lunedì 30 novembre 2015

Corneliu Zelea Codreanu [ in memoriam ]


"L'obbiettivo del politicante è accumulare ricchezze; il nostro, di costruire una patria rigogliosa e potente. Per essa lavoreremo e costruiremo. Per essa faremo di ogni romeno un eroe, pronto alla lotta, pronto al sacrificio, pronto alla morte."

Corneliu Zelea Codreanu, 30/11/1938 - 30/11/2015

SEGUIRE LA LUCE, SEGUIRE L'ESEMPIO

Azione virtuosa come azione impersonale. Essa è tale solo perchè spontanea e non mossa da desideri individualistici ed egoistici. Nel momento in cui la compiamo con lo scopo di trarne giovamento materislistico personale, essa si svilisce irrimediabilmente. Il fine deve essere semplicemente il bello ed il giusto, a beneficio della comunità.
La paura di "andar contro" ad altri, il pensiero di attirarci antipatie ed incomprensioni, non ci tocca, perchè siamo sicuri di agire nel giusto e non ci poniamo problemi nel dire e fare ciò che veramente siamo.

"Se amiamo la virtù solo per il fatto che vien notata, la macchiamo di orgoglio. Noi non siamo più virtuosi nel momento in cui desideriamo che la virtù, che riteniamo aver raggiunto, sia vista e ammirata. Così avviene per tutte le virtù. Esse sono belle e dolci se le amiamo di per se stesse, se le coltiviamo per il solo piacere di averle raggiunte.
Noi procediamo nella vita senza neanche pensare al fatto che potremmo non essere compresi. I cuori senza complicazioni non immaginano le complicazioni degli altri. I cuori puri non immaginano che altri cuori siano maligni o impuri" Leon Degrelle

venerdì 27 novembre 2015

A proposito di Jihad...



(Fonte: www.ildiscrimine.com)

Pare incredibile, eppure, mentre giornali e tv, coi loro “autorevolissimi” commentatori ed “esperti”, sproloquiano di “jihad” (ar. jihâd) senza neppure sapere di cosa stanno parlando, dopo quasi quindici anni dall’11 settembre 2001 questa fatidica e ‘terrificante’ parola ed i suoi derivati non vengono ancora scritti correttamente. Ora, non si pretende una pronuncia sopraffina per chi non è addentro alla lingua araba, ma sarebbe già qualcosa saper mettere in fila queste cinque lettere j-i-h-a-d (con la possibilità di una “g” al posto della “j”) che in traslitterazione danno l’equivalente di un termine arabo tra i più bistrattati ed equivocati.

Ma procediamo in ordine, prima di addentrarci nei significati di “jihâd”, e partiamo dalla pronuncia e dalla relativa trascrizione in caratteri latini. Una semplice operazione di cui è capace un ragazzino di prima elementare, che pare sovrumana per dei giornalisti professionisti con tanto di stipendio.

Si legge e si sente così, qualche volta, “jiadh” al posto di “jihad”, e più spesso “jiadhisti” invece di “jihadisti”, con lo strafalcione “jidahisti” che nei telegiornali è praticamente un “must”.

Dunque, mosso a compassione verso questa povera parte di umanità che si dimena tra ricerca del sensazionalismo e semplificazioni dettate ai “tempi” del mestiere e del pubblico che deve per forza “farsi un’opinione”, vediamo se una volta per tutte riusciremo a far scrivere e pronunciare decentemente ai “professionisti dell’informazione” queste due parole: “jihad” e “jihadisti”.

Ecco qua il compitino, corredato, a richiesta, da supporti audio forniti dal sottoscritto:

Giusto: jihad, jihadisti. Sbagliato: jiadh, jiadhisti (e jidahisti).

Fatelo se non altro per rispetto di una cosa che, anche se non l’avete capita e vi suscita istantaneamente ribrezzo, vi dà comunque il pane da mangiare! Finito l’esercizio di grafia e dizione, con le opportune semplificazioni per i non specialisti passiamo a spiegare qualcosa dei significati legati a queste due parole (quelle corrette!), e mi si perdoni se sembrerà che salgo in cattedra, peraltro autocitandomi perché non ho molto tempo per scrivere ex novo quello che avevo già scritto in maniera piuttosto dettagliata.

L’Islâm parte da una base realistica, e non descrive il mondo così come ci piacerebbe che fosse, con gli agnellini accarezzati da belve feroci, tipo l’iconografia di certe chiese statunitensi. La vita contempla anche il combattimento, la lotta, e chiunque lo sperimenta ogni giorno. La guerra fa parte della vita degli uomini e delle comunità. Ma l’importante è stabilire delle regole che assicurino il rispetto di alcune garanzie fondamentali e, soprattutto, contribuiscano a ristabilire al più presto le condizioni per una pace con giustizia e quindi duratura.

Dunque, per evitare fraintendimenti, bisogna spiegare che cosa è il jihâd, nel 99% dei casi tradotto con “guerra santa” senza aggiungere altro, senz’altro in malafede quando si tratta di inviati che da anni stanno al Cairo o a Gerusalemme (senza sapere l’arabo!). Di nuovo, dobbiamo rivolgerci all’etimologia. La radice triconsonantica jîm-hâ’-dâl (j-h-d) veicola i significati di “sforzo”, “impegno”, “assiduità”, “applicazione con zelo”. La forma verbale jâhada significa “combattere qn.”, ma al-jihâd fî sabîl Allâh è “il combattimento sulla Via d’Iddio”, un “sacro sforzo” per avvicinarsi a Lui. Qui l’Islâm distingue due tipi di jihâd: il “grande jihâd”, che è quello contro le proprie passioni, contro l’anima concupiscente dispersa nella molteplicità [la nafs ammâra bi-s-sû’: “il sé, l’anima che comanda il male”], ed un “piccolo jihâd”, quello da svolgere con le armi in difesa della comunità. Quest’ultimo, come è scritto nel Corano, non ha niente a che vedere con la guerra indiscriminata o “totale” moderna, dove le prime vittime sono le popolazioni civili proprio perché non esiste più la distinzione tra militari e non, essendoci un solo soggetto che svolge operazioni di “polizia internazionale” a caccia di ‘fuorilegge’ (e i popoli lo sono nella misura in cui sostengono i “dittatori”: per questo c’è l’embargo…), come nella migliore tradizione western. Tutto nel jihâd è sottoposto a regolamentazione: dal trattamento del prigioniero, alla spartizione del bottino eventualmente preso al nemico. Ma, ribadisco, il jihâd interiore deve prevalere su quello esteriore, anche mentre si svolge quest’ultimo, il che – s’intuisce – preserva il combattente dal commettere inutili efferatezze.

