L'8 settembre, come ogni anno, rappresenta per tutti una
data “storica” , degna di essere ricordata. Anche per noi vale la stessa
consuetudine, ma a differenza della massa democratica, conformista e
indottrinata, questa data per noi rappresenta un grave marchio di
infamia,vigliaccheria e tradimento. La data dell'Armistizio
dell'8 settembre del 1943 è arrivata anche quest'anno.
Ogni considerazione personale riguardo ciò che fu e
rappresentò l'8 settembre sarebbe superflua, perciò ci limiteremo a descriverlo
prendendo in prestito le parole di un uomo che visse in prima persona quella
vicenda e che nell'opera “L'Italia nel XX secolo” seppe renderne al meglio la
dimensione e le caratteristiche.
“[...] accomiatatosi dal suo Primo Ministro con una stretta
di mano, alla fine del colloquio (il re) lo fece infatti arrestare da alcuni
carabinieri, caricare su un'ambulanza (beninteso per proteggerlo) e rinchiudere
in tutta fretta in Prati, nella caserma degli allievi Carabinieri. Incaricato
di formare il nuovo governo di tecnici fu nientemeno che il sinistro Pietro
Badoglio, ed ebbero inizio quei quarantacinque giorni di cui occorreranno
secoli, per quanto si faccia, a cancellare la macchia dal tricolore italiano.
Tutti i più sublimi vertici del disonore,della viltà e dell'idiozia
mirabilmente fuse e amalgamate furono alacremente toccati e superati nel
volgere di otto settimane scarse. Primo atto del nuovo governo fu quello di
rassicurare l'alleato tedesco sul fermo intendimento di tener fede al patto e
di continuare la guerra al suo fianco. Il Badoglio fece un tale continuo uso
del suo “onore di soldato” che ci fu tra i tedeschi persino qualche ingenuo che
pensò che quell'onore esistesse davvero. […]
Mentre però giurava agli alleati tedeschi “l' Italia non
capitolerà mai” il Savoia faceva prendere contatti fin dal 15 agosto,
attraverso l'ambasciata inglese a Madrid, con il nemico, per negoziare la
resa. Non vi è spazio, in questa breve
rievocazione, per esporre minuziosamente i comportamenti incredibili per
stolidità,dilettantismo e servilismo, con cui Badoglio e complici giunsero, in
17 giorni -guadagnandosi tutto il disprezzo anche da parte degli
angloamericani- alla firma dell'armistizio breve, seguito dopo pochi giorni
dall'armistizio lungo, in ambedue i quali i negoziatori italiani si limitarono
ad accettare illimitatamente ed incondizionatamente tutte -non una esclusa- le
imposizioni nemiche. Non si curarono nemmeno di accennare al desiderio che nel
corso delle brevissime trattative -se così possono essere definite- cessassero
almeno i feroci bombardamenti terroristici, sicché altre migliaia di
trascurabili civili indifesi trovarono la morte, mentre una congrega di alti
miserabili faceva a gara nell'accattare benemerenze davanti agli invasori.
Ma non basta: anche senza pretendere che gente di una tale
levatura morale sentisse l'elementare obbligo di chi improvvisamente defeziona
una lotta comune di fare il possibile per limitare il danno che simile
defezione arreca a chi quella lotta la continua, avrebbero potuto quanto meno
astenersi dal pugnalare alle spalle i combattenti, almeno finchè si continuava
con le professioni sviscerate di lealtà e solidarietà. Invece tutto il
badogliume si prodigò nel fornire al nemico tutte le informazioni sullo schieramento
tedesco in loro possesso in qualità di
alleati.
[…] Comunicato l'armistizio alla radio la sera dell'8
settembre, quello che avrebbe dovuto essere il Re d'Italia e il suo maresciallo
e capo del governo ebbero una sola preoccupazione: salvare la pelle, scappando
come ladri colti sul fatto a mettersi sotto l'ala protettiva e sprezzante degli
invasori della loro Patria a Brindisi. Roma fu abbandonata, senza programmi ne
ordini, alla prevedibile reazione tedesca, le Forze Armate presenti in Italia
come oltre i confini (compresi ben 300.000 uomini nei Balcani) lasciate senza
direttive, e persino le carte più riservate furono dimenticate nella fretta
spasmodica della fuga,sui tavoli del Ministero della Guerra, nella stanze dove
la real famiglia e i suoi guerrieri erano corsi a nascondersi appena fatto il
colpo.”
Rutilio Sermonti,
L'Italia nel XX secolo,
Edizoni all'insegna del Veltro
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