È andata. Due anni di reclusione alle
tre “Pussy riot”. Con l'augurio che possano presto sparire dalle
cronache e smettere di appestarci lo sguardo e lo spirito.
Certamente, per qualche giorno
sentiremo ancora qualche pupazzo di quelli creati ad arte
dall'industria cine-musico-televisiva di stampo statunitense (ma non
solo) stracciarsi le vesti per queste tre “damigelle” (per
inciso: ma la fama della bellezza delle donne russe quanto ci
rimette, ogni volta che le telecamere insistono con primi piani sulle
imputate?). “Putin è cattivo, in Russia non c'è libertà”.
Nell'email e su qualche social network vi arriveranno inviti a
firmare petizioni o inviare messaggi di sdegno a qualche ambasciata.
Certamente, potreste anche farlo. Prima però sarebbe buona cosa
sapere cosa in effetti fanno, cosa hanno fatto le “femministe punk”
al di là della “performance” sopra l'altare (sopra, non vicino:
con i piedi sopra!) della Cattedrale di Cristo Risorto. Perché tra
le migliori esibizioni del gruppo (che non è un gruppo musicale,
come racconta la vulgata “occidentale”, ma un semplice drappello
anti-governativo, in odore di finanziamenti di Soros) ci sono
un'incursione in un supermercato, durante la quale una delle
appartenenti al gruppo ha rubato un pollo scartandolo dalla sua
confezione e nascondendolo nella vagina, e una al Museo Nazionale
dove hanno inscenato un film porno, con una delle tre tra le più
attive, nonostante fosse al nono (nono!) mese di gravidanza. Quindi,
cantanti? Non più di quanto possano essere definite rubagalline o
puttanelle...
La passione “musicale” pare infatti
abbastanza recente, visto che per un concertino in Piazza al Cremlino
le tre “artiste” erano già state redarguite (con una semplice
multa) dalle autorità. Ma salire sull'altare della chiesa ortodossa
più famosa di Mosca, evidentemente, non ha lo stesso peso e per le
stesse autorità non è stato possibile tollerare oltre.
Il resto è cronaca ben conosciuta:
lacrime in tribunale (ma come signorina Nadia: sulla maglietta non
hai scritto un granitico “no pasaran!”?), appelli internazionali
perché “non volevamo offendere nessuno” e via discorrendo. Ma
vabbè, a ben guardare certi sedicenti “rivoluzionari” sono tutti
uguali, in Italia e all'estero, quindi anche in Russia.
Il fatto è un altro, e quindi delle
due l'una. O mi autorizzate ad andare a Piazza Affari (unico
“santuario” che questo Stato è disposto a difendere), salire sui
banchetti degli speculatori e intonare cori contro Mario Monti - e i
giornalisti di Corsera, Repubblica e Il Sole-24 ore devono essere con
me e Obama deve scriversi sulla schiena col pennarello (bianco) il
mio nome - oppure le Pussy Riot stanno bene dove stanno ora.
Nota a margine: i tempi cambiano. Ho
seguito la vicenda, approfondendo argomenti e particolari che sono
completamente sconosciuti a gran parte del “pubblico occidentale”,
collegamendomi a La Voce della Russia. Me lo avessero predetto nel
1988, gli avrei sputato in faccia: ma per avere notizie vere e
verificate ed informarmi compiutamente su questo argomento, ormai,
bisogna rivolgersi alla Russia...
Il Calabrone
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