martedì 27 marzo 2012

lunedì 26 marzo 2012

Problema loculi a Santa Marinella


L’iniziativa metapolitica Azione Punto Zero, stigmatizza la presunta soluzione della mancanza dei loculi presso il cimitero, decantata dall’Assessore Romitelli

[Ci è giunta una deduzione sulla situazione sui loculi presso il cimitero di Santa Marinella, abbiamo ritenuto corretto prestarle attenzione a differenza di tutti i media del comprensorio]

Circa quindici giorni fa, in una nota stampa dai toni trionfanti l’Assessore segnalava come a fronte del fatto che fosse stato firmato il contratto con la società “B.D.P. lavori srl” per la realizzazione di 160 loculi presso il Cimitero Comunale di Santa Marinella, il problema dei loculi da lì a breve sarebbe stato risolto. Inoltre i lavori avrebbero avuto inizio entro fine mese per un importo totale pari a circa 105 mila euro e avrebbero avuto una durata di circa tre mesi. Il comunicato si concludeva “rinnovando le scuse alla cittadinanza per i disagi subiti in questi ultimi tempi convinti di poter risolvere la situazione con la costruzione, a breve, di questi 160 loculi”. Oltre a leggere bene tra le righe e confrontare i dati, azione punto zero è andata a spulciare anche i costi dei loculi e ciò ha prodotto una serie di evidenze anomale rispetto a quanto citato dall’Assessore. La prima è quella relativa al fatto che dei 160 loculi disponibili tra tre mesi, ne sono già stati prenotati 108, ciò significa che ne rimangono oggi solo 52 e di fatto, pur sperando in una lieta e lunga vita dei residenti di Santa Marinella, tra tre mesi si tornerà pressappoco al punto di partenza. A tale proposito si consiglia innanzitutto all’amministrazione di metterne immediatamente in progetto altri. Oltre a ciò, anche la matematica viene in aiuto. L’amministrazione ha firmato il contratto per 160 loculi per un importo totale di € 105.000,00 che diviso per 160 fa' 656,25 l’uno. Benissimo, al tempo stesso l’amministrazione già da Ottobre, cioè da quando sono terminati i loculi disponibili, fa pagare 1885,65 eurini per la prima fila, 2085,65 per la seconda, 1685,65 per la terza e 1485,65 per la quarta. Non che non debbano essere considerate delle spese accessorie per il Comune ma gli introiti sembrano decisamente più voluminosi rispetto alla spesa per realizzarli. Non solo, finiti i lavori è probabile che anche gli ultimi 52 loculi saranno terminati. Si ricomincerà allora a tumulare nei loculi liberi già in concessione e la storia non finirà mai. Già nel giro di due anni sono due volte che si requisiscono i loculi, togliendo lapidi e poi rimettendole, tutto questo a spese dell'Amministrazione. La domanda dunque sorge spontanea – conclude azione punto zero - non sarà che l’importo di quelle tariffe è tale perché oltre al loculo si debbono anche pagare lo spostamento e i marmisti che debbono svolgere il lavoro? Non sarà anche il caso di dare avvio immediatamente ad un nuovo bando? ” Ai posteri, l’ardua sentenza.

venerdì 23 marzo 2012

Occorre stare sempre attenti ....


Occorre stare sempre attenti per IL MONITO, per la simpatica situazione finanziaria internazionale - dove quando c'è da fare utili si invoca: meno Stato più Mercato! Quando invece c'è da parare il colpo alle fauci sanguinanti dei turbocapitalisti si grida all'intervento pubblico per salvare l'economia (l'economia loro).  Dovremmo parlare di economia, noi che nell'89 abbiamo assistito al crollo del muro di Berlino e adesso vogliamo assistere al crollo del muro di Wall Street. Ma per tutto questo occorre tempo e il tempo è tiranno. 
Così come i blog di un certo tipo dovrebbero essere una risultante mediatica (il riflesso comunicativo di una azione attuale, reale e concreta sul territorio) e non uno strumento positivo di per se, si dovrebbe scendere nei meandri dei principi e nei meccanismi della comunicazione, di ciò che si comunica e di come si comunica; si dovrebbe avere la capacità di conoscere se si è egemonici sui media disponibili o subalterni e, da questo, avere la capacità di individuare forme nuove di sensibilità ed interesse. Forse, già questo, è duro ad intendersi e il tentativo è già stato fatto....... veniamo molto prima, ma molto, del fascismo.......



Ad ogni modo, oggi è il 23 Marzo ... 


