(Fonte: http://www.maurizioblondet.it)
Egregio signor Blondet, la riconosco come mio maestro e sentendomi io un suo allievo, le chiedo se può fornirmi la sua autorevole opinione in merito a una mia considerazione: mi sembra che il concetto di “progresso”, sia estraneo alla cultura classica: mi pare d’ aver capito che i fondatori della civiltà occidentale, gli antichi Greci, non credessero che lo scorrere in avanti del tempo, porti sempre e comunque a qualcosa di migliore di quanto c’ era prima, convinzione che è un caposaldo della cultura anglosassone e rivoluzionaria francese: secondo lei, mi sbaglio se dico che tale idea è una “contaminazione” della cultura ebraica, dalla quale gli Anglosassoni paiono particolarmente soggiogati ?
Cordiali saluti
Massimo
Caro”allievo”, il problema che mi poni mi appassiona poco oggi. Mi pare più urgente denunciare il progressismo come nemico della società, anzi della civiltà, e suo disgregatore. Lo dico alle scene selvagge avvenute a Colonia, dove mille e più “profughi siriani” hanno aggredito, palpato, derubato, violentato almeno novanta donne tedesche, islamicamente strapieni di alcool (comprato col sussidio dello Stato progressista); ad una polizia che, abituata a multare per divieto di sosta una popolazione obbediente e civile, s’è trovata completamente disarmata e sopraffatta; ai media progressisti che hanno taciuto per cinque giorni la verità orribile, perché smentiva il mito progressista che l’integrazione è semplice, che le “identità culturali”, le religioni, i costumi, siano differenze trascurabili, coloriti elementi di folklore.
Paradossalmente, i violentatori islamici non hanno fatto che obbedire a quel che la loro “cultura” suggerisce a giovani maschi robusti, senza mogli, in terra di conquista e di infedeli, dove le donne si scoprono e sono prede, in un paese che disprezzano e deridono proprio perché li paga, veste e nutre in base ad una ideologia dell’accoglienza che non possono se non deridere: il che – sia detto per inciso – spiega a posteriori benissimo come mai i dittatori locali, gli Assad, gli Al Sisi, i Gheddafi trattano le loro popolazioni col pugno di ferro, le esecuzioni e il terrore. Lasciate “libere” a celebrare le loro primavere, quelle plebi fanno quel che hanno fatto a Colonia: cominciando con il massacrare i loro avversari religiosi e politici, e finendo allo stupro di massa.
Tutto ciò era prevedibile. E’ il progressismo – ormai diventato senso comune dell’uomo-massa – che s’è reso cieco, insultando chi metteva in guardia da un’”accoglienza” a milioni come xenofobo, fascista, egoista, ottuso oscurantista – perché “il progresso esige la fine dello stato nazionale” , il “progresso” essendo la globalizzazione dettata dai poteri transnazionali – e le identità nazionali sono un residuo del passato, da “superare” e bisogna avanzare a marce accelerate nella civiltà unica, dove tutti saranno facilmente omologati. E’ il progressismo che ha reso stupida la nostra Boldrini, che due mesi fa’ esaltava l’accoglienza di Colonia come “vittoria dell’accoglienza e della lungimiranza”, e che oggi fa’ dire alla sindachessa che le concittadine devono imparare a “tenere a distanza di un braccio gli estranei”: consiglio che vale per un ricevimento in giardino; un po’ meno utile in caso di invasione barbarica. Invasione, beninteso, essa stessa provocata dal progressismo. Dalla convinzione ideologicamente ottimista che una società possa reggere con altri milioni di immigrati venuti da altre culture, e mantenere lo stesso livello di civismo, di ordine; per non parlare dello stato sociale che viene aggredito, delle previdenze sanitarie, provvidenze per la vecchiaia e sicurezze economiche che sono demolite dall’assalto. In Italia sono milioni gli immigrati, e per metà sono disoccupati o inoccupati, mogli e figli che gravano sul sistema senza pagarne i costi…
Qui si vede finalmente chiaro – spero – che il progressismo sta sgretolando la civiltà come noi la conosciamo. Essa è frutto di millenni di conquiste difficili, strappate con esperienze collettive dolorose, che hanno creato identità, costumi più dolci (per esempio la disabitudine alla violenza, che ci rende inermi); ma è proprio del progressismo spregiare il passato, pensare che la modernità non ha nulla da imparare dalle tradizioni, che esse non sono che “superstizioni” di antichi oscurantismi ovviamente “superati”. Residui e spazzatura da depurare l’uomo “moderno” in quanto moderno. Che deve fiorire in un paesaggio paradisiaco perché senza tracce di antico, liberato da “autoritarismi” e “credenze irrazionali”, specie religiose…
Già almeno 70 anni fa’ Ortega y Gasset spiegava che “il progressismo è incapace di trasmettere il progresso”, proprio perché ritenendo di non aver nulla da imparare dalla tradizione, non la trasmette – non la insegna – ai “barbari verticali” che investono la società europea dal di dentro, sotto forma di nuove generazioni, di figli da educare – da civilizzare. Per questo scrisse che il progressismo è un vizio culturale “la cui cura o correzione è una delle riforme più urgenti da compiere nella mentalità contemporanea”.
