venerdì 1 novembre 2013

Azionepuntozero, i post cambiano indirizzo

Da oggi 1° Novembre 2013, 
va in pensione il glorioso blog azionepuntozero.blogspot.com.

In concomitanza con la realizzazione della piattaforma wordpress del Centro Studi Aurhelio, 
i comunicati, le attività e tutti gli eventi di Azione Punto Zero verranno veicolati attraverso 
Facebook: con la pagina Azione Punto Zero,
con la mail: puntozeroblog@gmail.com
con i comunicati stampa sui media locali (quando ce li pubblicano) 
e sul blog www.aurhelio.it.

clicca dunque sul nuovo indirizzo, dove troverai anche tutti i post dal 2010 ad oggi,
oltre a tutte le notizie del Centro Studi e delle altre organizzazioni del Fronte della Tradizione



giovedì 24 ottobre 2013

Guerra interiore e collaborazione militante, la via per tenersi in piedi dinnanzi alla sovversione mondiale

Un interessantissimo articolo che ben definendo la disastrosa situazione attuale, chiarisce come prendere posizione dinanzi ad un decadimento progressivo sempre più preoccupante del mondo che ci circonda. In un momento in cui la sovversione demoniaca sta minando concezioni e modi d'essere millenari in nome di un piatto progressismo globalizzante e schiavizzante, occorre cercare in tutti i modi di tenersi in piedi, cercando in sé stessi e nella comunità la forza necessaria per la ribellione.


