno di poca serietà. Su base analoga si svolge la prassi ridicola di flirts, il rituale dei “complimenti”, del “fare la corte”, della obbligata “galanteria” del “forse che si, forse che no”. E che in tutto ciò l’uomo non si senta offeso nella sua dignità, quasi come per una prostituzione psichica che, alla fine, dovrebbe fargli chiedere si le jeu vaut la chandelle - ciò dimostra l’influenza che sul nostro sesso hanno componenti razziali poco felici.Ciò che una donna potrà essere conformisticamente e, diciamo così, su di un piano naturalistico, come “sposa” e “madre”, qui non entra propriamente in discussione. Certo è però che, sotto ogni altro riguardo, la ragazza italiana molto avrebbe bisogno di esser “rettificata” secondo uno stile di sincerità, di chiarezza, di coraggio, di libertà interiore. Cosa naturalmente impossibile, se l’uomo non la aiuti, in primo luogo facendole sentire che, per quanto importanti, amore e sesso non possono avere che una parte subordinata rispetto a più alti interessi; in secondo luogo, smettendola di atteggiarsi continuamente come un Don Giovanni o come una persona, che mai abbia visto una donna: perché, in via normale, dei due è la donna che deve cercare e chiedere l’uomo, non viceversa. [...]

Julius Evola, Meridiano d’Italia, 24 agosto 1952