Purtroppo – e qui è evidente un processo degenerativo influenzato dall’importazione di una prassi politica non islamica – molti movimenti islamisti (lo studioso, invece, è un “islamologo”) assolutizzano il concetto di “piccolo jihâd” e ne fanno il jihâd tout court: in ciò sono assimilabili ai gruppi rivoluzionari laici, con l’unica differenza che cercano una legittimazione di tipo religioso. Detto questo, non vuol dire che i vari Bin Laden s’inventino dei problemi dal nulla: è semmai il tipo di risposta che danno che andrebbe sostituita con altre più genuinamente islamiche, ma non certo far finta che tutto vada bene e limitarsi a conformistiche e rituali pubbliche condanne, comprese quelle di “musulmani moderati” talvolta davvero patetici nel loro goffo tentativo d’ingraziarsi i nemici dell’Islâm. Già che ci sono, “musulmano moderato” non significa niente, se non “musulmano funzionale”, poiché l’Islâm ricerca sempre la moderazione, la “via mediana”, rifuggendo le esagerazioni».

E qui chiudo la lunga autocitazione, tratta da una mia raccolta di articoli, saggi ed interviste intitolata “Islamofobia. Attori, tattiche, finalità”, pubblicata nel 2008, che spero di poter ripubblicare presto in un’edizione ampliata ed aggiornata ai successivi sviluppi del problema.

A proposito di “aggiornamenti”, uno lo si può affrontare anche subito.

Si tratta del termine “jihadisti”, perlopiù scritto (e pronunciato) – come detto – “jiadhisti” o “jidahisti”.

Qui siamo di fronte ad una evoluzione, in senso negativo e limitativo, della nobile parola mujâhid (pl. mujâhidûn / în), che corrisponde a colui che compie il “combattimento” – interiore prima, esteriore poi – di cui alla lunga autocitazione. Nella storia araba ed islamica, fior di esponenti dell’esoterismo islamico sono stati mujâhid, dall’emiro algerino ‘abd el-Qader al più noto, per noi italiani, ‘Umar al-Mukhtar.

È avvenuto infatti che, a causa di una progressiva “politicizzazione” di concetti eminentemente spirituali, che ha prodotto tra gli altri il passaggio da muslim (”musulmano”, che segue e pratica la Via dell’Islam) a islâmî (“islamico”, ovvero militante o simpatizzante di un movimento politico “islamista”), dal concetto inteso in maniera riduttiva di jihâd, che ha il suo participio attivo in mujâhid, si è passati al neologismo jihâdî (“jihadista”), che identifica chi è rivolto primariamente ad un “combattimento” esteriore contro i “nemici dell’Islam” che egli ed i suoi capi individuano variamente a seconda della loro “ideologia islamica” di riferimento.

Ora, sia islâmî che jihâdî sono due aggettivi “di relazione”, i quali prevedono anche un uso sostantivale, mentre muslim e mujâhid sono due participi attivi, che indicano quindi, rispettivamente, “colui che compie” l’atto di “sottomettersi, arrendersi, abbandonarsi” al decreto divino, e quello di “combattere, sforzarsi, sulla Via d’Iddio”. Dunque, in questi due ultimi concetti (nomi per l’appunto “d’agente”, in Arabo) vi è un atteggiamento eminentemente attivo, che caratterizza tutto l’approccio del musulmano consapevole, checché ne pensino quelli che lo tacciano di “fatalismo” in senso deteriore e stereotipato.

Il fatto che da due participi attivi si sia passati, per quanto riguarda i moderni epigoni delle varie “ideologie islamiche”, a due aggettivi la dice lunga su come anche nel contesto arabo e musulmano abbiano fatto breccia i cosiddetti “-ismi”, che noi ben conosciamo, essendo la nostra storia (compresa quella delle idee) caratterizzata da una superfetazione di “-ismi” che altro non sono se non delle assolutizzazioni di concetti che, al loro livello, hanno un loro grado di “realtà”, e dunque di pertinenza, ma che resi praticamente il “centro”, un centro fasullo ed illusorio di tutto un “sistema” di pensiero, hanno solo prodotto disastri su ogni piano le cui conseguenze le paghiamo ancora.

È così evidente, che il fiorire di “-ismi” anche in ambito arabo e musulmano è nient’altro che lo specchio dell’espandersi a tutto il mondo di una malattia, di una progressiva incapacità di concepire ciò che va oltre le limitazioni dell’ego, la quale all’insegna del riduzionismo e dell’assolutizzazione di ciò che è relativo sta travolgendo il genere umano in conflitti sempre più distruttivi, dove ad affrontarsi, purtroppo, troviamo degli “avversari” che a ben vedere si somigliano più di quanto non sembri all’osservatore superficiale. Che, comprensibilmente spaventato e reso oltremodo islamofobo, si accontenta di sentir parlare di “jiadhisti” o “jidahisti” come sinonimo di “musulmano”!

Enrico Galoppini

Ripartiamo da Codreanu


Sabato 28 Novembre,ore 18.00
Ripartiamo da Codreanu
Incontro di formazione del militante
nel solco di ciò che eterno


giovedì 26 novembre 2015

I combattenti di Hezbollah pronti a liberare Palmyra; i mercenari dell’Isil si danno alla fuga


Redazione il 19 novembre 2015 - 10:55 in Medio OrientePrimo Piano

Il Movimento di Resistenza libanese Hezbollah ha inviato centinaia di combattenti nella provincia siriana di Homs, per partecipare insieme all’esercito di Damasco ad una operazione su larga scala per riconquistare l’antica città di Palmyra dai terroristi dell’Isil.
I preparativi per questa nuova operazione militare ha fatto scattare l’allarme tra le fila dei terroristi che, dopo le batoste incassate nelle ultime settimane, stanno cercando una disperata via di fuga dalla città martoriata di Palmyra.
Hezbollah è tra i principali alleati del governo siriano nella lotta contro il terrorismo; i combattenti libanesi hanno vinto molte battaglie nel Paese, soprattutto nella regione strategica lungo il confine libanese di Qalamoun.
Negli ultimi giorni le forze militari pro-governative hanno sfondato le linee dei mercenari dell’Isil a Tal Syriatel e Jabal Ma’ar, riconquistando il pieno controllo su questi due settori importanti. I militari siriani hanno fortificato le loro posizioni intorno alle aree riconquistate, per prevenire possibili tentativi di infiltrazione da parte dei terroristi.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha annunciato che l’organizzazione Da’ish (Isil) ha iniziato ad abbandonare i territori siriani verso la città di Mosul, in Iraq.

www.ilfarosulmondo.com 

mercoledì 25 novembre 2015

Yukio Mishima [ in memoriam ]


"Noi ora testimonieremo a tutti voi l'esistenza di un valore più alto rispetto alla vita. Questo valore non è la libertà, non è la democrazia. E' il Giappone. Non c'è nessuno tra voi disposto a morire per scagliarsi contro la Costituzione che ha disossato la nostra patria? Se esiste, che sorga e che muoia con noi! Abbiamo intrapreso quest'azione nell'ardente speranza che voi tutti, a cui è stato donato un animo purissimo, possiate tornare ad essere veri uomini, veri guerrieri."