Serrare le fila in difesa della Tradizione

Sebbene i mezzi di comunicazione, più o meno volutamente, continuino a farsi strumento di mistificazione e di dissimulazione, contribuendo a creare l’impressione che oggi, al di là della crisi economica (per la cui soluzione tutti i governi e gli organismi internazionali si mostrano alacremente quanto falsamente impegnati) si viva nel “migliore dei mondi possibili”, per parafrasare Leibniz, in una sorta di Paradiso del XXI secolo, in cui si stanno combattendo le ultime battaglie per i “diritti”, per una “società più inclusiva”, piena di pace, amore, tolleranza, uguaglianza e via dicendo, la triste realtà è che, invece, è in atto una delle più subdole, meschine e perverse manovre di pervertimento dell’ordine tradizionale che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Il livello di guardia si sta innalzando pericolosamente.
In tutta Europa si stanno diffondendo a macchia d’olio i germi della sovversione più estrema. Mentre gli Stati Uniti ed i loro solerti alleati di sempre studiano il modo di arrivare a rovesciare il governo siriano senza sporcarsi troppo le mani, dopo aver messo a fuoco e fiamme il nord-africa tramite le fantomatiche “primavere arabe” abilmente pianificate a tavolino, e mentre prosegue l’opera di accerchiamento sempre più mirato e sottile da parte della grande finanza speculatrice internazionale nei confronti dell’Europa e del resto del mondo ancora non soggiogato e ibridato, assistiamo impotenti alla crescita esponenziale di altri terribili fenomeni che investono l’ambito antropologico, culturale, esistenziale della civiltà europea e, potremmo dire, umana in genere, alterandone alla radice i millenari equilibri.
La perversa opera di costruzione di un’asettica globalizzazione mondiale, indotta tramite l’omologazione (sotto)culturale ed il livellamento orizzontale, la cancellazione di qualunque tipo di diversità, la diffusione artatamente studiata della promiscuità sessuale ed etnica, la diffusione del materialismo e dell’edonismo, la neutralizzazione del Sacro attuata con gli strumenti dell’inversione e della parodizzazione, è in fase di notevole accelerazione, conformemente a quanto ci insegnano i grandi maestri della Tradizione.
Le forze della Sovversione, in quest’ultima fase, si stanno avvalendo in particolare di una testa d’ariete di prim’ordine: la diffusione ossessiva della cultura omosessuale, del collegato concetto di omofobia e delle rivendicazioni dei gruppi LGBT spalleggiati dalla solita cultura di sinistra, dai governi ormai dominati dai grandi gruppi di potere apolide e guidati da veri e propri anticristi: tutti burattini ciecamente al servizio della Bestia.
Non passa giorno che non ci sia qualche notizia o presunto allarme che riguardi l’omofobia o i “diritti” dei gay (l’imminente legge sull’omofobia in approvazione in Italia non promette niente di buono), il solito razzismo xenofobo che fa sempre la sua figura, nonché le redivive, stucchevoli ossessioni neofemministe. Ossessioni che trovano in questo periodo linfa vitale nel fenomeno del cosiddetto “femminicidio”, retorico ed ideologico neologismo che nasconde l’ennesimo tentativo di strumentalizzare i casi di violenza sulle donne in chiave anti-maschile ed anti-tradizionale, casi che andrebbero invece analizzati proprio alla luce della dottrina tradizionale per comprenderne, al di là di facili eccessi giornalistici e sproporzionati allarmismi, le reali cause di fondo ed individuarne le possibili vie di soluzione.
Funzionalmente a tutto ciò, avanzano inesorabili il processo di progressiva femminilizzazione della società e di inversione del ruolo uomo-donna, il tentativo di annullare le differenze tra maschile e femminile, riconducendone l’origine ai soliti presunti convenzionalismi/sovrastrutture borghesi-patriarcali-maschiliste, prive di rispondenza nella realtà. Si propugna la nascita di una sorta di “terzo sesso” neutro da manifestare sia negli atti di nascita che nell’indicazione dei genitori, i quali, anziché “padre” e “madre”, dovrebbero diventare  “genitore 1” e “genitore 2”.
Ma, ed è una degli aspetti più dolorosi, nell’indifferenza e nel silenzio più generali i burattini nelle mani delle forze sovversive stanno traviando le menti dei bambini, introducendo a scuola fiabe ed ore di lezione incentrate sulla neutralità sessuale e sull’omosessualità, producendo cartoni animati o giocattoli funzionali al medesimo discorso, al fine di annullare forzatamente le differenze tra maschio e femmina fin dalla tenera età. Si insegna ai più piccoli a non distinguere più un genere sessuale ben definito, ad accettare ogni forma di “amore” in quanto esistente in natura. Dio solo sa quanto sia tremendo fare il lavaggio del cervello ai bambini, che per la loro altissima ricettività verranno plasmati irrimediabilmente da questa educazione demoniaca.
In Francia, periodicamente “terra di conquista” e “base operativa” preferita delle forze sovversive, è in atto una delle più estreme forme di attacco antitradizionale della storia tramite la satanica figura di monsieur Francois Hollande e del suo governo (degno erede dell’altro terribile anticristo José Luis Rodriguez Zapatero), che dopo aver promosso le note leggi antiomofobia ed a favore di matrimoni e adozioni omosessuali, perpetra nel silenzio più generale continui e sistematici interventi devianti in nome del più becero laicismo materialistico e dell’intransigenza anti-cristiana in particolare, di cui l’opinione pubblica è totalmente all’oscuro. Ben pochi sono a conoscenza, ad esempio, della persecuzione cui sono sottoposti da tempo i “veilleurs”, che come convitati di pietra si oppongono alle leggi pervertitrici di Hollande mediante lunghissime veglie di protesta, pacifiche quanto di grande impatto simbolico, e che per questo, di nuovo nel silenzio generale dei media, sono costretti a subire continue violenze e vessazioni dalla parte della polizia e dei gruppi LGTB. Più avanti si cercherà di proporre un approfondimento riguardante la drammatica situazione in Francia.
Dinnanzi a tutto ciò, i centri spirituali e religiosi attualmente esistenti sembrano impotenti, in preda, per motivi differenti, a crisi gravissime che ne compromettono le strutture già difficilmente fin qui sopravvissute.
Se l’Islam è minato non solo e non tanto a livello dottrinario, quanto dal disfacimento causato dalla frammentazione in mille rivoli e dalla creazione a tavolino di forme di fondamentalismo (si pensi ai Salafiti) ad uso e consumo dei soliti noti, la Chiesa Cattolica, la forma religiosa regolare dell’Occidente attuale, sta raggiungendo i livelli più bassi della sua storia, in preda com’è da tempo ad un fenomeno di progressivo decadimento delle sue strutture essoteriche, persa in un vuoto dottrinario-teologico e liturgico al momento irrecuperabile. Alla sua guida, un pontefice dai tratti indecifrabili che, accanto a qualche aspetto apparentemente positivo, si lascia sempre più spesso andare a comportamenti irrituali ed esternazioni molto equivoche, degne del peggiore modernismo e laicismo religioso di derivazione post-conciliare e vagamente figlio di quella cd. teologia della liberazione di origine sudamericana e di matrice post-marxista. Tutto ciò proprio quando, dinnanzi al disfacimento in atto, sul soglio petrino si avrebbe bisogno di una personalità forte, in grado di lanciare, senza troppi fronzoli, violenti anatemi in nome della difesa ad oltranza della Tradizione così volgarmente attaccata e ferita. Nel frattempo, il primo pontifex absconditus (la definizione è di Mario Polia) della storia, Benedetto XVI, misteriosamente ritiratosi ed immersosi nella preghiera, continua la propria battaglia nel chiuso del suo ritiro claustrale. Ma anche su questo argomento si cercherà di tornare in un approfondimento a parte.
Dinnanzi ad uno scenario così drammatico – e molti altri sarebbero i punti da toccare – , l’uomo e la donna della Tradizione non possono che, ancora una volta, puntare tutto sulla formazione di sé, sulla grande guerra santa, quella interiore. Non è tempo per piccole guerre sante, per interventi su media-grande scala nel mondo esterno, in ambiti microcosmici, sociali, geopolitici.
E necessario, mai come adesso, attraverso un’opera di continua ed incessante collaborazione reciproca, mantenere attivo e vitale un vero e proprio microcosmo operoso, costituito da una rete di comunità militanti organicamente strutturate, unità operative snelle quanto efficaci, rigorosamente apolitiche (o, per meglio dire, metapolitiche: nel panorama odierno non c’è ormai più spazio per un impegno politico in senso stretto che possa anche solo lontanamente far prefigurare un rovesciamento dello status quo, unrevolvere nel senso tradizionale dell’espressione, come ben comprese l’Evola di Cavalcare la Tigre oltre cinquant’anni fa). Vere e proprie piccole enclaves dello spirito, isole di salvaguardia, queste comunità militanti dovranno rappresentare un esempio vivente e pulsante, un faro nelle tenebre del mondo contemporaneo, nella fedeltà e nel comportamento dei suoi membri, che dovranno incarnare in sé stessi i principi tradizionali, al fine di vivificarli e tramandarli concretamente non solo con le opere (convegni, conferenze, pubblicazioni, ecc.) ma anche e soprattutto con l’esempio quotidiano.
La forza simbolica dell’immagine spesso ricordata da Mario Polia, quella di Enea in fuga da Troia in fiamme, con il padre Anchise sulle spalle, i Penati in mano ed il piccolo Ascanio al seguito, è al riguardo fondamentale: ogni militante dovrà caricarsi sulle spalle il peso della Tradizione, cercare di esserne incarnazione quotidiana nel miglior modo possibile, tenendone il testimone o la fiaccola ideale ben salda in pugno, al fine di trasmetterla intatta alle generazioni future. Un compito difficile, ma necessario; da svolgere, come insegna la Tradizione, impersonalmente, tenendo presente che non potranno né dovranno esserci vantaggi, premi, frutti, tornaconti personali, ma semmai oneri, difficoltà, responsabilità: “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi, siate dunque prudenti (phroninoi in greco) come i serpenti e semplici (akéraioi) come le colombe” ammoniscono i Vangeli (Matteo 10, 16). Prudenza, intelligenza, saggezza, da una parte (concetti che si ricavano dal sostantivo greco evangelico phroninos); purezza, integrità, il rimanere intatti, illesi, incolumi e privi di “contaminazione” (concetti derivati dal greco akéraios), semplicità dall’altra: le armi di chi deve combattere sull’estremo limite del nulla, senza mai abbassarsi al livello dell’avversario che si cerca di combattere.
“A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà chiesto molto di più”, si legge ancora nei Vangeli (Luca 12, 48): c’è una grande differenza tra dare (didomi greco usato nel testo evangelico) materialmente qualcosa, ed affidare (para-tithemi greco) un compito: tutti coloro cui sia stato affidato il compito di preservare e tramandare i precetti della Tradizione, ed ai quali sono state fornite le relative capacità per farlo, sono chiamati a compiere questo dovere: chi se ne sarà astenuto senza motivo, sarà chiamato a risponderne. D’altronde, come sappiamo bene, militia est vita hominis super terram.
E ricordiamo, ancora, le celebri parole di Evola, che rievocano l’idea di un dovere di cui i chiamati nell’epoca attuale non riusciranno a vedere i frutti materiali, ma che dovrà comunque essere portato a termine: “Difendere un ideale e tenere le posizioni anche se dovessero essere posizioni perdute – o per meglio dire: anche quando dovesse essere problematico che coloro che ancora rimarranno a vegliare durante la notte possano incontrare coloro che appariranno nel nuovo mattino”.
Qualche ultima parola sia consentita, in questo contesto di “battaglia” ad oltranza, per ricordare Nadia Sala, un’indomita guerriera che ha raggiunto da poco tempo, lungo le vie che solcano i Campi Elisi, le sue amiche ausiliarie ed i suoi amati combattenti, in memoria dei quali è rimasta in silenzio per tanti anni, subendo con serena pazienza il peso delle ingiustizie e delle menzogne imposte dai meschini gendarmi della memoria d’ogni colore e d’ogni latitudine. Posso dire di aver avuto l’onore di vedere la signora Nadia in una serata di marzo del 2012, presso Raido, mentre in compagnia del grande combattente Stelvio Dal Piaz rievocava tante vicende, spesso dolorose, della loro esperienza di lotta coraggiosa e senza compromessi. Ricordo in particolare, come scrissi all’epoca, il suo viso ancora da ragazza, fresco, trasparente, sorridente, come se il tempo non fosse passato; la sua ironia, la gioia, l’ardore che la rendeva immune da ogni scalfittura, da ogni tentativo di cancellarne l’onore, la dignità ed il coraggio, rimasti intatti, preservati da ogni macchia.
In un mondo in cui ci viene chiesto di sapere tutto della Belen o della Lady Gaga di turno, di conoscere ogni dettaglio della patetica storia di un’Amanda Knox qualsiasi, diventata per tutti  “Amanda”, quasi fosse l’amica della porta accanto, bisogna rivendicare sdegnosamente e fieramente d’aver potuto conoscere la militanza e l’esempio d’un’intera vita, quella dell’ausiliaria Nadia Sala, e di tanti altri fieri ragazzi e ragazze, uomini e donne che hanno saputo lottare fino alla fine senza cedere di un centimetro.Ubi maior, minor cessat.
Paolo G. (fonte: AzioneTradizionale.com)

mercoledì 23 ottobre 2013

Incontro con i Combattenti e le Ausiliarie della RSI – Colleverde 20 Ottobre 2013 Conferenza e incontro del Raggruppamento Combattenti e Reduci RSI – Recensione


