(www.rigenerazionevola.it) – Ripartire da Evola. La militanza contro l’accademia: è questo lo spirito ed anche il nome che ha dato, al suo evento d’esordio, il progetto “RigeneraAzione Evola”. L’obiettivo (dichiarato) è quello di recuperare il messaggio autentico tramandatoci da Julius Evola, da sempre figura di riferimento per i militanti che si riconoscono nel mondo della Tradizione, il quale negli ultimi decenni è stato però sempre più frainteso e mal compreso.
Mal comprensione da parte di chi, da un lato, per mascherare le proprie inadeguatezze, ha etichettato il suo lascito come “mito incapacitante”, cioè coloro i quali sarebbe meglio definire come gli “incapacitati dal mito”. Ma anche da parte di chi ha utilizzato Evola per colmare queste sue inadeguatezze, cercando taluni di trovarvi una guida per esperienze “magico-realizzative” (tra virgolette) tutt’altro che confortanti, rivolgendosi solo ad alcuni aspetti di un Evola arbitrariamente decontestualizzato ad uso e consumo proprio. Altri ancora, invece, cercando di mettere il suo pensiero a sistema, neutralizzandolo, de-politicizzandolo, facendovi dell’accademia, e annacquando, così, il fuoco delle sue parole e delle sue indicazioni tramite interpretazioni di comodo, tristemente “politicamente corrette”.
L’Evola evocato al convegno non è nulla di tutto ciò. E così, con l’esordio di sabato 30 gennaio, presso la sala “L’Universale”, in Roma, “RigenerAzione Evola” vuole recuperare Evola: non il “vero” piuttosto che il “falso” o l’”abusato” Evola, ma Evola. Sic et sempliciter. Perché Evola è ciò che egli stesso ci ha lasciato, al netto delle sue esperienze, anche estreme; esperienze che hanno permesso, all’uomo differenziato, allo Kshatriya – come amava definirsi – di poterci consegnare un fuoco. Un Evola uomo d’azione, politico, che sempre è stato capace di vivificare i Princìpi della Tradizione nel contesto in cui si trovò ad operare e vivere: dal Fascismo, quando sembrava che determinate forze potessero risvegliarsi, agli anni del secondo dopo guerra, in cui la china del mondo occidentale si fece sempre più discendente. Non l’Evola, dunque, idealizzato degli evoliani/evolomani, il cui idolatramento della personalità avrebbe fatto ribrezzo anche al Barone stesso, che nell’impersonalità ha invece sempre indicato la norma massima di vita, ma l’Evola che ci ha dischiuso un mondo più ampio, in cui abbiamo incontrato altre personalità del calibro di Guénon o Codreanu.
Rodolfo Sideri, primo relatore a prendere la parola, col suo intervento sui rapporti tra Evola ed il Regime fascista, ne ha sùbito messo in luce la sua estrema politicità. Seppur inviso ad alcuni degli ambienti che componevano la molteplicità delle correnti interne al Fascismo, Evola ebbe anche proficue collaborazioni come quella con Carlo Costamagna. Tale sforzo di Evola si concretizzò in un impegno sempre attivo, capace di dar vita ad importanti contributi tesi a correggere gli aspetti più caotici del Regime, cercando di rettificare lo Stato fascista in senso ghibellino e di proiettarlo verso un orizzonte spirituale, purificandolo da tutte le scorie più grossolanamente socialisteggianti e cercando di superare il nazionalismo elevandolo tramite l’Idea-forza della Romanità, per scongiurare derive “giacobine” sempre in agguato.