Tratto da un discorso letto da Yukio Mishima il 25 novembre 1970, pochi istanti prima del suicidio rituale

martedì 24 novembre 2015

La visita di Carlo Panzarasa, presidente dell'associazione X-MAS — presso Campo della Memoria.




A novant’anni suonati, Carlo Alberto Panzarasa, il 14 novembre ha varcato il cancello del Campo della Memoria, solo dopo aver stretto le numerose mani dei tanti che lo hanno atteso per poterlo salutare e dargli il benvenuto.

Un sorriso per ognuno, una battuta per quanti già lo conoscevano e lo avevano incontrato. Autorevole nei suoi modi, nel suo aspetto e per quanto esternava del suo carattere nel muoversi tra gli spazi conosciuti del Campo, nel raccontare aneddoti del combattere nella Repubblica Sociale Italiana.
Davanti a lui lo squillo del nostromo e l’elevarsi verso il cielo della bandiera della Decima: l’alzabandiera in suo onore oggi. Asciutto, essenziale ed efficace, con le sue parole ci ricorda il valore della memoria e dell’importanza della sua trasmissione.
Legge per tutti la Preghiera del Marinaio mentre a semicerchio ci si dispone intorno a lui.
È la genìa della nobile spiritualità quella a cui appartengono alcuni uomini: solo alcuni. Coesistere anche solo per poco vicino ad uno di loro, fa cogliere quella straordinarietà che permea animo e cuore per sempre. Lo abbiamo salutato dicendogli come la sua presenza aveva scaldato i cuori alimentando la nostra forza per guardare avanti. 
Ha sorriso sereno e autorevole, restando indimenticabile.



lunedì 23 novembre 2015

Lotta all'ISIS, Europa inerme senza l'appoggio degli USA


L'indignazione e il clamore sollevati dai leader europei dopo gli attacchi terroristici di Parigi resteranno nell'aria: l'Europa non è in grado di dare una decisa risposta militare finchè gli Stati Uniti non saranno convinti della necessità di tali misure, ritiene il direttore del centro “Carnegie Europe”.

I raid aerei compiuti dalla Francia contro le posizioni dello "Stato Islamico" dopo gli attacchi terroristici di Parigi sono solo simbolici, dal momento che un tale affronto richiederebbe una risposta più ampia da parte dei Paesi europei, ritiene Jan Techau, direttore del centro "Carnegie Europe".

Secondo l'analista, un'operazione militare seria è possibile solo in un'alleanza con gli Stati Uniti, Paese che al momento si oppone ad un intervento terrestre nel conflitto in Siria. L'Europa è ancora in attesa del soccorso di Washington. Se gli Stati Uniti non intendono assumersi questo impegno, l'Europa rimarrà ferma.

Un altro problema è la mancanza di comprensione teorica delle finalità e degli obiettivi che il Vecchio Continente dovrebbe necessariamente risolvere in Medio Oriente con mezzi militari, ritiene il politologo.

"Nessuno in Europa è capace di definire gli obiettivi politici da raggiungere iniziando una guerra. Senza fissare obiettivi politici non ha senso avviare una campagna militare: le operazioni si protrarrebbero a lungo e comprometterebbero gli interessi degli stessi organizzatori."

"Senza un progetto politico e senza un potenziale militare non può esserci una politica estera forte, pertanto il clamore sollevato dai leader politici europei si tradurrà nel nulla," — scrive il direttore del "Carnegie Europe".

Conseguentemente gli europei continueranno ad agire in Medio Oriente come stanno facendo da molto tempo: aspettare una reazione degli Stati Uniti, aggiunge l'analista.

La politica estera europea è inesistente e copia quella degli USA: Bruxelles ha seguito la linea diplomatica di Washington ai colloqui sul processo di pace in Siria e seguirà la Casa Bianca se opterà ad un intervento militare per risolvere il conflitto.

Questa dipendenza è ritenuta dall'esperto molto pericolosa per l'Europa.

In primo luogo non è sempre comodo dipendere dagli altri e in secondo luogo gli europei non avranno altra scelta che seguire la politica di Washington anche quando porta al disastro, come è successo in Iraq.

(Fonte: www.sputniknews.com)

Cosa è Azione Punto Zero | Santa Severa - Santa Marinella | Civitavecchia

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Una comunità militante in lotta





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Diffusione materiale militante


Repubblica Sociale Italiana
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Continuità Ideale



Videoteca

Distribuzione Editoriale



Passeggiate Ecologiche

Presenza sui media locali con articoli e riflessioni

Comunità - Militanza - Controinformazione


TRADIZIONE - FORMAZIONE - RIVOLUZIONE




domenica 22 novembre 2015

Parigi - Santa Severa |



Con una settimana di ritardo e con altre tre stragi in giro per il mondo, qualcuno si ricorda di illuminare il Castello di Santa Severa con i colori della Republique.  Siamo commossi. 
Una corona di fiori, per le vittime, a Parigi, avrebbe avuto più senso. Chapeau.


Aldilà del fatto che pare che per l'amministrazione comunale esitano stragi di serie A e stragi di serie B, ci risulta davvero incomprensibile una simile manifestazione di solidarietà. Ormai siamo alla fiera dell'inconsueto, a chiunque passi qualcosa per la testa, lo spazio è dato.
Siamo così pasati dalle notti rosa, alle feste country, alle feste del pesce e alla fine alle fiere dell'ipocrisia sui morti. E' proprio vero, al peggio non c'è mai fine.

sabato 21 novembre 2015

A proposito di “minuti di silenzio”: cominciamo col rispettare noi stessi e la nostra storia!