È Casa d’Italia Colleverde ad ospitare questa volta, l’incontro della Federazione Romana RSI – Gruppo Laziale, svoltasi nella giornata di Domenica  con inizio alle ore 11.00.
Dopo una breve presentazione da parte di un rappresentate dei padroni di casa, l’intervento di un responsabile del Raggruppamento introduce la conferenza, ringraziando i numerosi gruppi che hanno deciso di aderire all’iniziativa. Casa d’Italia Colleverde, la Comunità militante di Raido, quella del Fascio Etrusco ed inoltre la Comunità militante di Azionepuntozero e Socialismo Nazionale. Presenti, oltre a moltissime persone intervenute – circa 80 in tutto - anche delegazioni de La Fenice di Firenze e di Rinnovazione di Rieti. L’intervento di Baldo si è incentrato sull’importanza che riveste il Raggruppamento stesso, la cui nascita rappresenta un passo importante. Un impegno doveroso che ogni comunità ed ogni singolo si prende, con lo scopo  di mantenere vivo il rapporto con i Combattenti e nel far sentire loro vicinanza attiva, militante e non un silenzioso affetto sentimentalmente confuso e materialmente amorfo. Non è concepibile infatti, che le realtà militanti che ad oggi portano avanti la lotta, si dimentichino di coloro che hanno reso possibile la continuità ideale nel primo, difficilissimo, periodo del dopoguerra. Da sottolineare poi, l’importanza del creare eventi che siano opportunità per le nuove generazioni di incontro con i Combattenti della Repubblica Sociale, opportunità di cui le generazioni precedenti hanno potuto ampiamente giovarsi, ma disconosciuta agli ancor più giovani. Si è sottolineato inoltre come sia importante anche la vicinanza pratica ai Combattenti ed alle Ausiliarie nella vita quotidiana, magari facendo dei servizi a domicilio, piuttosto che assistendoli nelle pratiche burocratiche. Sorgono quindi, non solo nel rapporto cameratesco ma anche attraverso riunioni e conferenze, importanti occasioni che sono utili per rinsaldare l’anello di collegamento che c’è tra il sentimento che arde nei giovani d’oggi  e quello che animò i Combattenti, nel non demordere nonostante la imminente sconfitta nel conflitto e nel loro rimaner fedeli ancora oggi, al vero ed unico Stato Italiano e al suo Duce, fino alla fine.

In qualità di rappresentante dei Combattenti nonché, di vicepresidente nazionale del Raggruppamento RSI, Stelvio Dal Piaz ha poi preso la parola. Attraverso un discorso memorabile, ha espresso tutta la sua gioia nel veder presenti rappresentanti di molte e diverse comunità, veri e propri nuclei di resistenza in una società allo sfascio totale; per Stelvio è “un sogno” il veder ancora oggi, in un mondo completamente svuotato, privo di sentimento e di amore del dono di sé, riunite così tante persone disposte a donarsi e sacrificarsi per un ideale. Ogni comunità portando avanti il proprio lavoro, ognuna secondo le proprie specificità relative a diversità logistiche e strutturali, svolge una funzione di antagonismo al sistema, risultando ad esso estraneo e non venendone contaminato (senza rinunciare ovviamente a cercar di avvicinare coloro che lascino trasparire la volontà di intraprendere la lotta).
L’esperimento già tentato di correggere il sistema dall’interno, accettandone le regole, è infatti fallito miseramente e Stelvio, avendo lui stesso provato la strada del compromesso democratico, lo chiarisce senza mezzi termini. La via che si percorre non deve ammettere “aperture” o “mezze misure”. La nostra è una visione del mondo chiara e netta, e come tale va seguita. Ciò in cui egli crede è la rinascita dei Valori della stirpe, gli stessi che Mussolini aveva saputo così bene risvegliare nel popolo Italiano, affamato e sfibrato dai governucoli liberali precedenti e subito seguenti alla prima guerra mondiale, valori eterni che affondano le radici nell’antica Roma e con i quali è possibile trovare un quasi magico punto di contatto in particolar modo nella Capitale, intrisa di storia e mito, del senso della lotta e della vittoria.
Proprio la Storia, insegna che quella forza spirituale in noi c’è sempre stata e che se ben risvegliata e canalizzata, può lasciare un’impronta  netta sul presente, sempre sulla scia degli esempi del passato. Tra questi ultimi vi sono senza dubbio coloro che aderirono all’RSI che gettarono il cuore oltre l’ostacolo, con il coraggio di chi sa che si può rischiare tutto, mettendo  in gioco sé stessi e  l’intera famiglia (con un motivo che ai più oggi appare egoistico, ma che invece è l’opposto), se la posta in gioco è la salvezza della Patria. A spingere a ciò, è il sentimento d’amore e dono che è il motore di ogni azione giusta e “verticale”, quella misteriosa energia che pulsa nel cuore dell’uomo che in sé porta il seme dell’origine spirituale e quindi del ricollegamento con l’Universale.
Ebbene quella forza è ciò che ci fa riconoscere con i simili e che rende possibile oggi il ritrovo di più realtà sulla stessa linea di combattimento, tutti pronti a far scudo contro la valanga di fuoco, fatta di menzogne e disordine della modernità, nell’attesa del momento propizio per il contrattacco.

Al termine della conferenza il consueto pranzo legionario organizzato nel giardino della struttura ospitante, straordinariamente ricco, preparato con amore dalle sapienti mani dei militanti. Oltre ai consueti doni scambiati tra le comunità, si è poi preceduto con le riunioni pomeridiane, in cui i vari rappresentanti hanno segnalato le attività svolte e da svolgere, definito l’agenda, stabilendo i numerosi prossimi impegni. Un bell’appuntamento che il prossimo mese, con tutta probabilità, vedrà protagonista il Raggruppamento in una nuova provincia del Lazio, per allargare i propri confini operativi e far conoscere la sua attività.

Coloro che intendono aderire e sostenere il Raggruppamento Combattenti e Reduci R.S.I. – Continuità Ideale, possono farlo contattando la Federazione di Roma del Gruppo Laziale alla mail rsilazio@gmail.com, il profilo Facebook: Raggruppamento RSI - Delegazione Lazio, il blog (ancora in fase di costruzione) http://rsilazio.altervista.org .


lunedì 21 ottobre 2013

"Komme Frau", una statua (e una verità) indesiderata

Un' atto di creatività, sicuramente da segnalare: un giovane polacco compie un gesto degno di nota in memoria delle numerose donne tedesche violentate senza ritegno dai soldati dell'URSS...


E' polemica su Jerzy Szumczyk, autore della statua di un soldato sovietico che violenta una donna tedesca incinta. L’opera, dal titolo ''Komme Frau'', (Vieni, donna) è stata rimossa dal centro di Danzica, nel nord della Polonia, dove era stata collocata senza alcuna autorizzazione. L'autore, uno studente dell'accademia d'arte, è stato arrestato e rilasciato, e ha spiegato di aver voluto ricordare con il monumento i due milioni di donne tedesche violentate tra il 1944 -1945 dai soldati dell’Armata Rossa
 (fonte: repubblica.it)

domenica 20 ottobre 2013

strage di Gorla - 20/10/1944

Nella mattinata del 20 ottobre 1944  una formazione di quaranta velivoli americani rilascia nel sobborgo Milanese di Gorla una mortale pioggia di bombe. La scuola elementare Francesco Crispi viene centrata in pieno: Centottantaquattro bambini, la direttrice, quattordici maestre, un'assistente sanitaria e quattro bidelli perdono la vita tra le macerie. 
Testimonianza, ancora una volta, di come quando gli eccidi li compiono gli americani, tutto è lecito, perdonabile, dimenticabile...anche se si tratta di innocenti anime dai 7 ai 12 anni d'eta, senza alcuna colpa e con un'intera vita, tutto un futuro davanti. 
Alla commemorazione che ogni anno si svolge a Milano, presso  nessuna televisione, nessuna presenza di fantocci in giacca e cravatta, nessuna lacrima in mondovisione...verità scomode, che a nessuno conviene rendere note, e che tanto meno vanno riportare nei libri di scuola.
A quanto pare la colossale menzogna qual'è l'eguaglianza democratica, si dimostra tale anche per chi non c'è più: esistono infatti, morti che vale la pena di ricordare, e altri che si possono anche dimenticare.
Piccoli angeli di Gorla, a voi va il saluto di chi non scorda i delitti di coloro che, con la pretesa di liberarci, hanno massacrato, predicando pace e amore, la nostra gente.


