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lunedì 12 ottobre 2015

Dietro al Nobel al nobel della Alexievich c'è la propaganda anti-Putin


La farsa dei Nobel continua. Premio assegnato a chi sfoggia la solita minestra riscaldata di luoghi comuni, con tanto di critica alla dittatura Russa (ma che strano!) del "nuovo Stalin"
(Fonte: http://www.ildiscrimine.com)
Quando ho saputo che il Premio Nobel per la Letteratura era andato ad una scrittrice bielorussa, mi son detto subito: ne approfitteranno per attaccare Putin.Voglio essere ancor più preciso: ho pensato che gliel’avevano dato proprio per attaccarlo.E regolarmente ci ho preso.
Svetlana Alexievich non ha ancora messo in tasca il bel gruzzolo che spetta ai vincitori che già s’è messa ad esternare “autorevoli” e malevole dichiarazioni sul conto del presidente russo Vladimir Putin, del quale ella “non rispetta” l’idea di Russia. Cioè, la Russia è fantastica se parliamo di scienza e letteratura, ma come ci si addentra nella politica il novello oracolo, dal quale già pendono gli avidi lettori della letteratura anti-putiniana, ci ammannisce con le trite e ritrite lamentazioni sulla “dittatura” ed il “fascismo” che avrebbero nel Cremlino il loro centro propulsore. Non c’è che dire: molto originale per una scrittrice di romanzi.
Putin, per la Alexievich (che è per metà ucraina), fomenterebbe l’odio verso gli ucraini, il che è assolutamente falso perché semmai sono i vari fantocci del regime di Kiev (molti dei quali stranieri, ma graditi alla Cia) ad alimentare un nazionalismo fanatico anti-russo che ha provocato tante sofferenze agli abitanti delle regioni orientali russofone e danni enormi anche alla popolazione della parte occidentale, resasi conto troppo tardi della fregatura di “Euro-Maydan” resa possibile anche da quei professionisti della sovversione intellettuale che sono i “dissidenti”.
Ma quello che qui interessa è rilevare come questi “premi”, elargiti da conventicole “elitarie” sul cui conto girano racconti non proprio rassicuranti, abbiano decisamente fatto il loro tempo. Non che all’inizio avessero tutto questo senso, per carità. Ma almeno si può fare uno sforzo e collocarli in quel clima di proto-globalizzazione che ha prodotto la Società delle Nazioni (l’antesignana dell’Onu), le Esposizioni Universali ecc.
Oggi, quando dal cosmopolitismo e dall’internazionalismo anche un po’ ingenuo si è passati alla cosiddetta “globalizzazione” dal volto disumano, queste manifestazioni dalle quali devono uscire i nomi dei “benefattori dell’umanità” posti davanti alle opinioni pubbliche come fari e guide emanano sempre più un odore di falsità ontologica, che giunge ad ammorbare l’intero pianeta col suo fetore quando viene assegnato, in gran pompa, il “Nobel per la pace” (preventivo!) ad un genocida scatenato.
La massa, abituata a considerare questi riconoscimenti come una sorta d’investitura divina (e non l’esito di una combine tutta umana condotta senza esclusione di colpi) dovrebbe stare un tantino più accorta. O quantomeno accorgersi quando un “premio Nobel” si trasforma immediatamente in un megafono della propaganda atlantica. Che ha un gran bisogno di voci “autorevoli” nel momento in cui la Russia, in Siria come in Ucraina, va al contrattacco. Forse, questa signora così disponibile a prestarsi a certi giochetti, dovrebbe prendere esempio da un altro premio Nobel per la Letteratura. L’italiana Grazia Deledda, aggiudicatoselo nel 1926.
La Deledda, che di politica comunque si disinteressava, non approfittò della visibilità ottenuta per attaccare il capo del governo del suo Paese. Anzi, secondo quando riportato da alcune fonti, portò il suo saluto ai fascisti italiani residenti a Stoccolma, il cui rappresentante la venne ad incontrare alla stazione senza che la famosa scrittrice si lasciasse andare a manifestazioni d’antifascismo più o meno spettacolare e a buon mercato. Questo si chiama essere delle persone serie. Serie perché non si prestano a giochetti squallidi. E serie anche perché, pur avendo molto da dire ma non interessandosi strettamente di politica, preferiscono tacere e godersi la compagnia dei propri connazionali, “cattivi” e non.
Oggi, invece, ogni Nobel, ogni Oscar, ogni premio di questo mondo di cartapesta viene quasi senza eccezione attribuito per “meriti” che esulano da quelli per i quali – se proprio vogliamo accettare la logica dei “premi” – ciascun candidato dovrebbe meritarsi un così alto ed universale riconoscimento.

lunedì 31 agosto 2015

Europa, ascolta la lezione di Putin

Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.