[Fonte: www.ildiscrimine.com]

Ha destato un grande “scandalo” (mediatico, s’intende), la notizia riguardante alcune studentesse marocchine di una scuola di Varese che, al momento di osservare un minuto di silenzio per le vittime delle stragi di Parigi, hanno scelto di uscire dalla classe.

Il “caso” è stato prima cercato col lanternino (si pensi a tutti i casini che capitano in ogni scuola, ogni giorno), e poi spregiudicatamente sfruttato da tutti i vari “spettacoli di chiacchiere” (talk show) nei quali si avvicendano, senza mai arrivare a nulla che non sia il rinforzamento dei presupposti iniziali dei loro ideatori, “esperti”, opinionisti e signore (alcune delle quali notevolmente “rifatte”) invitate per l’unico motivo che hanno la coscia o la lingua lunga.

Queste “serpi” che si anniderebbero tra di noi, tra i banchi della “buona scuola”, sono state sbattute in “prima pagina” come il più celebre “mostro” del cinema italiano, e proposte fino alla paranoia all’ospite “islamico” di turno come “mala pianta” da estirpare dalla sua “comunità”. Come se tutti i musulmani appartenessero, per il semplice fatto di aderire da una fede, ad un’unica, tetragona ed impermeabile “genia”, gli atti di ciascuno della quale ricadrebbero automaticamente su tutti gli altri.

Tutto ciò è davvero odioso ed incivile, degno proprio di quella “barbarie” tanto esecrata....

[...]  Ed aggiungo che se veramente sono uscite dalla classe perché le vittime russe non erano state commemorate, con tale comportamento [le ragazze] hanno dimostrato un’indipendenza di giudizio che, comunemente, non viene riconosciuta alla media delle donne musulmane, specialmente quando sono religiose praticanti ed osservanti. La donna musulmana, infatti, per il solo fatto di accettare la sua funzione nella famiglia e nella società, metterebbe automaticamente il cervello (e la libertà di coscienza) in soffitta… Quello che è accaduto potrebbe rappresentare perciò un discreto spunto di riflessione per molti individui prevenuti, ma sappiamo bene che la donna musulmana “usa il cervello” solo se si ribella alla religione e si “occidentalizza”! A quel punto viene ammirata e rispettata, altrimenti ogni suo comportamento è esecrabile e dettato dall'”indottrinamento” ricevuto…

Ma quale che sia il motivo per cui sono uscite dalla classe, resta il fatto che questi “minuti di silenzio”, oltre ad avere una loro storia (nascono ad un certo punto) vengono adoperati a geometria variabile, a seconda degli umori del momento e, soprattutto, della “importanza” delle vittime (di serie A, B, C… fino alla Z: ricordiamoci del titolo del Giornale dopo il massacro sulla Freedom Flotilla: “Israele ha fatto bene”).

In poche parole, più che il “rispetto”, si finisce per far prevalere un conformismo dettato dall’alto, che siano istituzioni, intellettuali eccetera

Mi chiedo però quale autorità abbiano queste istituzioni, scuole comprese, per richiedere “minuti di silenzio” quando nascondono da settant’anni una marea di verità su quello che è successo a noi italiani… Migliaia di vittime di bombardamenti terroristici che facevano uso anche di ammennicoli atti a suscitare l’interesse dei bambini. Addirittura scuole sventrate con gli scolari dentro (Gorla) e giostre saltate in aria con tutti i bimbi sopra (Grosseto). E non c’è stato uno, dico uno, studente delle nostre scuole che è mai stato portato lì a mettere un fiore.

Con queste premesse, non ci si meravigli che “sei studentesse islamiche” non “rispettino” ciò che viene proposto da chi non ha mai rispettato, per primo, se stesso!

 Enrico Galoppini

venerdì 20 novembre 2015

SANTA MARINELLA | Minghella, l'ACEA, il contratto e le firme

Cogliamo dai media locali che, a differenza di altri, il delegato al Bilancio Minghellla, si dà un gran da fare, per ripianare le spese inutili e sgamare le annose inadempienze del gestore idrico di Santa Marinella.
Già da diverso tempo ha chiesto al gestore il motivo per il quale la manutenzione e l'ammodernamento degli impianti non è stato portato a termine. Poi è stata la volta dei crediti mai chiesti e riscossi dai precedenti assessori (tecnologico e bilancio), adesso la questione è relativa allo sportello informazioni chiuso e non più riaperto. Non mettiamo in discussione il suo operato, la domanda però - è il caso di dirlo - sorge spontanea. Premesse le colpe di chi ha fatto i propri interessi (ACEA), cosa dire dei suoi colleghi predecessori che siedono in maggioranza e che in questi anni - sull'argomento - si sono fatti sonni profondi?
Che dire poi del fatto che se una parte non rispetta i patti di un contratto, anziché fare raccolte di firme, è il caso di impugnare il contratto stesso, per portarlo davanti ad un giudice per ingiungere alla parte inadempiente di tornare alla legalità (e magari pagare anche i danni)?

Insomma, crediamo nella buona fede del delegato, a patto che una volta che le firme e i richiami ai colleghi della maggioranza si sono trasformate in fuffa, si proceda con la dovuta energia, giudiziaria.

Dal Gruppo controinfo@comune, pubblichiamo volentieri la gentile risposta del Delegato al Bilancio, Dott. Minghella:

Emanuele Minghella Salve [...] per la questione della riapertura del punto ho avuto comunicazioni oggi. Aspetto in settimana l'ufficialità. Successivamente faremo delle comunicazioni. Purtroppo debbo "perdere" una settimana ai tempi che mi ero prefissato. Ma ci può stare.

DA CIVONLINE (che ringraziamo gentilmente per la cortesia)



