La farsa dei Nobel continua. Premio assegnato a chi sfoggia la solita minestra riscaldata di luoghi comuni, con tanto di critica alla dittatura Russa (ma che strano!) del "nuovo Stalin"
(Fonte: http://www.ildiscrimine.com)
Quando ho saputo che il Premio Nobel per la Letteratura era andato ad una scrittrice bielorussa, mi son detto subito: ne approfitteranno per attaccare Putin.Voglio essere ancor più preciso: ho pensato che gliel’avevano dato proprio per attaccarlo.E regolarmente ci ho preso.
Svetlana Alexievich non ha ancora messo in tasca il bel gruzzolo che spetta ai vincitori che già s’è messa ad esternare “autorevoli” e malevole dichiarazioni sul conto del presidente russo Vladimir Putin, del quale ella “non rispetta” l’idea di Russia. Cioè, la Russia è fantastica se parliamo di scienza e letteratura, ma come ci si addentra nella politica il novello oracolo, dal quale già pendono gli avidi lettori della letteratura anti-putiniana, ci ammannisce con le trite e ritrite lamentazioni sulla “dittatura” ed il “fascismo” che avrebbero nel Cremlino il loro centro propulsore. Non c’è che dire: molto originale per una scrittrice di romanzi.
Putin, per la Alexievich (che è per metà ucraina), fomenterebbe l’odio verso gli ucraini, il che è assolutamente falso perché semmai sono i vari fantocci del regime di Kiev (molti dei quali stranieri, ma graditi alla Cia) ad alimentare un nazionalismo fanatico anti-russo che ha provocato tante sofferenze agli abitanti delle regioni orientali russofone e danni enormi anche alla popolazione della parte occidentale, resasi conto troppo tardi della fregatura di “Euro-Maydan” resa possibile anche da quei professionisti della sovversione intellettuale che sono i “dissidenti”.
Ma quello che qui interessa è rilevare come questi “premi”, elargiti da conventicole “elitarie” sul cui conto girano racconti non proprio rassicuranti, abbiano decisamente fatto il loro tempo. Non che all’inizio avessero tutto questo senso, per carità. Ma almeno si può fare uno sforzo e collocarli in quel clima di proto-globalizzazione che ha prodotto la Società delle Nazioni (l’antesignana dell’Onu), le Esposizioni Universali ecc.
Oggi, quando dal cosmopolitismo e dall’internazionalismo anche un po’ ingenuo si è passati alla cosiddetta “globalizzazione” dal volto disumano, queste manifestazioni dalle quali devono uscire i nomi dei “benefattori dell’umanità” posti davanti alle opinioni pubbliche come fari e guide emanano sempre più un odore di falsità ontologica, che giunge ad ammorbare l’intero pianeta col suo fetore quando viene assegnato, in gran pompa, il “Nobel per la pace” (preventivo!) ad un genocida scatenato.
La massa, abituata a considerare questi riconoscimenti come una sorta d’investitura divina (e non l’esito di una combine tutta umana condotta senza esclusione di colpi) dovrebbe stare un tantino più accorta. O quantomeno accorgersi quando un “premio Nobel” si trasforma immediatamente in un megafono della propaganda atlantica. Che ha un gran bisogno di voci “autorevoli” nel momento in cui la Russia, in Siria come in Ucraina, va al contrattacco. Forse, questa signora così disponibile a prestarsi a certi giochetti, dovrebbe prendere esempio da un altro premio Nobel per la Letteratura. L’italiana Grazia Deledda, aggiudicatoselo nel 1926.
La Deledda, che di politica comunque si disinteressava, non approfittò della visibilità ottenuta per attaccare il capo del governo del suo Paese. Anzi, secondo quando riportato da alcune fonti, portò il suo saluto ai fascisti italiani residenti a Stoccolma, il cui rappresentante la venne ad incontrare alla stazione senza che la famosa scrittrice si lasciasse andare a manifestazioni d’antifascismo più o meno spettacolare e a buon mercato. Questo si chiama essere delle persone serie. Serie perché non si prestano a giochetti squallidi. E serie anche perché, pur avendo molto da dire ma non interessandosi strettamente di politica, preferiscono tacere e godersi la compagnia dei propri connazionali, “cattivi” e non.
Oggi, invece, ogni Nobel, ogni Oscar, ogni premio di questo mondo di cartapesta viene quasi senza eccezione attribuito per “meriti” che esulano da quelli per i quali – se proprio vogliamo accettare la logica dei “premi” – ciascun candidato dovrebbe meritarsi un così alto ed universale riconoscimento.
Nessun commento:
Posta un commento