Maurizio Rossi, analizzando invece i rapporti tra Evola e il Regime nazionalsocialista, col suo intervento ne ha messo in luce le sua trasversalità e capacità di visione d’insieme, nonché il suo lavoro su di un piano più metapolitico. Sono note, infatti, le collaborazioni di Evola con il mondo tedesco dell’epoca, tese a propiziare quell’incontro tra le due aquile, ario-romana l’una, nordico-germanica l’altra, che già nel Medioevo ghibellino forgiarono lo spirito della migliore Europa. Anche queste intese mantenevano un respiro più alto, imperiale, e si concretizzarono con la sua collaborazione con numerose pubblicazioni ed interventi negli ambienti culturali del III Reich per cercare di imporre a concetti come “sangue”, “razza”, “suolo”, “comunità” una direzione ed un carattere spirituali, emancipandoli dal grezzo biologismo, strappandoli alla materialità. Altrettanto note sono le diffidenze con cui alcuni ambienti del Regime hitleriano guardarono al Barone, anche a causa della sua capacità di andare oltre gli steccati nazionalisti di un grezzo pangermanismo. C’è comunque da tenere a mente che nel 1943 c’era anche Evola, e pochi altri fidati, nel Quartier Generale di Hitler, ad attendere Mussolini all’indomani della sua liberazione dalla prigionia sul Gran Sasso. Un Evola, quello svelato da Maurizio Rossi, che fu un vero “homo faber”, non solo del suo destino, ma anche di quello dell’Europa dell’epoca.
E’ stata quindi la volta di Claudio Mutti, che si è concentrato sul rapporto tra Evola e Codreanu e gli uomini la cultura romena del tempo. Proprio in Codreanu Evola vide la miglior incarnazione del perfetto uomo d’azione la cui vita, votata alla Trascendenza tramite una rigida ascesi, permettesse di innestare quelle Forze dall’Alto che sole possono garantire la Vittoria all’agire politico. Il Barone rimase ammaliato da quel “Legionarismo ascetico” per cui la Guardia di Ferro, già Legione di San Michele Arcangelo, prima di essere un movimento politico fu un vero e proprio movimento di rinnovamento spirituale, i cui militanti, tramite il duro lavoro e la severa disciplina, erano chiamati a trasformarsi in eroi. Questi, ad esempio, erano votati periodicamente al “digiuno nero”, oltre che a dedicarsi regolarmente alla preghiera. La loro vita era consacrata alla povertà ed al rifiuto del lusso e della mondanità, mentre una divisione d’élite, interna allo stesso movimento, doveva votarsi al celibato. Tutto questo per destare quelle doti eroiche che più generosamente potessero spingere un legionario verso il sacrificio, sull’esempio di Ion Motza e Vasile Marin, i due martiri della Legione caduti nella guerra di Spagna da cui questa divisione d’élite prese poi il nome. Egli rimase a tal punto colpito da quest’esperienza militante che i termini da lui spesso utilizzati, “Uomo nuovo” e “Legionario”, furono presi in prestito proprio dal Movimento romeno ed entrarono così a far parte del vocabolario evoliano dopo questo fecondo incontro.
Chiude la serata l’intervento della Comunità Militante Raido, che è una delle realtà animatrici del progetto. Raido ha cercato di condensare l’insegnamento evoliano in quelle indicazioni di carattere etico ed esistenziale che potremmo chiaramente definire “Il sentiero della vita nobile”, indispensabile a tenerci in piedi tra le rovine. Sacrificio e impersonalità, rifiuto per tutto ciò che sia volgare e scomposto, senso della distanza, distacco, tener ferma la parola data, anche se possa creare uno svantaggio: questi sono quegli elementi di stile su cui si fonda la Visione spirituale della vita con cui l’uomo che ambisca a definirsi “della Tradizione” deve confrontarsi ogni giorno, per capire se è in balìa di una momentanea fascinazione o sia saldo in un nobile cammino ogni giorno più duro ed aspro. “Prima di pensare ad azioni esteriori, spesso dettate solo da momentanei entusiasmi, senza radici profonde, si dovrebbe pensare alla formazione di sé, all’azione su sé, contro tutto ciò che è informe, sfuggente o borghese”, con questa frase Evola ammonisce tutti coloro che non si accontentano della prigione dorata che è la mediocre vita borghese, che anzi vogliano scardinarla, distruggerne gli schemi, tramite un progetto, un’azione ed una condotta che siano veramente rivoluzionarie.
Chiudono la serata, a margine di quest’ultimo intervento, le parole di Evola scritte in Orientamenti, e lette da una voce rauca ma chiarissima: quella di Rutilio Sermonti. E’ sulla voce di questo Guerriero che si chiude questo primo incontro di RigenerAzione Evola. La sala, piena e attenta per tutto il tempo, dopo essersi goduta anche i pannelli della mostra “Evola+40” realizzata per l’occasione, via via defluisce… Ora sta a tutti noi dare seguito al motto dell’incontro: ripartire da Evola!
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