S. MARINELLA – Il delegato al Bilancio Emanuele Minghella, incaricato dal sindaco Roberto Bacheca a trattare con l’Acea per risolvere le problematiche che tutti i cittadini si trovano ad affrontare per le mancanze e i ritardi con cui l’azienda romana che ha in gestione il servizio di pronto intervento sulle condotte idriche e fognanti della città, ha deciso di mettere da parte la diplomazia e di intraprendere con i dirigenti Acea un atteggiamento più deciso, affinchè la società romana rispetti gli impegni presi nell’accordo sottoscritto nel 2004. Uno dei nodi fondamentali che il consigliere deve sciogliere è quello della riapertura del Punto Informazioni che era stato istituito da Acea a Santa Severa Nord e che da mesi ha chiuso i battenti, secondo alcuni definitivamente. «In riferimento alle voci circolate sulla possibile chiusura definitiva del punto d’ascolto di Acea Ato2 situato nella zona industriale di Tolfa – dice Minghella - preciso che, come già comunicato nell’incontro con il presidente Paolo Saccani e confermato un mese fa dalla stessa azienda, la chiusura doveva essere solo momentanea. Se l’Acea non dovesse mantenere la parola data sulla riapertura del punto informazioni e soprattutto sugli interventi idrici e fognari programmati nelle zone Belvedere e Colfiorito prossime alla progettazione definitiva e all’assegnazione dei lavori, mi impegnerò personalmente per dare ufficialità a quanto detto».
«A tal proposito - prosegue Minghella - ho chiesto l’intervento diretto dei sindaci Bacheca, Landi e Battilocchio che, come noi, hanno gli stessi problemi. I tre sindaci hanno inviato alcuni giorni fa una missiva dove chiedevano risposte chiare e concrete sullo sportello informativo. Ovviamente, la nostra volontà è quella di riaprire il più presto possibile, altrimenti inizierò a martellare la dirigenza fino a quando non avranno ottemperato alle loro promesse. L’azienda non ha assolutamente risposto alle sollecitazioni dei sindaci, per cui proprio oggi manderò una nuova nota al presidente Saccani per ricordargli del suo impegno. Se per mercoledì il dirigente non mi darà una risposta, annuncio sin da ora che mi impegnerò personalmente ad una raccolta di firme per chiedere la risoluzione del contratto con Acea».
Gi.Ba
(13 Nov 2015 - Ore 20:48)

mercoledì 18 novembre 2015

Nell'Europa dell'accoglienza sarà crisi sociale


Fonte:/www.ildiscrimine.com)
Ho già avuto modo di evidenziare le differenze fra migranti, rifugiati e profughi. I primi, emigrati volontariamente per motivi prevalentemente economici; i secondi, riparati all’estero per sfuggire ad una ingiusta e grave persecuzione; gli ultimi, infine, costretti ad espatriare da momentanee ancorché gravi emergenze: guerre, carestie, catastrofi naturali.
A parte i pochi rifugiati veri (cioè i perseguitati che se tornassero in patria andrebbero incontro ad una punizione immeritata e spesso crudele), i due flussi che in questo momento si riversano in Europa hanno caratteristiche diverse: il flusso africano (che investe Italia, Spagna e Francia) è in larghissima parte formato da semplici migranti economici, anche se la maggior parte di costoro afferma di essere fuggito da improbabili persecuzioni o da guerre di cui si sconosce l’esistenza; il flusso asiatico (che investe la Grecia e punta sulla Germania) è in buona parte formato da profughi veri – specie siriani e iracheni – con l’aggiunta di una non trascurabile aliquota di migranti economici provenienti da vari paesi asiatici e mediorientali, spesso dotati di falsi passaporti siriani, che – si dice – verrebbero fabbricati dai servizi segreti turchi.
Ed è appunto su quest’ultimo filone – quello dei profughi in marcia attraverso i Balcani – che intendo soffermarmi. Naturalmente, tralascio per ora alcune riflessioni sulle cause remote di questo fenomeno (ma sarà utile tornarci in uno dei prossimi numeri) e vengo alla stretta attualità. Si tratta – dunque – di un’ondata migratoria che ha la propria piattaforma di partenza in un Paese ostile all’Europa (in questo caso la Turchia di Erdoğan, come nel nostro caso la Libia delle milizie islamiche) e che si riversa nel nostro Continente attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”. Attenzione, però, questi profughi (parlo naturalmente dei profughi veri, non degli afghani con passaporto turco-siriano) hanno già trovato un asilo temporaneo nei Paesi immediatamente a ridosso dei confini della loro patria: non fuggono più dai bombardamenti o dalle esecuzioni di massa dell’ISIS, e non sono perciò in quel “grave ed imminente pericolo” che impone agli Stati civili di dar loro accoglienza. Semplicemente, hanno fin qui condotto una vita grama nei campi di raccolta dei Paesi confinanti ed hanno perciò deciso di emigrare verso le nazioni europee, dove sperano di trovare condizioni di vita migliori che non in Turchia, in Libano o in Giordania. Da profughi, si sono oggettivamente trasformati in migranti economici; non chiedono, quindi, riparo dalla guerra o dalle follie jihadiste, ma soltanto di poter trovare migliori e più confortevoli condizioni di vita. Cosa perfettamente legittima, umanamente comprensibile, più che comprensibile. Solo che – attenzione – mentre le nazioni civili hanno l’obbligo (morale, se non anche giuridico) di accogliere chi fugge da una guerra, tale obbligo non sussiste nei confronti di chi è “in cerca di una vita migliore”. Il perché è evidente: se si abolissero le frontiere (i “muri” che tanto inquietano gli utopisti di casa nostra) e si desse a chiunque il diritto di fissare la propria residenza ove più gli aggrada, nel giro di pochi anni verrebbe completamente distrutto il sistema politico, giuridico, sociale, economico, antropologico-culturale che ha finora retto la vita dei popoli e gli equilibri internazionali, precipitando il mondo intero in una fase di totale e brutale anarchia.
Senza voler avventurarci in previsioni di lungo periodo, questa invasione di profughi mediorientali – come anche l’altra di migranti africani – ha una connotazione particolare e particolarmente inquietante: non chiede un asilo temporaneo (come nei campi-profughi) ma una residenza permanente; e chiede posti di lavoro, alloggi popolari, assistenza sanitaria, e quant’altro molti Stati europei non sono in grado – colpevolmente – di assicurare neanche a tutti i propri cittadini.
Queste cose le sanno tutti, le capiscono tutti, anche il Papa, anche la Merkel, anche la grande stampa “buonista”. Eppure, tutti fanno finta di niente, sembrano non accorgersi che questa invasione, queste invasioni a orologeria minacciano, oltre che la nostra identità etnico-etico-culturale, anche i nostri equilibri sociali. C’è qualcuno, poi, come quel giovanotto che ci ritroviamo alla Presidenza del Consiglio, che aggiunge problemi a problemi, facendo approvare dal Parlamento una legge che attribuisce automaticamente la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da cittadini stranieri. Tanto, il giovanotto sa benissimo che i frutti avvelenati dello “ius soli” non riguarderanno la sua gestione; saranno cavoli amari dei suoi successori fra qualche anno, quando i figli degli immigrati, diventati cittadini italiani, contenderanno ai nostri figli anche gli ultimi brandelli di benessere che i parametri di Maastricht e l’incombente Trattato di libero scambio con gli USA ci avranno lasciato.
Michele Rallo
Fonte: “Social”, 6 nov. 2015 (per gentile concessione dell’Autore)

martedì 17 novembre 2015

Gli Uomini Gamma - Mostra fotografica - 14/11/2015 | Raggruppamento R.S.I. - Continuità Ideale




Si è tenuta sabato scorso alle ore 16.00, nella sede dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra - Roma inaugurata di recente, l’apertura della mostra fotografica dedicata al Gruppo Gamma, l'eroico gruppo speciale di sommozzatori d’assalto facente parte della X flottiglia MAS.