Una straordinaria primavera di bellezza, sintesi di Tradizione e Rivoluzione, oggi come da millenni, nel rinnovamento del 1919, splende sul mondo il fascio invitto! 

martedì 13 marzo 2012

Assessore Boelis, è tempo di svegliarsi dal letargo!


Per l’assessore al turismo di Santa Marinella, Giovanni Boelis, è ancora presto mettere mano al cartellone ed alla programmazione per la stagione turistica 2012. E’ dallo scorso Settembre che sollecitiamo l’Assessore a mettere mano alla questione, a seguito della precedente esperienza, relativa alla comunicazione del cartellone estivo del 2011 avvenuto il 27 giugno con una conferenza stampa in Comune. La nostra città in preda alla crisi economica che attraversa il paese ha tutte le prerogative per poter valorizzare l’offerta turistica e culturale, alleviando così i disagi di una situazione che si fa ogni giorno più pesante. E’ praticamente inaccettabile che un Comune con una posizione climatica e territoriale unica, in mezzo a due siti archeologici dell’Unesco, con il Castello di Santa Severa, un porticciolo, a dieci minuti dal porto più trafficato di crociere del mediterraneo, a 45 minuti dall’aeroporto di Fiumicino e ad un’ora da una delle città più visitate del mondo come Roma, debba soffrire la mancanza di turismo. Soprattutto poi per la quantitàdi romani che si recano in vacanza nella bella stagione! Ci sarebbe così tanto da far vivere la cittadina di turismo per almeno 8 mesi all’anno. Chiedemmo l’istituzione di una agenzia o in subordine un tavolo permanente sul turismo, che potesse integrare e armonizzare tutte le energie, le categorie interessate, le associazioni e tutti coloro - privati o enti pubblici, interessati all’operazione. Risposta? Il nulla cosmico sottovuoto spinto. In compenso, con il Castello di Santa Severa ed i suoi servizi museali siamo nel pantano più assurdo. Lo abbiamo strillato nel settembre scorso e lo ribadiamo oggi, in tempi non sospetti. Siamo stufi di vedere i nostri ragazzi migliori dover abbandonare il nostro paese solo perché vi è incapacità cronica a gestire e governare un settore che potrebbe dare sviluppo economico, occupazione. Magari il turismo, l’archeologia, la cultura, la valorizzazione territoriale e della costa potrebbe addirittura nutrirci di bellezza e amore per la nostra città. Ce la farà Boelis a capirlo? Questa settimana gli consegneremo una sveglia presso il Comune, ci auguriamo che suonando riuscirà nel miracolo …..

giovedì 8 marzo 2012

Possiamo, serenamente e nel rispetto profondo della Donna, non prestare il fianco al leninismo, alle leggende ed al consumismo, l'8 Marzo?

LA LEGGENDA DELLA FABBRICA COTTON
(Testo di Wikipedia )

In Italia è molto diffusa una storia che fa risalire l'origine della festa ad un grave incidente avvenuto negli Stati uniti, l'incendio dell'industria tessile Cotton. Questa storia è un falso storico accertato che fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda[1] ma in Italia recentemente è stata riportata come la vera origine della festa della donna dai telegiornali[citazione necessaria] creando così una "leggenda".

Secondo questa storia nel 1908 a New York, alcuni giorni prima dell'8 marzo, le operaie dell'industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l'8 marzo Mr. Johnson, il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie di uscita. Poi allo stabilimento venne appiccato il fuoco (alcune fonti parlano di un incendio accidentale). Le 129 operaie prigioniere all'interno non ebbero scampo.
Effettivamente non esiste alcun tipo di prova e documento che affermi l'esistenza di un fatto storico che confermi l'episodio delle oltre 129 donne bruciate vive in un incendio di una fabbrica dal proprietario perché le donne erano scese in sciopero.
Questa storia prende spunto da un reale fatto di cronaca, un incendio avvenuto nel 1911 (quindi dopo, e non prima della tradizionale data di nascita della festa, il 1910), a New York, nella Triangle Shirtwaist Company. Le lavoratrici non erano in sciopero, ma erano state protagoniste di una importante mobilitazione, durata quattro mesi, nel 1909. L'incendio, per quanto le condizioni di sicurezza del luogo di lavoro abbiano contribuito non poco al disastro, non fu doloso. Le vittime furono oltre 140, ma non furono tutte donne, anche se per il tipo di fabbrica erano la maggior parte. I proprietari della fabbrica si chiamavano Max Blanck e Isaac Harris, vennero prosciolti nel processo penale ma persero una causa civile. Ma soprattutto l'8 Marzo non ha nulla a che fare né con lo sciopero (iniziò il 22 Novembre) né con l'incendio (avvenne il 25 Marzo).
La versione comunista fu riportata in Italia nel 1952 da "La lotta", settimanale edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. L'Unione Donne Italiane distribuì nello stesso anno alle iscritte libretti con un resoconto dell'incendio di New York. Nel 1954 Il Lavoro, settimanale della Cgil aggiunse un fotomontaggio di Mr. Johnson con la bombetta che si fa largo tra la massa di donne tenute dalla polizia.[2]


Quella che segue è la versione dei fatti divulgata da diversi siti di Internet...


Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia. Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica. Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagonistele rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.
Ai giorni nostri la festa della donna è molto attesa , le associazioni di donne organizzano manifestazioni e convegni sull'argomento, cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi che pesano ancora oggi sulla condizione della donna, ma è attesa anche dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di mazzettini di mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza. Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si manchi di festeggiare queste data, è andato in massima parte perduto il vero significato della festa della donna, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile, come possiamo leggere sui giornali, che danno grande rilevanza alla cosa, riproponendo per una volta i ruoli invertiti.
Per celebrare la festa della donna, bisogna comportarsi come gli uomini?

Testo tratto da Italia Donna

mercoledì 7 marzo 2012

DECALOGO PRATICO per l'Uomo della Tradizione

Codice minimo di stile di vita legionario

1) Alzarsi presto al mattino.
Obbligarsi a fare qualche esercizio - Lavarsi con l’acqua fredda

2) A testa alta
Fare almeno un piccolo tragitto a piedi . Affrontare la giornata guardando il cielo, l’alba, le nuvole, dedicando qualche momento alla preghiera. Osservare e amare la Natura in tutte le sue espressioni.

3) Nessuna scorciatoia - Se si hanno più cose da fare, cominciare da quella più gravosa
Cercare soddisfazione solo nel dovere compiuto e non nel guadagno - Dare valore solo alle cose ottenute grazie al proprio lavoro - Disdegnare ciò che non ci appartiene o che ci arriva immeritatamente

4) Dare il meglio - Appena svolti i propri compiti, donare il tempo che avanza alla militanza.
Spendere una parte consistente del proprio tempo libero e del denaro non strettamente necessario per l’attività comune, la formazione, la diffusione di materiale militante.

5) Prendersi cura - Essere vicino a chi ha bisogno
Telefonare o scrivere a una persona anziana o ammalata oppure a un nostro reduce; a un camerata in prigione o che vediamo particolarmente solo

6) Educare la mente - Non compiere un’azione senza prima aver riflettuto
Non bestemmiare, non praticare il turpiloquio - Non dire menzogne – Mantenere ordine nelle proprie cose - Obbligarsi a imparare almeno una frase o una citazione a memoria al giorno

7) Rispetto di sé stessi - Privarsi dei vizi
Non ubriacarsi mai e rifiutare qualsiasi forma di “sballo” (droga, alcool, musica eccessiva) - Essere sempre in ordine e puliti senza narcisismi - Mantenersi in forma senza eccedere nel culto del fisico

8) Rispetto per gli altri – Guardare sempre negli occhi le persone quando si parla
Essere sempre puntuali, anche negli appuntamenti informali o meno importanti – Evitare di avere atteggiamenti volgari, arroganti, insofferenti

9) Sobri e austeri - Non sprecare mai nulla
Parlare solo quanto serve – Non mangiare o bere troppo – Evitare l'ostentazione di abbigliamento e accessori – Rifuggire dal desiderio del lusso o del superfluo – Imparare a risparmiare senza diventare avari

10) Riposare la mente - Consacrare la serata alla lettura piuttosto che “spegnere il cervello” guardando la televisione. Rimanere almeno 10 minuti in silenzio - Non raggiungere il letto solo quando si è allo sfinimento – Prima di dormire rileggere questo Decalogo e capire cosa (e perché) non si è fatto

La responsabilità del femminismo nella catastrofe sociale

Proponiamo un ottimo articolo dal blog www.wolfstep.cc (che gentilmente ringraziamo), in vista dell'8 Marzo, la festa della donna tanto cara al femminismo. Una riflessione notevole e utile.



