martedì 8 settembre 2015

8 Settembre



L'8 settembre, come ogni anno, rappresenta per tutti una data “storica” , degna di essere ricordata. Anche per noi vale la stessa consuetudine, ma a differenza della massa democratica, conformista e indottrinata, questa data per noi rappresenta un grave marchio di infamia,vigliaccheria e tradimento. La data dell'Armistizio dell'8 settembre del 1943 è arrivata anche quest'anno.

Ogni considerazione personale riguardo ciò che fu e rappresentò l'8 settembre sarebbe superflua, perciò ci limiteremo a descriverlo prendendo in prestito le parole di un uomo che visse in prima persona quella vicenda e che nell'opera “L'Italia nel XX secolo” seppe renderne al meglio la dimensione e le caratteristiche.

“[...] accomiatatosi dal suo Primo Ministro con una stretta di mano, alla fine del colloquio (il re) lo fece infatti arrestare da alcuni carabinieri, caricare su un'ambulanza (beninteso per proteggerlo) e rinchiudere in tutta fretta in Prati, nella caserma degli allievi Carabinieri. Incaricato di formare il nuovo governo di tecnici fu nientemeno che il sinistro Pietro Badoglio, ed ebbero inizio quei quarantacinque giorni di cui occorreranno secoli, per quanto si faccia, a cancellare la macchia dal tricolore italiano. Tutti i più sublimi vertici del disonore,della viltà e dell'idiozia mirabilmente fuse e amalgamate furono alacremente toccati e superati nel volgere di otto settimane scarse. Primo atto del nuovo governo fu quello di rassicurare l'alleato tedesco sul fermo intendimento di tener fede al patto e di continuare la guerra al suo fianco. Il Badoglio fece un tale continuo uso del suo “onore di soldato” che ci fu tra i tedeschi persino qualche ingenuo che pensò che quell'onore esistesse davvero. […]
Mentre però giurava agli alleati tedeschi “l' Italia non capitolerà mai” il Savoia faceva prendere contatti fin dal 15 agosto, attraverso l'ambasciata inglese a Madrid, con il nemico, per negoziare la resa.  Non vi è spazio, in questa breve rievocazione, per esporre minuziosamente i comportamenti incredibili per stolidità,dilettantismo e servilismo, con cui Badoglio e complici giunsero, in 17 giorni -guadagnandosi tutto il disprezzo anche da parte degli angloamericani- alla firma dell'armistizio breve, seguito dopo pochi giorni dall'armistizio lungo, in ambedue i quali i negoziatori italiani si limitarono ad accettare illimitatamente ed incondizionatamente tutte -non una esclusa- le imposizioni nemiche. Non si curarono nemmeno di accennare al desiderio che nel corso delle brevissime trattative -se così possono essere definite- cessassero almeno i feroci bombardamenti terroristici, sicché altre migliaia di trascurabili civili indifesi trovarono la morte, mentre una congrega di alti miserabili faceva a gara nell'accattare benemerenze davanti agli invasori.
Ma non basta: anche senza pretendere che gente di una tale levatura morale sentisse l'elementare obbligo di chi improvvisamente defeziona una lotta comune di fare il possibile per limitare il danno che simile defezione arreca a chi quella lotta la continua, avrebbero potuto quanto meno astenersi dal pugnalare alle spalle i combattenti, almeno finchè si continuava con le professioni sviscerate di lealtà e solidarietà. Invece tutto il badogliume si prodigò nel fornire al nemico tutte le informazioni sullo schieramento tedesco  in loro possesso in qualità di alleati.
[…] Comunicato l'armistizio alla radio la sera dell'8 settembre, quello che avrebbe dovuto essere il Re d'Italia e il suo maresciallo e capo del governo ebbero una sola preoccupazione: salvare la pelle, scappando come ladri colti sul fatto a mettersi sotto l'ala protettiva e sprezzante degli invasori della loro Patria a Brindisi. Roma fu abbandonata, senza programmi ne ordini, alla prevedibile reazione tedesca, le Forze Armate presenti in Italia come oltre i confini (compresi ben 300.000 uomini nei Balcani) lasciate senza direttive, e persino le carte più riservate furono dimenticate nella fretta spasmodica della fuga,sui tavoli del Ministero della Guerra, nella stanze dove la real famiglia e i suoi guerrieri erano corsi a nascondersi appena fatto il colpo.”

Rutilio Sermonti, L'Italia nel XX secolo,

                                                                                                          Edizoni all'insegna del Veltro

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