I pannelli fotografici (curati dall'istituto Pansarasa di Trieste) esposti nella sala , correlati a quelli descrittivi, raccontano la storia di quegli eroici nuotatori subacquei che si sono resi protagonisti, durante la seconda guerra mondiale, di numerose incursioni di sabotaggio contro le flotte Alleate: muniti di attrezzatura e tute al tempo innovative e d’avanguardia, essi riuscivano, con audaci e silenziosissimi blitz sottomarini, a piazzare fatali cariche esplosive sotto le navi nemiche.
Tra i presenti, oltre agli organizzatori del Raggruppamento Rsi Delegazione Lazio, il presidente del Campo della Memoria Alberto Indri, il professore Mario M. Merlino e il Combattente Carlo Panzarasa, presidente dell'Associazione X-MAS RSI, il quale ha impreziosito l’incontro condividendo le proprie esperienze personali con i presenti, descrivendo episodi riguardanti appunto gli straordinari Uomini Gamma, ed in particolare il loro comandante Eugenio Wolk.

Ricordiamo infine che la mostra resterà allestita fino al periodo natalizio, e sarà visitabile nei giorni di apertura della sede.

https://www.facebook.com/ANVGroma/?fref=ts

Léon Degrelle - la fine dell'Europa


Fantasia, immaginazione?
Sì, purtroppo... Esclusa però tale possibilità e a meno che non intervenga uno sforzo quasi miracoloso, l?Europa è finita.
La sua decomposizione potrà soltanto accelerarsi. Essa risulta corrotta spiritualmente e moralmente, divorata da un materialismo sempre più esigente. Contaminata nel suo sangue da un'invasione straniera sempre più prolifica, l'Europa perde poi la propria sostanza a forza di milioni di aborti ogni anno e grazie a due miliardi di pillole assassine. 
Di fronte a questa Europa tisica, gli altri mondi sono progressivamente destinati ad assumere proporzioni colossali. 
[...] Questi saranno divenuti quasi tutto, nell'universo: noi, quasi niente.

Léon Degrelle, Militia

lunedì 16 novembre 2015

Dopo Parigi è "guerra all'Islam?"


(Fonte: www.ildiscrimine.com)

Giovanna Canzano ha intervistato per il quotidiano “Rinascita” ed altre testate Enrico Galoppini, studioso del mondo arabo-islamico e redattore di “Eurasia – Rivista di studi geopolitici”.

Parigi il giorno dopo. Il secondo attentato. Ma questa volta è guerra?

Per poter parlare di “guerra” bisogna sapere per prima cosa chi ce la sta dichiarando e a chi la si vuol fare. E qui cominciano i dolori. Perché a sentire le esternazioni dei politici (si noti che il primo in assoluto, prima ancora di Hollande, è stato Obama!) sembrerebbe una guerra dichiarataci dall’Isis, cioè dal “terrorismo islamico”. Ovvero da un generico “terrorismo” e… in definitiva, dall’Islam tout court!

Ora è chiaro che tutto questo rimestare in un minestrone di parole dal quale deve saltare fuori “l’Islam” come “nemico pubblico numero uno” è un inganno spaventoso, oltre che una cosa assurda. Vogliamo fare la “guerra all’Islam”? Ah sì, e allora facciamo la guerra ad oltre due miliardi di persone? Vogliamo dichiararla agli Stati che, ufficialmente, sono più “islamici” di altri? Ma quelli sono gli alleati di ferro dell’Occidente! Intendiamo allearci allora con quegli stati arabi (ed islamici) che combattono da anni il cosiddetto “terrorismo islamico”? Manco per idea, perché gli occidentali han fatto di tutto per sovvertire il governo siriano e gioivano quando in Egitto erano andati al potere i Fratelli Musulmani. Gli stessi inqualificabili e scellerati che hanno distrutto la Libia ed ora si atteggiano a vittime del “terrorismo islamico” e si mostrano disperati di fronte al numero incalcolabile di “profughi” in marcia dalle stesse regioni devastate!

Dunque, per parlar chiaro, non sarà “guerra” con nessuno, o, se lo sarà, si tratterà di una cosa che logicamente non avrà alcun nesso con la pretesa causa scatenante. Un po’ come per l’11 settembre 2001, quando per rispondere ad una “guerra” portata all’America da terroristi per lo più sauditi della famigerata al-Qa’ida (che nessuno ricorda più) è stato invaso l’Afghanistan!

Più verosimilmente ancora, mentre a parole si scateneranno nuove “crociate”, nei fatti avverrà che chi deve “capire” capirà. E si adeguerà al messaggio in stile mafioso portato da questa nuova strage di gente inerme. I cui familiari, sia chiaro, non riceveranno mai alcuna compensazione per il duro colpo subito, esattamente com’è successo a tutte le vittime del “terrorismo” negli anni della “strategia della tensione”… A tutte queste persone non potrà mai essere gabellata per “giustizia” una serie di bombardamenti massicci su chissà quale area del Medio Oriente, ma i nostri cosiddetti governanti, purtroppo, più di questo non sanno o non riescono a fare.

L’ISIS avanza in Europa?

L’Isis non avanza in alcun modo perché semplicemente non esiste così come ce lo raccontano. Questo spauracchio serve ad un sacco di cose, tra le quali – non ultima – un’esigenza estrema di tenere lontani gli occidentali dalla spiritualità tradizionale islamica. La quale, come si stanno sforzando di provare anche alcuni rari onesti commentatori che hanno accesso alla stampa più o meno ufficiale, è assolutamente inserita in quel filone sapienziale che origina dalla notte dei tempi e sul quale s’innestano tutte le tradizioni ortodosse. Tra queste ed ogni fenomeno modernista esiste un’inconciliabilità di fondo, perché ogni “riformismo” altro non è che concessione all’errore, anche se a questi sedicenti “fondamentalisti” piace tantissimo affibbiare ai musulmani tradizionali l’accusa di bid‘a (“innovazione”, cioè “eresia”), se non addirittura quella di kufr (“negazionismo”, ovvero il misconoscimento dei fondamentali dell’ortodossia).