Testimonianza di Maria Francesca Fontana

"Quel mattino mi recai a scuola come ogni giorno (frequntavo la quarta elementare) e alle 11,30 suonò la sirena di "piccolo allarme". Ci avviammo subito verso il rifugio in cantina, ma, una volta nell'atrio, cominciò a suonare il "grande allarme" che la signora De Benedetti (mia insegnante morta nell'episodio) interpretò come "cessato allarme", mandandoci fuori verso casa. Appena fuori dalla scuola sentii qualcuno gridare "Eccoli la!" ed alzando lo sguardo scorgemmo gli aerei in formazione nel cielo sopra di noi. Restammo alcuni secondi a guardare lo spettacolo, poi la gente cominciò a gridare ed a scappare e i miei compagni di classe tornarono nel rifugio della scuola mentre io, disubbidendo, mi avviai di cosa verso casa. Dopo pochi metri cominciarono a piovere le bombe. Non sentii alcun rumore, ma mi trovai in mezzo ad un caos incredibile: polvere dappertutto, buio pesto come di notte, pezzi di calcinacci e di muri che volavano, gente che gridava. Facevo fatica a respirare e mi sentivo scoppiare i polmoni ma continuavo a correre.

Stavo per arrivare a casa quanto sentii un forte strattone ad un braccio perchè a pochi metri da me era caduta una bomba e lo spostamento d'aria mi aveva strappato la cartella dalle mani (la trovammo il giorno seguente che galleggiava nel cratere piena d'acqua per la rottura delle tubature), uccidendo un uomo che giungeva in bicicletta. Finalmente arrivai nell'androne di casa dove era pieno di gente che si faceva medicare dalla portinaia (aveva la cassetta del pronto soccorso) perchè anche il tram era stato colpito, le rotaie divelte. Ero spaventatissima, ma anche curiosa di notizie dei miei famigliari e compagni, ma restavo ad aspettare nel portone. Poco dopo arrivò mio padre che alla mia vista mi abbracciò piangendo a dirotto e mia madre con mio fratello, che quel giorno erano fuori, che manifestarono nello stesso modo la gioia di vedermi. Ero felice che fossimo ancora tutti insieme.
Mio padre mi disse che aveva cercato come un disperato fra i corpi estratti dalle macerie della scuola e che l'intera costruzione era crollata uccidendo tutti i miei compagni. Allora pensai alla mia compagna di banco Marina Della Valle e a tutti gli altri (di cui ora purtroppo non ricordo i nomi) e piansi. Il giorno dopo girovagai come intontita a guardare cio che rimaneva del quartiere. Non c'era piu acqua nè luce nè gas. Nella via Pirano era rimasta in piedi solo la mia casa e quella del civico quattro.
La scuola, un cumulo di macerie, era piena di genitori che cercavano i propri figli tra i corpi che venivano allineati e, man mano che venivano riconosciuti, messi in casse di legno grezzo con una targhetta con il nome. Venivano poi caricate su camion militari (alcune, ricordo, avvolte nella bandiera tricolore) e portate in Chiesa per il funerale comunitario, erano decine e decine. Là c'erano tutti i miei compagni e questo mi riempiva di sgomento ancor più che l'essere sopravvissuta. Ricordo che di Elena Conte (frequentava la seconda classe) non fu più ritrovato nemmeno il corpo. Quell'anno noi sopravvissuti, una trentina, finimmo l'anno scolastico presso i locali di una circolo ricreativo che era stato risparmiato; si chiamava 'il Boschetto'."



sabato 19 ottobre 2013

La travagliata storia del Monumento Ossario dei Piccoli Martiri - testimonianza

Pubblichiamo il racconto della signora Elisa Zoppelli Rumi, che narra la nascita del monumento Ossario in nome dei Piccoli Martiri di Gorla, la cui giornata del ricordo cade domani. 
Un'importante testimonianza sulle difficoltà che i genitori delle piccole vittime hanno incontrato per riuscire nell'intento di onorare la memoria dei propri figli, nel luogo della strage. 
Solo la forte volontà di questi ultimi ha reso ciò possibile.... 