Innanzitutto, un punto fermo: il femminismo ha fallito catastroficamente, e ha fallito sistematicamente tutti gli obiettivi che si prefiggeva. Attenzione, perche' non dico semplicemente "ha fallito": quando uso questa espressione intendo dire che il femminismo e' stato sconfitto. Che ha perso la battaglia. Che le truppe nemiche hanno camminato sul territorio che le femministe dovevano difendere, lo hanno preso, lo hanno straziato , masticato e sputato da parte.
Non parlo quindi di "fallimento" storico, ma semplicemente di sconfitta, nel senso piu' militare del termine. Il primo problema, quindi, e' quello di capire perche' io usi un termine militare. E la ragione e' molto semplice: perche' lo hanno usato loro. La parola "lotta" e' un termine militare, e indica uno scontro teso a far prevalere la propria volonta' su quella del nemico mediante l'uso di mezzi e metodi materiali dominanti. Le femministe usavano la parola "lotta", quindi si riferivano al mondo militare. Nulla di male, dunque, che le si sia combattute e schiacciate usando metodi (anche se non sempre i mezzi) tipici del mondo militare.
Quando parlo del femminismo, sto quindi parlando di una tomba, una tomba ai caduti di una guerra persa. E non ne parlerei se tale cultura non avesse preteso, con la prepotenza, di determinare l'educazione degli uomini. Ora, la cosa che mi e' sempre seccata del femminismo e' stata che le femministe non si accontentano di disegnare un nuovo modello di donna e di femminilita': pretendono anche che al maschio essa piaccia.
Ovviamente, avendo a che fare con maschi adulti, non avevano speranza: come dicevo, il guaio e' che ad un certo punto hanno iniziato a portare nel sistema educativo la loro voglia di vendetta. Una donna socialista che conobbi mi disse che "ah, le femministe. Ho due figli e due figlie, e tutte e due le figlie hanno avuto una fase femminista. Quella in cui invidiano l'uccello dei fratelli. Se non le fermi in questo periodo, la fase successiva e' di odiare i fratelli perche' hanno l'uccello, e se stesse perche' non ce l'hanno".
Allora non sapevo quanto il fatto di avere figli e di osservare le fasi dello sviluppo umano possa aprire gli occhi riguardo a molti cosiddetti adulti; oggi mi rendo conto che ad osservazioni del genere da parte di madri e padri di famiglia avrei dovuto dare piu' peso.
Anche perche' mi rendo conto di quanto quella donna avesse ragione.Ho fatto l'esempio dell'educazione femminista che alcuni "consultori" facevano a spasso per alcune scuole superiori emiliane. Apparentemente l'intento era nobile: fornire un'educazione sessuale agli adolescenti dei primi anni '80, che iniziavano ad essere bombardati da modelli "drive in". In realta' Drive In era molto piu' educativo di loro. L'ossessione di queste femministe era lo stupro. Posso capire che il reato sia grave ed orribile, quale e', anche l'omicidio lo e' ma io non ne sono altrettanto ossessionato.
Un tempo sospettavo che queste femministe fossero tali perche' avevano subito violenze. In seguito ho conosciuto alcune donne che ne avevano effettivamente subite, e mi sono reso conto che il tipo umano NON e' lo stesso: il tipo umano della femminista non e' quello della donna abusata, e' quello della donna che inventa l'abuso di sana pianta per colpire un uomo. Non credo che alcuna femminista abbia mai subito un vero abuso, penso semmai che abbiano sempre millantato di averne subiti: le donne che ne subiscono davvero prendono atteggiamenti e strade molto diverse.
Se le femministe sono incapaci di parlare dieci secondi senza nominare la parola stupro non e' perche' ne abbiano subito uno: semplicemente perche' e' l'unica accusa , l'unico reato penale di genere, cioe' l'unico che possa venire usato a giustificazione per il loro odio altrimenti ingiustificabile , se non con la loro malvagita' intrinseca.
Ma torniamo a bomba: l'ossessione di queste donne che venivano ad insegnare la contraccezione (e ovviamente quanto erano malvagi certi uomini) era lo stupro. Ci tennero un corso lunghissimo per spiegarci, inculcarci, martellarci un concetto: la donna non vi provoca MAI. O meglio, mai abbastanza da sentirvi autorizzati a pensare che "ci stia".
Ora, l'erotismo ed il corteggiamento hanno un linguaggio, e come tutti i linguaggi si presume di poterci veicolare dell'informazione. E' chiaro che se esiste la situazione materiale nella quale una donna vuole farti sapere di essere disponibile, dovra' lanciare qualche messaggio. Il messaggio di queste signore era il seguente: quando una donna vuole farti sapere che gli piaci manda dei segnali. Ma questi segnali non ti autorizzano a pensare che le piaci.
In pratica, un segnale significava qualcosa, ma guai a pensare che significasse quella cosa. Cosi', se una donna esce con un uomo e si mette in tiro , secondo queste signore era una libera scelta nel campo dell'abbigliamento. Molto bene. Come faccio allora ad accorgermi se una mi lancia dei segnali? Lo vedi subito: se per venire con te al cinema si mette in tiro. Facile, eh? L'ideale per dissipare la confusione nella mente di un adolescente.
A questa evidente contraddizione e alle relative domande, le signore del "consultorio familiare", assunte su specifiche di partito e ideologizzate dalla testa ai piedi, non rispondevano mai. Ho sempre pensato che lo facessero perche', ovviamente, non c'e' alcuna risposta. Ma non era vero, e mi mancava la percezione di qualcosa che oggi percepisco molto meglio: la cattiveria, la malvagita' intrinseca , l'odio verso il prossimo, nella cultura di sinistra degli anni '70.
La verita' e' che quelle signore hanno costruito e diffuso (non solo attarverso la scuola) una cultura contraddittoria e confusionaria. E lo hanno fatto apposta per produrre dei maschi inetti e confusi.