L’Islam, nella sua accezione più ampia, ovvero quella di fenomeno anche politico e sociale, ha inoltre molto da insegnare agli occidentali per quanto riguarda problemi che li attanagliano e che non trovano soluzione. Penso a quelli della rappresentanza politica o della corruzione, per non parlare della politica monetaria e fiscale, dato che le indicazioni dottrinali al riguardo sono assai chiare sull’assenza di una moneta emessa “a debito” (o moneta-merce) e la tassazione dei soli patrimoni fermi anziché dei redditi. Gli occidentali, invece, vengono ammaestrati ad impietosirsi per il Charlie Hebdo, solo perché vengono raggirati di continuo e non sanno più distinguere quale abisso di degrado rappresenti certa “libertà di satira”, che peraltro prende di mira i simboli più sacri della tradizione religiosa cristiana. La quale, secondo una certa retorica “neo–crociata”, costituirebbe un caposaldo della “civiltà occidentale”!

In altre parole, gli europei devono smetterla di concepirsi “occidentali” se vogliono ritrovare se stessi e, diciamocelo chiaramente, vivere una vita meno disanimata e più a misura d’uomo. In questo, l’Islam può essere per l’Europa un esempio ed una valida fonte d’ispirazione. L’alternativa è quella di sprofondare nel nichilismo che travolge alla fine anche la stessa religione prevalente, mentre se gli europei riscoprissero una loro religiosità autentica non potrebbero essere stretti nella tenaglia dell’occidentalismo (americanismo) e del fondamentalismo islamico. I quali si affrontano sul ring ma si somigliano parecchio, mentre nel mezzo ci finiamo noi.

Quelli dell’ISIS sono strumenti di un ‘meccanismo’ ormai senza controllo?

No no, credo invece che, fatti salvi i sempre possibili “cani sciolti”, questi individui rispondano a precise catene di comando, altro che “fuori controllo”!

Affermare che gli attentatori sono elementi “fuori controllo” significa ammettere che essi colpiscono mossi unicamente dall’“odio per l’Occidente”, il che è esattamente ciò che vuol farci credere la propaganda occidentale stessa. Questi atti terroristici, che seminano morte tra persone intente nelle loro abituali attività, puntano al contrario ad obiettivi studiati molto freddamente. Sono, sotto un certo aspetto, atti di una guerra che, altrove, ha visto e vede ancora famiglie intere straziate da armi sofisticate che fanno meno orrore di una cintura esplosiva solo perché con la tecnologia i moderni hanno un rapporto che li ha resi insensibili ai suoi esiti più distruttivi. A Gaza o a Baghdad, a Kabul o a Beirut, le persone hanno fatto il callo alle bombe che dovevano portare la “democrazia” ed invece hanno solo ampliato i cimiteri ed aumentato il desiderio di vendetta di chi, poi, viene considerato “pazzo” se poi, un giorno, sceglie di fare il “terrorista”.

Il discorso non si esaurisce qui, ma anche questi sono aspetti che andrebbero considerati. Perché non è serio pubblicare prime pagine con titoli come “Israele ha fatto bene” mentre su Gaza piovono razzi da ogni parte e poi fare gli offesi con altri titoli “scandalosi” come l’ormai celebre “Bastardi islamici”. Poi si meravigliano se un giorno qualcuno, esasperato, fa una strage in redazione, ma sinceramente chi s’imbarca in una guerra, anche solo dell’informazione, quando l’informazione è un’arma che fa le sue vittime, deve prendersi le sue responsabilità. Insomma, un conto è “Charlie Hebdo”, che in un certo senso – se è vero che s’è trattato di un “commando jihadista” eccetera – se l’è cercata, mentre ovviamente dei turisti o degli spettatori d’un concerto non hanno alcuna responsabilità, ed anzi tra essi si potrebbe trovare anche chi è molto critico nei confronti delle stesse dirigenze occidentali che questi “terroristi” vorrebbero punire (mentre ammazzano solo gente innocente).

Tutto questo, ovviamente, non tiene conto della possibilità che in alcuni casi si tratti di totale manipolazione e malafede, perché sotto un “jihadista” che colpisce in una città europea si può celare qualsiasi cosa, tra cui elementi eterodiretti che non sanno alla fine a quale mulino portano acqua e addirittura soggetti che di arabo ed islamico hanno ben poco, tanto nessun tele-suddito saprà mai nulla davvero sulla reale identità degli attentatori (l’11 settembre 2001, sotto quest’aspetto, è emblematico).


ISIS solo ‘braccio’ armato dell’Islam, oppure niente di questo?

distruzione_tomba_sufiAl riguardo dell’Isis come ultima incarnazione di una tendenza modernista ed antitradizionale mi sono già espresso in vari scritti, ai quali rimando il lettore di quest’intervista [Il “Grande Medio Oriente” e il momento islamico dello “scontro di civiltà” (il caso italiano); Da Bin Laden al “Califfo”. La guerra finale contro l’Islam (per colpire l’Eurasia); Chi manovra i “modernisti islamici”?]. Non è possibile comprendere questo fenomeno se non lo s’inquadra storicamente (specialmente dalla metà del XVIII secolo) e se non si fa lo sforzo di coglierne l’intima natura “sovversiva” di tutto ciò che è stato l’Islam tradizionale per oltre quattordici secoli. È una china che, con esiti in parte simili, ha vissuto anche il Cristianesimo, con la nascita della cosiddetta “Riforma”, in tutte le sue varie declinazioni. Ovunque essa s’è imposta, fin dall’inizio, ed ovunque si sono affacciati i prodromi di essa, i risultati sono stati “guerre di religione” e una concezione del sacro impoverita e ridotta ad un freddo moralismo, che nell’Islam, così come nel fondamentalismo ebraico, si associa ad un “legalismo” altrettanto freddo e sterile.

L’ISIS in Italia? Sono già presenti nel nostro territorio e pronti a tutto?

Questo non lo devo sapere io, ma gli apparati preposti alla sicurezza di tutti e che tra l’altro paghiamo per questo servizio. Con questo intendo anche dire che ogni volta che si verificano gravi attentati come quelli di Parigi sono innanzitutto i servizi di sicurezza e di spionaggio a fare una figura barbina. Capisco che è praticamente impossibile controllare tutto e tutti, ma proprio per questo sarebbe importante smetterla di fare le pulci a cosa scrive un pincopallino qualsiasi su Facebook e concentrarsi su chi, perché e per come entra in un paese. Mentre mi pare che al riguardo la situazione sia parecchio preoccupante, se è vero – com’è stato documentato – che entrano “siriani” con passaporti taroccati che anche dei giornalisti d’inchiesta si sono procurati con una cifra relativamente contenuta.

