venerdì 17 agosto 2012

La rivoluzione non russa: pussy idiot e global media


È andata. Due anni di reclusione alle tre “Pussy riot”. Con l'augurio che possano presto sparire dalle cronache e smettere di appestarci lo sguardo e lo spirito.
Certamente, per qualche giorno sentiremo ancora qualche pupazzo di quelli creati ad arte dall'industria cine-musico-televisiva di stampo statunitense (ma non solo) stracciarsi le vesti per queste tre “damigelle” (per inciso: ma la fama della bellezza delle donne russe quanto ci rimette, ogni volta che le telecamere insistono con primi piani sulle imputate?). “Putin è cattivo, in Russia non c'è libertà”. Nell'email e su qualche social network vi arriveranno inviti a firmare petizioni o inviare messaggi di sdegno a qualche ambasciata. Certamente, potreste anche farlo. Prima però sarebbe buona cosa sapere cosa in effetti fanno, cosa hanno fatto le “femministe punk” al di là della “performance” sopra l'altare (sopra, non vicino: con i piedi sopra!) della Cattedrale di Cristo Risorto. Perché tra le migliori esibizioni del gruppo (che non è un gruppo musicale, come racconta la vulgata “occidentale”, ma un semplice drappello anti-governativo, in odore di finanziamenti di Soros) ci sono un'incursione in un supermercato, durante la quale una delle appartenenti al gruppo ha rubato un pollo scartandolo dalla sua confezione e nascondendolo nella vagina, e una al Museo Nazionale dove hanno inscenato un film porno, con una delle tre tra le più attive, nonostante fosse al nono (nono!) mese di gravidanza. Quindi, cantanti? Non più di quanto possano essere definite rubagalline o puttanelle...
La passione “musicale” pare infatti abbastanza recente, visto che per un concertino in Piazza al Cremlino le tre “artiste” erano già state redarguite (con una semplice multa) dalle autorità. Ma salire sull'altare della chiesa ortodossa più famosa di Mosca, evidentemente, non ha lo stesso peso e per le stesse autorità non è stato possibile tollerare oltre.
Il resto è cronaca ben conosciuta: lacrime in tribunale (ma come signorina Nadia: sulla maglietta non hai scritto un granitico “no pasaran!”?), appelli internazionali perché “non volevamo offendere nessuno” e via discorrendo. Ma vabbè, a ben guardare certi sedicenti “rivoluzionari” sono tutti uguali, in Italia e all'estero, quindi anche in Russia.
Il fatto è un altro, e quindi delle due l'una. O mi autorizzate ad andare a Piazza Affari (unico “santuario” che questo Stato è disposto a difendere), salire sui banchetti degli speculatori e intonare cori contro Mario Monti - e i giornalisti di Corsera, Repubblica e Il Sole-24 ore devono essere con me e Obama deve scriversi sulla schiena col pennarello (bianco) il mio nome - oppure le Pussy Riot stanno bene dove stanno ora.
Nota a margine: i tempi cambiano. Ho seguito la vicenda, approfondendo argomenti e particolari che sono completamente sconosciuti a gran parte del “pubblico occidentale”, collegamendomi a La Voce della Russia. Me lo avessero predetto nel 1988, gli avrei sputato in faccia: ma per avere notizie vere e verificate ed informarmi compiutamente su questo argomento, ormai, bisogna rivolgersi alla Russia...

Il Calabrone

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