La generazione di uomini che ha subito questa cultura come fattore educativo e' stata letteralmente castrata ed e' entrata in crisi subito dopo i trent'anni, diventando un ammasso di falliti sentimentali, divorziati nevrotici e piagnucolosi puttanieri. E non e' successo per caso, e' successo per via di un odio furibondo, malvagio e e viscerale coltivato per anni e riversato su di loro sotto forma di "cultura" quando erano adolescenti.
Liberare le tre puttane del "consultorio familiare" dentro la scuola pubblica con la scusa dell'educazione sessuale e' stata una delle cose piu' meschine che si potessero fare; per una ragione molto semplice, ovvero che si e' approfittato della buona fede di persone giovani che tutto sommato si affidavano all'autorita'.
La domanda che mi faccio piu' spesso e ': perche' non fare una simile operazione di "educazione sessuale" dentro un luogo abitato da maschi piu' adulti ed aggressivi , che so io, una caserma? Per una ragione molto semplice: quando il maschio e' educato ad essere un maschio, cioe' ad adattarsi, aggregarsi e battersi, risponde con la violenza alla violenza e con la rabbia alla rabbia. Probabilmente le avrebbero ammazzate di botte, e nemmeno chiamare i MA.SDI(1) avrebbe potuto salvarle dalla meritata morte per soffocamento da emorraggia nasale.
Una classe delle scuole superiori e' diversa. E' diversa perche' tende ad accettare l'autorita'. L'adolescente sta costruendo la propria identita' e se viene contestato dall'autorita' tende prima a reagire con delle domande critiche, infine con l'autocritica. E se le persone che si suppone debbano educare l'adolescente lo odiano e vogliono castrarlo, quello che si ottiene e' un disastro.
Credo di aver evitato solo in parte, deviando altrove, quell'operazione culturale. Solo in parte perche' comunque rimango incapace di distinguere i segnali di quel tipo. Non so se dare la colpa a loro, perche' dopotutto nel periodo in cui uno dovrebbe imparare quei segnali , ero in altre faccende affaccendato. Del resto, se avessi imparato la loro logica, probabilmente oggi sarei archiviato alla voce "maschio in crisi" e sarei un frequentatore di bordelli.
La mia opinione e' che si sia trattato di una operazione di odio su vasta scala, un odio senza limiti che non si faceva scrupoli di colpire i giovani. In realta', un maschio in crisi per via della contraddittorieta' delle richieste sociali volute dalla cultura del periodo era cio' che volevano; il motivo era che contemporaneamente stavano insegnando la prepotenza alle donne del periodo.
Ora, stabilito che la donna sia fisicamente piu' debole del maschio, in che modo e' possibile insegnare la prepotenza ad una donna? E' possibile se dall'altro lato si crea un maschio debole e confuso, che non stringe i pugni e non risponde alla prepotenza con l'unico modo possibile: il combattimento.
Perche' un concetto e' chiaro: quando l'uomo stringe i pugni (metaforicamente o meno) e combatte facendo del male all'avversario, colpendo senza pieta' e continuamente, cioe' nell'unico modo sensato di combattere, semplicemente vince. E vince specialmente quando combatte in gruppo, forte di un concetto quasi assente nel mondo femminile, che e' il cameratismo.
Qual'era l'unico modo con il quale queste donnette da quattro soldi potevano sopravvivere all'urto? Ovviamente , era quello di creare maschi incapaci di cameratismo ed incapaci di battersi. Ed e' quello che hanno fatto.
Il problema e' che hanno agito per troppo poco tempo, e non sono riuscite a produrre piu' di qualche Marrazzo. Si', parlo proprio di lui: quello e' il tipico prodotto dell'educazione di quel periodo. Un maschio che non si batte quando riceve un sopruso, e alle prime pressioni invece di contrattaccare e tirare fuori i pugni si mette a fuggire e si rifugia in un convento prima e tra le braccia della moglie-mammina poi. Una mezzasega castrata.
Insisto su questo particolare da frequentatore di palestre ed ex praticante di rugby. Guardando i film, tutti noi pensiamo che saremmo capaci di combattere. Ed in effetti, fisicamente lo saremmo: anche se con esiti alterni il combattimento non dipende dalla tecnica quanto dall'esperienza. Ma non lo siamo, non siamo pronti al combattimento: chi e' andato in palestra sa bene il perche'. Inibizioni. Il maschio viene inibito ad esprimere la rabbia.