Per evitare che il tempo ne disperda il ricordo e per stabilire una volta per tutte la verità, io, che nella tragedia ho perso due figli, desidero raccontare la vera storia del Monumento ai "Piccoli Martiri di Gorla".
Il monumento ossario ai Piccoli Martiri della scuola di Gorla è sorto per volontà dei genitori delle vittime di quel tragico 20 ottobre 1944. Il terreno dove sorgeva la vecchia scuola, dopo la tragedia dove perirono i nostri cari figli, era stato messo in vendita dal Comune per la cifra di Lit. 6.000.000 (seimilioni) che, secondo quanto si diceva in giro, sarebbe stato utilizzato per la costruzione di un cinema. Lo ricordo con angoscia come se fosse ora; noi genitori, indignati, decidemmo di fare un esposto in Comune e istituimmo un comitato. Mio marito ed altri padri delle vittime si recarono a Palazzo Marino per ottenere la concessione del terreno sopra il quale sorgeva la scuola, ma poichè non si riusciva ad ottenerla, in quanto volevano effettivamente costruire un cinema, mio marito si alzò in piedi e disse queste testuali parole: "Ma la vita dei nostri figli vale dunque così poco?". A questo punto il sindaco, avvocato Antonio Greppi, commosso, allargò le braccia e rispose: "Sono padre anch'io... fate del terreno quello che volete".
Così si ottenne non solo l'appoggio del Comune, ma anche del sindaco, che riconobbe ufficialmente il nostro comitato a tutti gli effetti. Questo comitato per le onoranze ai Piccoli Martiri era così composto: dottoressa Tita Montagnani (moglie del senatore Montagnani), avvocato De Martino (reduce da Mauthausen), dottor Mario De' Conca, mio marito signor Luigi Rumi, signor Giovanni Zamboni e signor Gino Boerchi.
Il desiderio di noi genitori era di erigere un Monumento Ossario per tenere uniti i nostri figli e ricordare al mondo il sacrificio di tante vittime innocenti della guerra. Una parte della popolazione di Gorla, invece, tra i quali il Parroco d'allora, osteggiava la costruzione di questo Monumento, dicendo che quello non era un luogo sacro e preferiva che, con i fondi che sarebbero stati raccolti, si fosse costruito un asilo in parrocchia. Noi genitori, compatti, ci adoperammo in mille modi per procurarci i fondi necessari per avviare i lavori. I padri cominciarono la pietosa opera di scavare fra le macerie della scuola ed a togliere ad uno ad uno i mattoni, alcuni dei quali riportavano tracce evidenti dell'accaduto. Ogni mattone, se era in buono stato, valeva due lire, se era rovinato una lira soltanto. Quante lire mi sono passate per le mani e quante ne ho incollate e riordinate, stirandole! Ma il ricavato della vendita era troppo poco.
Cominciammo a raccogliere e vendere i tappi di stagnola delle bottiglie del latte, anche se questo ricavato era insufficiente. Contribuimmo poi alle spese in parte anche noi genitori e quante privazioni subimmo, perchè subito dopo la guerra la vita era molto cara e difficile per tutti. Intervenne allora la dottoressa Montagnani, che ci venne in aiuto organizzando al teatro alla Scala una serata di beneficienza e così poterono iniziare i lavori. Occorrevano però altri fondi e così la dottoressa Montagnani ci venne ancora in aiuto procurandoci del ferro, gentilmente offerto dalle Acciaierie Falck, in modo tale che il ricavato della vendita sarebbe servito per la prosecuzione dei lavori. La Rinascente, per la sua sede distrutta dalla guerra, avanzò del marmo di Candoglia e ce lo offrì: questo marmo venne utilizzato per l'approntamento dei loculi delle nostre vittime.
Venne in seguito organizzato un concorso tra alcuni scultori per eseguire un bozzetto del Monumento da dedicare ai nostri bambini e fra questi scegliemmo quello più adatto, realizzato dallo scultore Remo Brioschi. Detto bozzetto raffigurava una mamma piangente sulle cui braccia distese è adagiato il figlioletto morto per la guerra. Questo scultore si commosse e ci aiutò: realizzò l'opera d'arte chiedendo un compenso minimo. I fondi erano però ancora insufficienti e decidemmo allora di far stampare alcune cartoline raffiguranti il bozzetto e di venderle nelle scuole con l'approvazione del Provveditore agli Studi, professor Mazzuccanti. Con molti sacrifici noi genitori ci autotassammo ancora per poter ultimare i lavori e allo stesso tempo dare un contributo per l'asilo della parrocchia.
Finalmente il 20 ottobre 1947 si potè inaugurare il monumento, la cui madrina fu la dottoressa Montagnani, assistita dalla bambina Anna Maria Redaelli. I problemi però non erano finiti perchè i responsabili dell'eccidio offrirono una forte somma perchè il Monumento venisse demolito in quanto era una prova evidente del loro gravissimo sbaglio che li aveva portati a sganciare le bombe sulla scuola di Gorla invece che sullo scalo ferroviario di Greco.
Nelle fondamenta del Monumento Ossario è stata posta una pergamena con i nomi dei fondatori del Comitato del Monumento ai Piccoli Martiri, oltre a quello del sindaco Antonio Greppi e di Tita Montagnani. A tutte queste persone, ormai quasi tutte decedute, sono subentrate nel Comitato i loro figli, aiutati dall'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra che ogni anno, nella ricorrenza, organizzano la triste commemorazione. Con il passare degli anni, a poco a poco, dai vari cimiteri della zona fu possibile riunire le diverse cassettine ossario e, a gruppi, accompagnarle con cerimonia religiosa, ricoperte da drappi rosa o azzurri, al luogo della tumulazione.
Ora da anni sono tutti riuniti con i loro insegnanti nel lougo dove perironi e chiedono che il loro sacrificio non sia stato vano, ma sia monito per allontanare lo spettro della guerra.
Questa è la vera storia del Monumento Ossario dei Piccoli Martiri di Gorla, eretto con grande sacrificio dai loro genitori.

fonte: http://www.piccolimartiri.it


venerdì 18 ottobre 2013

Alfredo Oriani - in memoriam

Alfredo Oriani. 18/10/1909 - 18/10/2013

Ricordiamo la morte di Alfredo Oriani, il profetico letterato che nei tormentati anni dei governi Giolittiani di fine ottocento/ inizi novecento illustrò con sorprendente distacco e veridicità la decadenza dell' italiuccia amorale e materialista di quel periodo.

Un forte senso nazionalistico ispirò i suoi scritti, nella speranza di una rinascita spirituale della gente italica che ponesse l'uomo come motore della storia e non succube di essa, in quella rivolta ideale capace di far rinascere nell'individuo il senso dello Stato, della gerarchia, dell'Ordine, dei valori Tradizionali. Oriani auspicò il ritorno di un' aristocrazia nobile, spogliata dalle scorie ideologiche della rivoluzione francese e veramente degna di guidare il popolo verso la rinascita.
Identificato dal fascismo stesso come il suo precursore, Mussolini il 27 aprile 1924 così lo ricorda in un discorso, rivolgendosi ai giovani universitari fascisti, in occasione della celebre Marcia sul Cardello:




“Più gli anni passano, più le generazioni si susseguono e più splende questo astro, luminoso, anche quando i
tempi sembravano oscuri. Nei tempi in cui la politica del piede di casa sembrava il capolavoro della saggezza
umana Alfredo Oriani sognò l’impero; in tempi in cui si credeva alla pace universale perpetua, Alfredo Oriani
avvertì che grandi bufere erano imminenti le quali avrebbero sconvolto i popoli di tutto il mondo; in tempi in
cui i nostri dirigenti esibivano la loro debolezza più o meno congenita, Alfredo Oriani fu esaltatore di tutte le
energie della razza”
Benito Mussolini

mercoledì 16 ottobre 2013

Datemi la guerra!

Ah, per me, dico, datemi la guerra! È meglio cento volte della pace, come il giorno è migliore della notte; la guerra è cosa viva, movimento, è vispa, ha voce, è piena di sorprese. La pace è apoplessia, è letargia: spenta, sorda, insensibile, assonnata, e fa mettere al mondo più bastardi che non uccida uomini la guerra.

 William Shakespeare, Coriolano: atto IV, scena V 

martedì 15 ottobre 2013

Friedrich Nietzsche - in memoriam



"No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo invece più ricca, più desiderabile e più misteriosa - da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza - e non un dovere, non una fatalità, non una frode. E la conoscenza stessa: può anche essere per altri qualcosa di diverso, per esempio un giaciglio di riposo o la via ad un giaciglio di riposo; oppure uno svago o un ozio; ma per me essa è un mondo di pericoli e di vittorie, in cui anche i sentimenti eroici hanno le loro arene per la danza e per la lotta. "La vita come mezzo della conoscenza" - con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere."


Friedrich Nietzsche, 15-10-1844, 15-10-2013

lunedì 14 ottobre 2013

Ai confini del nero, presentazione editoriale [recensione]

Ieri si è svolta, in una splendida sala sul mare a Civitavecchia, la presentazione dell’ultima fatica di Mario Merlino, “ai confini del nero”. L’evento vedeva coinvolte nell’organizzazione più realtà militanti: oltre ad Azionepuntozero, hanno dato il loro apporto anche la Comunità militante Raido, Il Fascio Etrusco di Cerveteri, Casa d’Italia Colleverde e l’Associazione Culturale Leonidas. Un esperimento, inaugurato con la presentazione di ieri e che proseguirà in futuro. Esso nasce nel segno di una collaborazione per rendere più regolari i momenti di incontro, (importanti opportunità di dialogo e confronto) e che sottolinea come, seppur con diverse declinazioni, la maturità di confrontarsi lavorando per delle piccole iniziative consente la conoscenza e la coincidenza della disposizione d’animo, il cosiddetto “atteggiamento interno”, così caro a Rutilio Sermonti.
Dopo le parole del responsabile di Azionepuntozero, che ha introdotto la presentazione ringraziando i presenti e i relatori – in particolar modo i combattenti e l’Ausiliaria della RSI tra il pubblico - la parola è stata presa da Roberto Rosseti, giornalista rai, che ha introdotto il contenuto del testo.
Nel suo intervento, quest’ultimo ha tratto spunto da alcune parti del libro  per ricollegarsi attraverso anche alcuni aneddoti personali, alla lotta del singolo contro la sovversione del mondo moderno, ovvero il seguire sempre e comunque quella voce interna che guida le proprie scelte e che permette di non essere travolti nel decadimento costante ed irreversibile della società conformistica e livellatrice. Per fare ciò, sostiene il giornalista, occorre rimanere fermi ogni giorno, senza cedimenti e senza compromessi, seguendo sempre il sentiero anticamente segnato da quelle “pietre miliari” che immutabili, ferme e impassibili, fungono da punto di riferimento imprescindibile e che permettono di non perdere mai la direzione giusta, da seguire nel lungo cammino che porta ognuno al compimento del proprio destino. In conclusione Rosseti scandendo la citazione latina “ etiamsi omnes, ego non” (anche se tutti, io no) ricorda come di insidie, in un mondo come quello di oggi dove tutti vanno nella direzione opposta, ce ne sono molte, ed è per questo che si deve, sentendosi  forti della propria diversità, rimanere inflessibili e dritti in un mondo in rovina.