La dovrebbe fare ancora di più quella Unione Europea che, oltre ad avere sulla coscienza la non ortodossa Terza Guerra Mondiale che si sta consumando nel disinteresse dei media e che sta segnando la colonizzazione lenta dei Pigs da parte di Francia e Germania, continua ad andare acriticamente a rimorchio degli Stati Uniti: un viaggio con l'unica bussola dell'interesse personale. Deve risultare chiaro che mai come in queste settimane si è andati vicini, vicinissimi alla Quarta Guerra Mondiale. Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia difficilmente rimarginabile nella credibilità di un'Unione azzoppata nei suoi valori costituenti. L'effetto a catena è facilmente immaginabile: le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica che regge l'Europa.
In un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE. Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d'influenza europea sarebbe stata un'occasione mediaticamente più succulenta che non la piccola isola del Mediterraneo. Un'occasione più simbolica che non economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche della politica obamiana.

E laddove non arriva l'autocritica americana, ci si aspetterebbe che almeno l'Europa battesse un colpo, quell'Europa culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l'UE, spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a supportare azioni contro l'avanzata del terrorismo islamico in Medioriente.
 
Questa sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto nei confronti dell'Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere (anglo)arabe un'intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato, continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a differenza degli Usa rimane l'unico punto fermo per la comunità di popoli che compongono la variegata Europa.

Oggi l'Europa insegna al mondo soltanto l'egoismo profondamente nazionalista radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere la presidentessa degli Stati Uniti d'Europa. Eppure il referendum greco dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio l'Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.
E pensare che recentemente Romano Prodi ha presentato il salatissimo conto delle sanzioni per l'Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo 0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l'idea di Europa che hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si era dati quando si fondò l'Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è intervenuta solo dove aveva interessi economici.
 

venerdì 17 agosto 2012

La rivoluzione non russa: pussy idiot e global media


È andata. Due anni di reclusione alle tre “Pussy riot”. Con l'augurio che possano presto sparire dalle cronache e smettere di appestarci lo sguardo e lo spirito.
Certamente, per qualche giorno sentiremo ancora qualche pupazzo di quelli creati ad arte dall'industria cine-musico-televisiva di stampo statunitense (ma non solo) stracciarsi le vesti per queste tre “damigelle” (per inciso: ma la fama della bellezza delle donne russe quanto ci rimette, ogni volta che le telecamere insistono con primi piani sulle imputate?). “Putin è cattivo, in Russia non c'è libertà”. Nell'email e su qualche social network vi arriveranno inviti a firmare petizioni o inviare messaggi di sdegno a qualche ambasciata. Certamente, potreste anche farlo. Prima però sarebbe buona cosa sapere cosa in effetti fanno, cosa hanno fatto le “femministe punk” al di là della “performance” sopra l'altare (sopra, non vicino: con i piedi sopra!) della Cattedrale di Cristo Risorto. Perché tra le migliori esibizioni del gruppo (che non è un gruppo musicale, come racconta la vulgata “occidentale”, ma un semplice drappello anti-governativo, in odore di finanziamenti di Soros) ci sono un'incursione in un supermercato, durante la quale una delle appartenenti al gruppo ha rubato un pollo scartandolo dalla sua confezione e nascondendolo nella vagina, e una al Museo Nazionale dove hanno inscenato un film porno, con una delle tre tra le più attive, nonostante fosse al nono (nono!) mese di gravidanza. Quindi, cantanti? Non più di quanto possano essere definite rubagalline o puttanelle...
La passione “musicale” pare infatti abbastanza recente, visto che per un concertino in Piazza al Cremlino le tre “artiste” erano già state redarguite (con una semplice multa) dalle autorità. Ma salire sull'altare della chiesa ortodossa più famosa di Mosca, evidentemente, non ha lo stesso peso e per le stesse autorità non è stato possibile tollerare oltre.
Il resto è cronaca ben conosciuta: lacrime in tribunale (ma come signorina Nadia: sulla maglietta non hai scritto un granitico “no pasaran!”?), appelli internazionali perché “non volevamo offendere nessuno” e via discorrendo. Ma vabbè, a ben guardare certi sedicenti “rivoluzionari” sono tutti uguali, in Italia e all'estero, quindi anche in Russia.
Il fatto è un altro, e quindi delle due l'una. O mi autorizzate ad andare a Piazza Affari (unico “santuario” che questo Stato è disposto a difendere), salire sui banchetti degli speculatori e intonare cori contro Mario Monti - e i giornalisti di Corsera, Repubblica e Il Sole-24 ore devono essere con me e Obama deve scriversi sulla schiena col pennarello (bianco) il mio nome - oppure le Pussy Riot stanno bene dove stanno ora.
Nota a margine: i tempi cambiano. Ho seguito la vicenda, approfondendo argomenti e particolari che sono completamente sconosciuti a gran parte del “pubblico occidentale”, collegamendomi a La Voce della Russia. Me lo avessero predetto nel 1988, gli avrei sputato in faccia: ma per avere notizie vere e verificate ed informarmi compiutamente su questo argomento, ormai, bisogna rivolgersi alla Russia...

Il Calabrone