La prima difficolta' che avrete se salite sul ring o sul tatami e' quella delle inibizioni verso la violenza e verso lo scontro. Il vostro primo errore sara' di stare troppo lontani dall'avversario, di non mirare davvero al volto per non fare male. Questo avviene perche' la societa' ci ha inibiti verso la violenza: la violenza e' come la musica; e' come ballare davvero: dovete esprimere la vostra aggressivita', tirare fuori quel che avete dentro, e quindi rompere delle inibizioni.
Sono le inibizioni il principale ostacolo, cio' che separa l'uomo moderno dal combattente: una serie di inibizioni che vengono dall'educazione. Cosi' come molti si sentono timidi ed impacciati a cantare ad un karaoke, cosi' come molti si sentono timidi ed impacciati nel ballare da soli al centro della pista sotto gli occhi di tutti, la stragrande maggioranza dei maschi prova delle serie inibizioni al combattimento corpo a corpo.
E' ovvio che mano a mano che l'avversario e' piu' vicino provate un senso di paura; quel senso di paura significa pericolo, ed e' un bene. Nella Boxe, quando avete paura perche' l'avversario e' troppo vicino e' il momendo di chiudersi e dei montanti e dei ganci, nel Muay Thai e' il momento di distanziarlo a mai geri o a ginocchiate , nel Judo e' il momento dell' ippon. Nel Rugby e' il momento di abbassare il baricentro e spingere come dei dannati. O passare all'indietro. E' un punto di non ritorno, quello in cui o fate qualcosa o subirete l'attacco.
Questo momento, il "momento del non ritorno", non e' solo qualcosa che riguarda il combattimento fisico. E' qualcosa che riguarda l'intera vita del maschio : ad un certo punto c'e' un momento di non ritorno, nel quale l'avversario e' troppo vicino, pericolosamente vicino, e dovete scegliere cosa fare. Cosi' come c'e' il momento che corrisponde a quello in cui salite sul ring, o sul tatami: non potete piu' tornare indietro, adesso dovete combattere. Se avete paura, la risposta giusta e' : iniziate a colpire. La risposta sbagliata e': tiratevi indietro, chiamate l'arbitro o fuggite. Il combattimento e' solo una metafora della vita, e quindi il maschio inibito nello scontro fisico non ha chances nemmeno nella vita. O come amava dire il mio ex maestro Flavio Monti, "se non hai mai praticato nessuna arte marziale in vita tua, non sei un uomo".
E qui torniamo al dunque: che cosa stavano creando le femministe dell'epoca? Stavano creando un modello di donna caratterizzato prima di tutto da una grande prepotenza. Cosi', per farlo dovevano per forza di cose produrre un maschietto castrato e inibito nei confronti dello scontro fisico, e di conseguenza inibito di fronte a qualsiasi occasione di lotta. In pratica, forse con una certa onesta' intellettuale, avevano capito che la loro "lotta" non aveva nessuna possibilita' di vittoria se anche l'avversario combatteva contro di loro: l'unica loro possibilita' era di creare una nuova generazione di maschi inibiti, e il modo con cui potevano farlo era di creare un maschio inadatto , inetto nelle tre specialita' del genere maschile, ovvero : adattarsi(2) , aggregarsi e battersi.
E in parte ci sono riuscite: quella massa di mezzeseghe piagnucolanti che vedete in giro sono proprio il risultato di questa cultura.
Sia chiaro: non ho alcuna pieta' per loro, e non li giustifichero' certo per via della loro educazione. L'istinto materno non mi appartiene. Credo in quello che e' il richiamo della foresta: se subisci una prepotenza, ti si devono gonfiare le vene del collo, ti deve venire spontaneo assalire il tuo avversario, devi avere voglia di farlo. Se non ti succede, non piagnucolare per l'educazione che ti hanno impartito: non ti sto dando una giustificazione. Se le donne ti hanno ridotto a mal partito, e' perche' non ti sei battuto: non solo le donne, ti hanno sconfitto. E se pensi che le regole siano contro di te, sappi che sono SEMPRE contro di te: "adattarsi" significa proprio questo. Vincere con qualsiasi regola.