Roberta Di Casimirro ha poi continuato elogiando lo scritto del professor Merlino, eleggendolo come sua opera migliore, in quanto in grado di offrire un notevole coinvolgimento emotivo che trascina il lettore, specialmente colui che è in grado di coglierne gli aspetti profondi. I vari episodi, sono fortemente collegati tra di loro, ed ognuno di essi porta un insegnamento prezioso, da apprendere e attualizzare nel nostro agire quotidiano. Roberta ha sottolineato come fondamentale sia, ancor prima di preoccuparsi di non tradire gli altri, stare ben attenti a non tradire sé stessi, e nell’essere sempre coerenti nel pensiero e nell’azione. Questa continua verifica di sé e rettificazione porta a intraprendere un percorso interiore volto a scavare, a cercare sé stessi. Un percorso che non si interrompe mai, senza pause. Per fare ciò occorre spogliarsi delle ideologie che sono solamente rifugi, ripieghi nel quale l’uomo tende a infilarsi dandosi in questo modo una giustificazione per il suo agire lascivo, vile, scorretto.  Occorre uscire dalla soffocante gabbia imposta dal conformismo ed affrontare la verità, iniziando a lottare contro il mondo esterno. Sempre mantenendosi fermi, dare sempre il meglio di sé in ogni cosa che si fa, contro tutto e contro tutti.
In conclusione, la parola è passata all’autore Mario Michele Merlino - in abbigliamento “alternativo” per l’occasione (con tanto di “sobria” cravatta) - come sempre eccentrico e scanzonato che ha alternato accenni ad alto contenuto dottrinario con qualche piacevole pausa ironica. Nel  suo intervento ha sottolineato come ogni episodio narrato nel libro parli di persone realmente esistite (tranne in un caso) o ancora esistenti, però rielaborate liberamente, secondo il suo stile che si abbandona volentieri al piacere dello scrivere in libertà. Ciò non toglie il grande insegnamento che ogni storia (cinque in tutto) contiene, tutte comunque legate da un filo conduttore che vede ogni protagonista seguire il proprio destino, rendendo grande il proprio animo compiendo le giuste scelte. Scelte dettate dalla stessa visione del mondo, quella Weltanschauung che non ammette compromessi, di abbassarsi al patteggio.  Il Prof. Merlino ha poi auspicato che il lettore debba cogliere nei personaggi descritti il comune sentire che ne determina le azioni di chi combatte l’estrema battaglia del sangue contro l’oro, della Tradizione contro la sovversione. Un sentimento di appartenenza, dunque, che nel cuore di coloro che si sono spogliati dalle zavorre delle ideologie moderne, alimenta il fuoco di un’azione  che esclude ogni forma di tornaconto o soddisfacimento personale, così come ogni sorta di auto giustificazione e debolezza.  Merlino ha poi sottolineato il proprio elogio a tutte le comunità per l’occasione concessagli, ribadendo che  occasioni come quelle di ieri sono la testimonianza che la speranza nel trionfo della Verità è ancora viva, e che come una fiaccola ardente continua a portare luce in un mondo sempre più immerso nell’oscurità.

Un pranzo legionario, come da consuetudine, ha infine chiuso la positiva giornata vissuta interamente … “ai confini del nero”!

domenica 13 ottobre 2013

Su Priebke, a Santa Marinella, si agitano avvoltoi e sciacalli

Ci saremmo voluti risparmiare ulteriori considerazioni intorno al caso Priebke, già la storia relativa alle esequie negate e all'impedimento del legittimo ricongiungimento della salma a quella della moglie, morta anni fa, dovrebbe già bastare ed avanzare. Del resto se si dovessero celebrare funerali in chiesa solo per coloro che debbono andare in paradiso a giudizio dei viventi, le chiese sarebbero chiuse da un pezzo.
Evidentemente però, intorno a tali vicende, avvoltoi e sciacalli non possono proprio fare a meno di agitarsi.

Bisogna Essere degli Stronzi, per sporcare dei muri privati con scritte che non hanno senso.

Bisogna Essere dei dementi, per non amare Santa Marinella, sporcarla e porla al centro di vicende che con essa nulla hanno a che fare.

Bisogna essere dei cani, per non avere il giusto rispetto di un morto, per non avere il rispetto dovuto alle vittime delle Fosse Ardeatine.

Bisogna Essere degli schifosi, per "approfittare" della morte del Capitano Erich Priebke, per inneggiare allo"juden raus", facendo coincidere la morte di un uomo con tali slogan.



Bisogna Essere Dei Vermi, per andare in giro di sabato sera, magari in preda ai fumi dell'alcool o della droga, per associare nomi, vicende, slogan, per sentirsi dei ribelli.

Bisogna Essere Dei Malriusciti, se si va a fare delle scritte su una persona di cui probabilmente non se ne è mai conosciuto l'onore seppur nel travaglio delle proprie responsabilità.

Bisogna Essere Degli Arnesi del Nemico, se si scrive "nostro esempio" e poi - vermi schifosi - non conoscete nemmeno il modo in cui si scrive il suo nome.


Però, si potrebbe essere anche dei provocatori, degli utili idioti, dei depistatori, dei generatori di odio e, su questo, si potrebbe anche rifletterci su.

Poi però ci sono anche vigliacchetti di quart'ordine, che su facebook e in particolare su info@comune fanno i coraggiosissimi che campano su queste vicende per fare gli indignati e per dare per scontato che chi ha fatto le scritte sia di Santa Marinella.
Questi invertebrati - per i quali è sempre pronta una dose di calci in culo - danno del boia (probabilmente in memoria dei propri antenati partigiani comunisti, titini, senza Dio), danno del lurido (probabilmente tenendo a mente le infamie perpetrate sotto le insegne di cui si fa vanto) e dell'infame (in memoria dei propri compagni pentiti delatori da commissariato), ad Erich Priebke, cioè ad un morto.
Un Capitano della SS morto. Non solo.
Con lo spirito delle spie, dei codardi e dei profittatori, chiedono indagini, come nello stile del perfetto animo sbirresco, timoroso e pavido. Certo, su facebook è facile a fare i "matti".

Verrà il tempo nel quale, con le dovute misure, si ristabilirà la verità.
Per ora, si sappia che tra chi - avvoltoio e sciacallo - approfitta di queste vicende per mettersi alla ribalta è preferibile che se ne stia in disparte. Noi non amiamo piagnucolare interventi delle forze dell'ordine.
La memoria è una cosa seria, dell'una e dell'altra parte, nel rispetto delle parti però e su questo non ammettiamo compromessi.