Quanto ai giovani di famiglie musulmane nati e cresciuti qua, il problema è irrisolvibile, perché ci sarà sempre chi tenderà ad autoghettizzarsi pensando di aver subito, a torto o a ragione, una grave ingiustizia, che risale al momento in cui i suoi genitori o i suoi nonni sono emigrati e che poi è proseguita con una storia di emarginazione e sradicamento. L’emigrazione, volenti o nolenti, si porta dietro anche percentuali di persone che, in un misto di rivalsa e frustrazione, assieme al desiderio di sentirsi finalmente “qualcuno”, abbracciano qualche ideologia – e ribadisco “ideologia” – nella quale la religione è un puro pretesto per sfogarsi.

Certi giornalisti si sbalordiscono nel constatare che un ex “rapper” possa dedicarsi al taglio di teste in nome di un delirante “islam” (la minuscola, qui, è voluta), ma ciò non è affatto strano perché è proprio l’aver reciso i ponti con la tradizione autentica che conduce a certi gravi fraintendimenti, sui quali andranno poi a lucrare gli apparati d’intelligence di mezzo mondo che non vedono l’ora di attivare un “attentato islamico”.

Quest’attentato è una svolta?

Non saprei proprio, ma di sicuro qualche decisione la Francia dovrà prenderla, perché non fare nulla significa dare il segnale sbagliato che le si può combinare di tutto. Vede, la Francia è un paese che non è del tutto “occidentale”, nel senso che non è affatto conquistata all’americanismo e al suo modello. Parigi è una “città globale”, e come tutte queste città rappresenta la vetrina nella quale inscenare la finzione di una “classe media globale” che vuole solo divertimenti e bella vita.

manif-pour-tous-itineraire-parcours-horaire-2-fevrier-2013La Francia vera la si vedrà presto al voto, quando, se non interverranno manipolazioni e forzature, il Front National, che non è un partito “regionale” come la Lega Nord, sbaraglierà l’attuale pariglia d’inetti. La Francia vera non può digerire a cuor leggero un’abnormità come il TTIP, il trattato di “libero scambio” tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. La Francia vera si ribella contro i matrimoni omosessuali e la cancellazione, dall’alto, dell’identità sessuale.

O la Francia ritrova se stessa, rigetta l’occidentalismo, smette di omaggiare il “Charlie Hebdo” e si rimette ai suoi eroi come Giovanna D’arco, oppure merita di vagolare nell’angoscia indotta da questo “terrorismo” ufficialmente “islamico” ma in realtà senza volto perché così lo vuole chi l’ha coltivato e foraggiato.

Adesso pare di capire che la Francia s’impegnerà di più in Siria. Ma che vuol dire? È dall’inizio che la Francia è intenta a sovvertire la Siria, quindi? Vogliamo credere che questa famosa “terza guerra mondiale” nominata anche dal Papa vedrà da una parte l’Isis e dall’altra tutto il “mondo civile”? Suvvia, sarebbe come credere che una partita di calcio dal risultato incerto si giocasse tra una squadra di amatori e una selezione dei migliori campioni mondiali!

Allora si abbia il coraggio (e soprattutto la creanza) di parlar chiaro e si dica a chi si vuol fare la guerra. La si vuol fare ai paesi islamici che sostengono il cosiddetto “Stato islamico”? E come la vogliamo mettere quando questi stessi sponsor sono partner più che appetiti per fare affari? Per quanto tempo racconteranno la favola della “cellula” composta da “reduci della Siria”? E che atteggiamento vogliamo tenere con il famoso “grande alleato” a sua volta alleato dei finanziatori “islamici” dell’Isis?

Gli italiani convertiti all’Islam si sentono in qualche modo vicini all’ISIS?

giazairi_via_musulmano“Convertiti italiani all’Islam” vuol dire ben poco. Ci sono italiani che si sono avvicinati alla religione islamica vedendovi un ideale di giustizia sociale, e questi sono quelli più “politicizzati”. Non dico che necessariamente debbano sviluppare una visione che conduce ad una simpatia per l’Isis, ed anzi bisogna riconoscere in costoro un forte impegno a migliorare le società nelle quali vivono. Fatto sta che in qualche caso ci sono quelli che tendono a fanatizzarsi ad un punto tale che tutto ciò che non è “islamico” (e cioè non collima con la loro particolare ideologia religiosa) è da sopprimere con la violenza. Tra questi possono allignare gli elementi oggettivamente pericolosi (in combutta con altri, immigrati), ma credo che gli apparati di sicurezza li tengano già tutti d’occhio. Così come dovrebbero tenere d’occhio altri ambienti frequentati da teste calde, o, peggio ancora, che si dimostrano “amici” ed “alleati” e poi tramano per crearti continuamente problemi. Ripeto: o l’intelligence lavora nell’interesse del suo paese o è una burla che sta alle calcagna di qualche “imam fai da te” ma non vede che altrove si tessono trame assai pericolose per l’incolumità di tutti i cittadini.

Poi vi sono anche “convertiti italiani all’Islam” che hanno un atteggiamento alieno da ogni politicizzazione e pertanto vivono questa loro esperienza come un’occasione di rigenerazione spirituale. Senza voler dare patenti di “musulmano buono” o “cattivo”, credo di poter dire che quest’atteggiamento sia quello in grado di dare i migliori frutti, perché senza fare troppo clamore agisce come una provvidenziale influenza rettificatrice di un ambiente – quello occidentale – che ha un nemico più insidioso di ogni altro: il nichilismo, che tutti questi “nostri valori” per i quali dovremmo andare a combattere un fantomatico “califfo” non riescono in alcun modo a mascherare.

domenica 15 novembre 2015

René Guénon, Elementi di Dottrina Tradizionale

René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi



RISVOLTO

«Fra i critici del mondo moderno, ormai innumerevoli, René Guénon merita di essere segnalato come uno dei più radicali, dei più limpidi e coerenti ... Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempiè certamente la sua opera più completa e più rigorosa, e quindi anche la più utile ... Guénon – e in particolare questo suo libro, a preferenza di altri – merita di essere letto per togliersi dalla comoda illusione che il mondo sia necessariamente come noi siamo abituati a pensare che debba essere». Sergio Quinzio


Per eventuali consegne nel comprensorio di Santa Marinella: puntozeroblog@gmail.com