Le regole di un combattimento, e quindi della vita, sono SEMPRE contro di voi perche' presumono che qualcuno possa sconfiggervi, e presumono che sia proprio lo scopo di ogni confronto contro chiunque. La regola dice che puoi perdere, essa e' per definizione contro di te.
Cosi', prima che mi scrivano i soliti "padri separati" (altre mezze seghe piagnucolanti) o elementi da sbarco come il "partito del vero maschio", sappiate una cosa: che non potete uscire dal ring. Mai. Ci siete entrati quando siete nati, e ne uscirete solo da morti. E non potrete nemmeno avere delle regole piu' favorevoli. Se non vincete non e' perche' le regole sono contro di voi, e neanche perche' c'e' da fare politica per riconoscere i diritti: e' perche' non vi battete assalendo l'avversario, facendogli del male, cioe' nell'unico modo possibile. Dovete proprio battervi, in prima persona, giorno dopo giorno, nella vita. Contro tutti quelli che salgono sul ring contro di voi.
Potete illudervi di scappare, ma in realta' state solo perdendo terreno, e prima o poi ve lo toglieranno tutto. Con i pugni o con qualsiasi altro mezzo, essere maschi significa questo: adattarsi, aggregarsi e battersi. E' scritto nei cromosomi: potete andare contro i vostri cromosomi? Certo: la madre degli imbecilli e' sempre incinta , ma mai quanto la madre di Darwin.
Cosi' , in generale il fallimento delle femministe e' dovuto all'aver rovinato solo una parte dei maschi. Fortunatamente non sono arrivate alla psiche di tutti. I castrati , quelli rovinati, sarebbero anche dalla loro parte. Il guaio e' che con quelli non ci fai la "lotta" e non vinci contro quegli altri, quelli non castrati. Gli altri maschi sono stati ingaggiati, sono stati sfidati alla "lotta", e quindi sono scesi sul ring a combattere. E hanno stravinto: non c'e' un solo mass media di oggi, un solo momento della cultura e della societa' che non celebri la sconfitta umiliante inflitta al femminismo storico.
Che il combattimento sia stato fatto dagli scontri in strada o dalla dialettica sociale e culturale conta poco: il concetto e' che la societa' ha reagito con aggressivita' e bellicosita' a questa operazione culturale, ed oggi le femministe hanno perso su ogni fronte: mai come oggi il femminismo puo' dirsi sconfitto, esanime e ormai umiliato. La societa' attuale sta praticando sino al parossismo ogni pratica contro la quale le femministe hanno lottato venendo sconfitte, come e' ovvio che sia per chi perde un combattimento: vae victis.
Quindi non credo che la mia opinione in merito sia cosi' rilevante rispetto ai fatti: mai come oggi vediamo rappresentata su ogni possibile media, in continuazione, la sconfitta e l'umiliazione del femminismo; e' il verdetto dello scontro, ed e' l'unico verdetto che conti qualcosa.
Il problema semmai sono le vittime della cosa. Sono quei maschi che hanno vissuto queste signore e i loro "valori" nel periodo che vuole il maschio essere educato a se' medesimo; che ne sono usciti mutilati o castrati, confusi ed in preda ad imput contraddittori. Se sentite di essere "uomini in crisi", lasciate perdere gli psicologi. Lasciate perdere i sociologi. State lontani dalle donne "progressiste". Avete le caserme e le palestre: dovete imparare a superare il momento in cui si sale sul tatami, il momento di non ritorno, quello oltre il quale potete solo battervi, quello in cui l'avversario e' pericolosamente vicino, e potete solo combattere. Solo questo vi puo' guarire dalla vostra "educazione".
Le palestre, cosi' come le caserme, se gestite dalle persone giuste vi cambiano la psiche: vi abituano a quel momento di non ritorno. E vi insegnano a battervi. Se imparate a battervi su un ring, il passo successivo e' il rugby, perche' vi insegnera' il cameratismo e la fiducia nell'altro che combatte dalla vostra parte.
Sono le uniche cure che mi vengono in mente: adattarsi, aggregarsi e battersi.
Certo, molti di voi penseranno che la metafora violenta sia eccesiva; forse perche' non avete mai conosciuto delle femministe storiche. Non si puo' discutere con quelle: vanno annientate. Cancellate.
E se avete dei problemi di coscienza, ricordate che loro vorrebbero fare lo stesso a voi. E se le lasciate libere di aprire bocca, lo faranno.