Riposi in Pace, Capitano.



sabato 12 ottobre 2013

E' morto il Capitano Erich Priebke, non un rinnegato

“Una sola cosa conta: avere una vita valida, affinare la propria anima, aver cura di essa in ogni momento, sorvegliarne le debolezze ed esaltarne le tensioni, servire gli altri, spargere attorno a sè felicità ed affetto, offrire il braccio al prossimo per elevarsi tutti aiutandosi l’un l’altro. Compiuti questi doveri, che significato ha morire a trenta o a cento anni, sentir battere la febbre nelle ore in cui la bestia umana urla allo stremo degli sforzi? Che si rialzi ancora,  malgrado tutto! Essa è là per donare la sua forza sino al logoramento. L’anima solo conta e deve dominare tutto il resto. Breve o lunga, la vita vale soltanto se noi non avremo da vergognarcene nel momento in cui occorrerà renderla” (Leon Degrelle, Militia)


L'avvocato Paolo Giachini, difensore di Erich Priebke: "Ha saputo essere coerente, tenere duro. Non si è messo a piagnucolare. Ha saputo fare anche delle autocritiche, ma non ha fatto il rinnegato e questo gli fa onore"


venerdì 11 ottobre 2013

Quello strano colpo di Stato firmato Alba Dorata

Come sempre, non si può permettere che un partito che affermi l'identità di una Nazione alzi troppo la testa. Ecco subito pronte accuse ridicole, false testimonianze, prove inesistenti per incarcerarne gli esponenti: solite manipolazioni democratiche, volte a sopprimere una legittima opposizione politica che comincia a fare troppo rumore...

È davvero una strana inchiesta quella che ha portato al giro di vite contro Alba Dorata, il partito nazionalista greco accusato dalla magistratura ellenica di essere una associazione a delinquere. I fatti sono noti: il 17 settembre il rapper di sinistra Pavlos Fyssas è stato ucciso al termine di una rissa nata in un locale per futili motivi. L’assassino è stato accusato di essere un simpatizzante di Alba Dorata. Poiché, tuttavia, persino nella Grecia governata con pugno di ferro dalla troika la responsabilità penale è ancora individuale, occorreva trovare un modo per estendere un’indagine in grande stile dal presunto simpatizzante a tutto il movimento. L’indagine sulla morte di Fyssas si è quindi intersecata con la messa sotto accusa dell’intera Chrysì Avgì come associazione eversiva dedita alla violenza sistematica. La rissa in cui è morto il rapper avrebbe quindi avuto una regia lucida le cui responsabilità arriverebbero sino al leader stesso del terzo partito di Grecia.
In un crescendo di allarmismi non si capisce quanto fondati, il blitz contro oltre trenta esponenti del movimento nazionalista è stato spiegato addirittura con la necessità di sventare un golpe in atto. Come è stata giustificata questa accusa enorme? L’inchiesta si struttura su almeno quattro livelli.
1) Il governo greco sarebbe stato innanzitutto allertato da un’informativa dei servizi segreti greci e israeliani. L’informativa faceva riferimento al 28 settembre come la data prevista per il colpo di stato. Da qui l’accelerazione della repressione. Trattandosi di informative riservate, di servizi segreti, di indiscrezioni non confermate, è difficile saperne di più. L’efficienza dei servizi segreti israeliani non è certo in discussione, così come, però, una loro tendenza alla “informativa facile” quando si tratta di colpire Stati o movimenti ritenuti pericolosi (vedi le rassicurazioni sulla responsabilità siriana nell’attacco chimico del 21 agosto, sulle prime prese come oro colato dalle potenze occidentali e in seguito ritenute sempre meno affidabili). Su questo livello, tuttavia, sono possibili solo congetture. Ma questo vale anche per i “colpevolisti.
2) Si è anche parlato di infiltrazioni di Alba Dorata nelle forze di polizia. Sul punto, tuttavia, è difficile dire di più rispetto alla nota ufficiale del ministro della Difesa Dimitris Avramopoulos: “Non c’è stato alcun coinvolgimento o partecipazione nella gestione attiva delle forze speciali delle forze armate da parte di membri di Alba dorata”. Dato che il governo greco non è esattamente amico di Chrysì Avgì, una dichiarazione di una tale nettezza appare definitiva. Di sicuro si sa che una percentuale vicina al 50% dei poliziotti greci avrebbe votato per Alba Dorata alle elezioni parlamentari greche del giugno 2012. Il che, avendo ancora gli appartenenti alle forze dell’ordine greche dritto di voto, non è peraltro una colpa.
3) C’è poi la tesi del “doppio livello”: Alba Dorata avrebbe una struttura politica e una militare. A testimoniare tale tesi, le confessioni di alcuni “pentiti”, rigorosamente anonimi, che hanno raccontato le loro scomode “verità” sul volto reale del movimento. Si è parlato di squadre paramilitari pronte all’azione e di sedi piene i “catene e manganelli”. Un golpe fatto a catenate? La ricostruzione dei pm ha inoltre teorizzato il doppio livello facendo riferimento allo statuto che prevede espressamente la separazione delle due attività (politica e attivistica). Eversivi e pure idioti, questi greci che scrivono sullo statuto di celare gruppi paramilitari dietro la facciata politica. Gli stessi pm hanno sottolineato che questa struttura organizzativa sarebbe identica dal 1989. E ci hanno messo ventiquattro anni per scoprirli?
4) La prova più surreale del preteso golpe è infine quello che fa riferimento all’attività web di militanti e simpatizzanti. È stata data molta rilevanza, anche sui media italiani, all’articolo scritto da Ourania, figlia di Mikalioliakos, leader di Alba dorata, sul portale del partito: “Chiedete a voi stessi quanto siete disposti a sacrificare e quanto effettivamente avreste da perdere. Chiedete a voi stessi fin dove siete disposti ad andare. Sì, pochi sanno esattamente cosa voglio dire. Chiedetevi se si può perdere tutto, ma proprio tutto, per un’idea, la nostra idea. Basta chiedere a se stessi. Si può essere uno di noi, si può vivere solo per un’idea? Posso? Possiamo?”. Se questo è un invito al golpe, poteva certo essere più esplicito e meno retorico. E forse anche più riservato (ma l’idea del golpe annunciato via internet fa il paio con quella dell’ala paramilitare messa a verbale nello statuto). Qualche giornale ha anche parlato dei gruppi “militaristi” a cui sarebbe iscritto su Facebook il comandante in pensione Sotiris Tziakos, il capo designato della Grecia post-golpe. Caspita, un ex militare che segue pagine militariste: quando si dice uno scoop…
Insomma, a una prima occhiata, l’idea di un imminente colpo di stato nazionalista non regge. Tanto più che fare un golpe è un’impresa mica da ridere. Servono contatti reali, qualificati con l’esercito, non qualche trombone in pensione o qualche celerino manesco. Servono armi che non siano l’arsenale adatto a una scaramuccia fra ultras. Serve una organizzazione paramilitare interna ferrea, e qui ci si scorda che solo pochissimo tempo fa Alba Dorata era un partito dall’1% e che è improbabile che la crescita di consensi sia dovuta all’ingresso di frotte di soldati politici pronti a tutto. Qualche dubbio, del resto, devono averlo gli stessi giudici istruttori che dopo un lungo interrogatorio hanno incriminato quattro deputati di Alba Dorata ma hanno disposto il rilascio di altri tre in libertà vigilata (Kasidiaris, Panagiotaros e Michos). Pericolosi eversivi rimessi in libertà dopo pochi giorni di carcere?
In attesa di avere reali elementi concreti per giudicare la fondatezza di accuse che per ora sembrano un po’ campate per aria, resta da capire a che punto sia la democrazia in Grecia. È in effetti strano, al di là di qualsiasi giudizio di valore, che uno Stato messo in ginocchio dai diktat di organizzazioni sistematicamente sottratte al voto popolare possa mettere in piedi su basi tanto fragili un giro di vite contro il terzo partito del Paese. Le stesse garanzie formali previste dall’ordinamento greco sembrano essere state sospese: in Grecia, come da noi, vige l’immunità parlamentare ma il ministro degli interni Nikos Dedias ha scritto una lettera al Procuratore della Corte Suprema Euterpi Koutzomani, per chiedere di sospenderla per i deputati di Alba dorata, definendoli membri di un’organizzazione criminale. È la prima volta in Grecia, dal 1974, che alcuni deputati vengono arrestati senza che decada l’immunità parlamentare. Ad Atene, forse, un golpe c’è già stato, ma non per mano di Alba Dorata…