Uriel

martedì 6 marzo 2012

adesso accendi la stampante ......


Prossimi appuntamenti .....



Uno scatto di volontà .....


Questo periodo di riflessione ci è servito per definire meglio le attività che dovranno essere svolte da ora in poi. In un vecchio scritto viene consigliato che a volte per fare un passo in avanti occorre fermarsi a riflettere, farne due indietro e poi ripartire di slancio. Vogliamo seguire quella indicazione, nella convinzione che sia la migliore scelta di fronte alle disarticolazioni ed alle velleità che continuiamo a vedere sotto i nostri occhi.
Per tale motivo questo blog diverrà esclusivamente il riflesso virtuale di una organizzazione metapolitica che sta prendendo vita.
Il blog quindi, è stato messo a disposizione per un progetto di più ampio respiro e lascerà fuori le vicende particolari se esse non saranno rigidamente riconducibili alle attività metapolitiche di azionepuntozero e delle organizzazioni da cui esso ha preso ispirazione. Ci auguriamo che questa nuova prospettiva possa essere un utile strumento per chi, come noi, crede nelle cose essenziali.
Il peggiore dei sistemi politici può anche sopravvivere con un uomini di qualità, per questo, non sarà nostro compito inventare formule o nuovi progetti metapolitici. Quello che riteniamo essenziale, come ebbe a sottolineare Julius Evola, è che 
"... prima di pensare ad azioni esteriori, spesso dettate solo da momentanei entusiasmi, senza radici profonde, si dovrebbe pensare alla formazione di sè, all'azione su di sè, contro tutto ciò che è informe, sfuggente o borghese."

lunedì 5 marzo 2012

Ricerca film, periodo 1930 -1945


Cari amici e appassionati cultori dei film italiani dal 1930 al 1945, il discorso sarebbe molto lungo. In questo primo messaggio vedrò di darvi le prime notizie di maggior interesse in mio possesso. Tempo or sono l' Istituto LUCE ha emesso sul mercato un certo numero di film che ci potevano interessare. Li ho tutti acquistati. Ve li elenco:
1) CAMICIA NERA di Giovacchino Forzano con - fra gli - Camillo Pilotto, Carlo Ninchi 1933
2) I 300 DELLA SETTIMA Di Mario Baffico 1943 ( gli alpini sul fronte albanese)
3) 13 UOMINI E 1 CANNONE di Giovacchinoo Forzano 1936
4) PASSAPORTO ROSSO di Guido Brignone con Isa Miranda Filippo Scelzo, Tina Lattanzi 1935
5) UNO DEI TANTI la presa del potere in Germania da parte del Nazionalsocialismo 1935
6) ARDITI DELL' OCEANO film tedesco di guerra 1941
7) AQUILE D' ACCIAIO 1941
Ne sono seguiti altri ma non mi sono in seguito interessato poichè la pellicola era difettosa come anche il sonoro.
Ho acquistato in una cineteca il film di Carmine GALLONE : " SCIPIONE L' AFRICANO in buone condizioni. HO SCARICATO NEL PROGRAMMA " EMULE " tutti i film che ci possono interessare: Alfa Tau, Ettore Fieramosca, La Nave bianca, Marinai senza stelle, L'uomo dalla Croce: Si possono accettare anche se in tanti riscontro un sonoro difettoso. Segnalo che la " Cineteca del Friuli " ( cdf@cinetecadecadelfriuli.org ) possiede un CD intitolato " La città dolente " 1949 sull'esodo di Pola.
Segnalo pure per chi non ne fose al corrente un libro fondamentale per quanto ci può interessare: " IL VENTENNIO IN CELLULOIDE" di Alberto ROSSELLI.
E' da anni la mia passione per il recupero di una cinematografia abbandonata all' incuria affinchè possa trovare nuovo e decoroso spazio. Mi muovedrò ancora in tutti i sensi possibili per arrivare a un risultato positivo. Non ho molte speranze. Finora il LUCE ha rimasterizzato e portato sul mercato l' " ASSEDIO DELL' ALCAZAR" nella sua versione originale. E' troppo poco. Pensiamo ai film di 100 e più anni fa conservati e rimasterizzati dalla cinematografia americana. Quì da noi vige invece l'incuria e il disinteresse più profondo.
Diamoci da fare tutti e teniamoci in costante contatto
con le più vive cordialità.
 
GUIDO MONDOLFO