Documenti per il Fronte della Tradizione, fascicolo n.10 - Fascismo e sovversione

"Grazie al metodo democratico che concede alle masse lo pseudo potere di eleggere i propri rappresentanti, il governo giunge nelle mani di pochi uomini corrotti e a loro volta corruttori. Nel sistema democratico l'uomo politico è colui che riesce con mezzi spesso illeciti ed immorali ad estorcere il voto ad un certo numero di persone inidonee a giudicare ciò che sia bene e ciò che sia male per la "cosa pubblica", cioè per lo Stato..."


martedì 8 ottobre 2013

Rolando Rivi: una storia da conoscere e far conoscere

Sui media mainstream, dell'Angelus del Papa si sono solo ascoltate le parole relative alla tragedia di Lampedusa. Della Vicenda del Beato Martire Rolando Rivi, ammazzato dai partigiani comunisti all'età di 14 anni, nemmeno un cenno. Come è solito ....

Il 7 gennaio 2006 alle ore 16,00 è iniziato ufficialmente a Modena, nella Chiesa di S. Agostino, il processo di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Rolando Rivi, Seminarista morto Martire a 14 anni, ucciso per mano di partigiani comunisti, nel bosco di Piane di Monchio, nell’Appennino Modenese. 

Non conoscevo Rolando Rivi. Alcuni amici mi hanno invitato ad assistere alla cerimonia di apertura del processo di beatificazione così, sabato 7 gennaio assieme ad alcuni li loro, siamo partiti alla scoperta di questo giovane Martire e della sua storia. Alla fine della giornata ci siamo accorti che, conoscere Rolando Rivi, più che una scoperta, è stato un incontro, non solo per noi adulti ma anche per i nostri figli.

Il processo canonico di beatificazione e canonizzazione ha avuto inizio con il giuramento del vescovo di Modena e del Tribunale, in una Chiesa barocca che, a stento, conteneva centinaia di fedeli arrivati da ogni regione. Anche il nostro Vescovo, S. E. Mons. Luigi Negri, ha partecipato con un messaggio inviato a S. E. Mons. Cocchi Vescovo di Modena, di cui se ne ripropone una parte:

“Rolando Rivi è per me uno dei segni più singolari che la Provvidenza ha usato per ricordare a tutta la Chiesa che il nostro cuore deve stare di fronte a Cristo come quello di un bambino, con una totalità che gli ha consentito di subire il martirio, credo con tanta paura, ma con una certezza ed una letizia che hanno giudicato e giudicano ancora oggi i suoi assassini.
Da lui, piccolo ma gigantesco frutto della fede e della carità del vostro popolo, dobbiamo imparare, all’inizio di questo terzo millennio, nello svolgersi talora tormentato della nostra missione, la sua radicale semplicità ed il suo coraggio di fronte al mondo”.

La storia di Rolando Rivi si inserisce in uno dei capitoli più odiosi della nostra storia, quello della guerra civile dell’immediato dopoguerra e, inevitabilmente, ci fa ricordare dei 130 sacerdoti che tra il 1944 e il 1947 furono uccisi in odio alla fede cattolica (cfr “Storia dei preti uccisi dai partigiani” di Roberto Beretta – Piemme 2005).
La sentenza del tribunale emessa dalla corte di Appello di Firenze nel 1952 contro gli imputati dell’omicidio, afferma che il seminarista fu ucciso perché rappresentava “un ostacolo all’espansione locale del comunismo”. 
Oggi i resti di Rolando Rivi si trovano all’interno dell’antica Pieve di San Valentino di Castellarano dove furono traslati il 29 giugno 1997. E’ stato sorprendente constatare come sulla tomba ci siano sempre persone a pregare, a chiedere una grazia. Sono passati oltre 60 anni e la presenza di questo ragazzo è ancora viva a testimoniare come l’amore a Cristo fino al martirio, “Io sono di Gesù”, non conosce limite temporale e parla ancora oggi a ciascuno di noi.
Una vita semplice la sua, determinata dalla propria identità cristiana, testimoniata con tenacia fino alla fine: quando gli chiesero di sputare sul crocefisso e di togliersi la tonaca rifiutò; venne spogliato della veste talare, picchiato. Chi si oppose all’esecuzione dichiarò che la sentenza definitiva fu proclamata con le seguenti parole: «Uccidiamolo, avremo un prete in meno».
Ecco, in breve, il racconto della sua vita.
Rolando Rivi era nato a San Valentino di Castellarano (Re) il 7 gennaio 1931, da Roberto Rivi e Albertina Canovi. Cresciuto in un clima sereno e venne educato cristianamente dalla sua famiglia.
Decisamente vivace e intelligente nella primavera del 1942 confidò al suo parroco, Don Olinto Marzocchini, di volersi fare prete; ad ottobre dello stesso anno entrò nel Seminario minore di Marola (Carpiteti – Reggio Emilia). 
Nel giugno del 1944 il Seminario fu occupato dai tedeschi così i ragazzi e i sacerdoti furono mandati a casa. Rolando Rivi continuò a trascorrere le sue giornate studiando e vivendo da seminarista, continuando ad indossare la veste talare nonostante fosse pericoloso per il clima di odio generato dal fanatismo ideologico che aveva portato un gruppo di partigiani comunisti, durante l’estate di quello stesso anno, a picchiare, in un agguato notturno, Don Olinto Marzocchini. 
“…Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù” così dava ragioni a chi lo pregava di essere prudente e di non indossare l’abito talare.

Il 10 aprile del 1945, dopo aver partecipato alla Messa, tornò a casa, prese i libri e si recò a studiare nel boschetto poco distante, come era solito fare. A mezzogiorno i genitori, non vedendolo tornare, andarono a cercarlo ma trovarono un biglietto con scritto: “Non cercatelo. Viene un momento con noi, partigiani”. Alcuni partigiani comunisti, dopo averlo fatto marciare per 19 chilometri, lo portarono in un loro rifugio dove, dopo tre giorni di torture, lo uccisero con due colpi di pistola mentre in ginocchio, sul bordo della fossa che gli avevano fatto scavare, pregava per i suoi genitori.
Il padre di Rolando, Roberto Rivi, accompagnato dal parroco Don Alberto Camellini, che aveva sostituito Don Olinto Marzocchini, dopo varie ricerche riuscirono a farsi dire dai partigiani dove era il corpo del ragazzo. Chi aveva premuto il grilletto dichiarò “E’ stato ucciso qui, l’ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo”. Lo ritrovarono sotto un filo di terra; era la sera del 14 aprile 1945.


Autore: Santucci, Simonetta  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it