Non curato o corretto, il vizio progressista, con il suo corollario di stupido ottimismo intellettuale, già non sapeva civilizzare i barbari verticali, ossia insegna il progresso ai propri figli, che infatti crescono barbari, obbedienti alle loro pulsioni immediate, viziati da una società che li incita al godimento edonista e dozzinale; figurarsi se può civilizzare i barbari esterni, che ha idiotamente invitato.
Ormai dovrebbe essere evidente che il progressismo ha raggiunto un grado peggiore, è sceso in un livello in cui è ancora più pericoloso: non solo non sa mantenere il progresso, ma lo distrugge volontariamente.
Dal “Vero o Falso” al “Nuovo o Vecchio”
Come? Perché esso ormai, a forza di politicamente corretto ed essendo diventato la “cultura comune” dell’uomo-massa – ricordiamo, colui per cui vivere è essere quello che già è, senza alcuno sforzo su di sé per migliorarsi – s’è reso il compito più facile: è il progressismo che si arroga oggi di definire quello che è “progresso” e che non lo è. Per esempio, ha deciso che è “progressista” l’accoglienza senza limiti di immigrati venienti da mille parti del mondo. Altro esempio: ha decretato che è “progresso” la teoria del gender, ossia che i sessi non sono un dato naturale ma una “abitudine culturale” ereditata dal passato (oscurantista); per cui ritiene suo dovere progressista insegnare ai bambini già all’asilo, se maschietti, a sentirsi femmine, e se femmine a farsi maschi: ciò li educherebbe, secondo i progressisti, a diventare cittadini che “non discriminano i gay”.
Hanno definito “progresso” anche il “matrimonio” degli omosessuali, oltre che l’esibizione svergognata della propria inversione. Così è stato facile colpire come omofobi coloro che mettono in guardia da un simile attacco ai costumi. Che per millenni la società europea si sia retta (fra l’altro) sulla contenutezza sessuale e l’educazione al pudore e al riserbo intimo, se non alla sublimazione delle pulsioni, per i progressisti non conta nulla; anzi peggio, è una superstizione da cui liberare l’uomo, perché non resti negato dai “tabù”. L’esibizione dei finocchi nei gay pride è “educativa” per la società, la toglie dal suo “immobilismo” e moralismo. Naturalmente, con l’apertura della fogna omosessuale hanno aperto ad uno sbocco di liquame che si riversa nella società con effetti ripugnanti, che si vedranno. Un altro contributo alla demolizione della civiltà spacciato come progresso.
Si sono resi il compito facile: definiscono loro che è “progresso” dare alle coppie omosessuali il diritto ad adottare bambini altrui. Così non devono più nemmeno portare argomenti. “Siamo il fanalino di coda in Europa”, dicono le Boldrini, i Renzi. E questo basta. Ora, una simile argomentazione è una pura e semplice offesa all’intelletto. Non lo sembra ai progressisti solo perché hanno sostituito le domande permanenti (che esigono risposte ardue) con una stupida: non più “ è bene o male?” , ma “è vecchio o nuovo”? Una questione di verità e di giustizia diventa una questione di moda.
Se sei contro, non sei alla moda. Così si abbandonano ai più devastanti esperimenti di ingegneria sociale – siamo già alla proposta di insegnare ai bambini dell’asilo la masturbazione – perché hanno sostituito le antitesi permanenti, che guidano la civiltà da sempre “Vero o Falso, “Giusto o Ingiusto”, “Bene-Male”.
Naturalmente, questo vizio infuria ormai senza freni nella istituzione che un tempo almeno ricordava (se non difendeva più) la tradizione: la Chiesa. Dove il modernismo, forma clericale del progressismo, ha ormai il potere totale. E si è reso il compito facile accettando un’idea scaduta, pù raggiungibile, di “bene”. Per due millenni ha in qualche modo salvaguardato l’idea che “progresso” è formare i caratteri propri figli a dominare le proprie pulsioni, valorizzare la purezza (propria e delle donne), pretendere da sé una cavalleresca superiorità e coraggio, coltivare la fedeltà, lealtà, la dignità, la capacità di soffrire, di abnegazione e sacrificio per il bene comune e il prossimo: così sé costituita la civiltà. Adesso la Chiesa ha decretato la misericordia per tutti e punta all’Onu delle religioni e alla religione di Gaya, dove è peccato non fare la raccolta differenziata (facile no?). Ovviamente nessuna istanza ricorda più quella che per Ortega (che nemmeno era credente) era la necessaria filosofia cui l’Europa doveva tornare come “la sola che possa salvarla: tornare a capire che l’uomo, gli piaccia o no, è un essere obbligato per costituzione a cercare un’istanza superiore”. E che l’uomo-massa essendo incapace appunto di darsela, la deve ricevere: da un’autorità eccellente.
L’autorità! Vade retro. Negli anni ’70 un esploratore e scrittore francese, Jean Raspail, scrisse in un romanzo, Il Campo dei Santi, quel che avviene oggi: torme di milioni di immigrati dal terzo mondo che invadono su barconi l’Europa, e l’Europa che ne muore. Per questo, soffre da quarant’anni nel ghetto in cui il progressismo l’ha chiuso: razzista , xenofobo, denunciato dalla Lega anti-discriminazione (in Italia il libro è stato pubblicato da AR, editrice- ghetto della cultura di destra impresentabile) Nel 2013 una rivista ha avuto il coraggio di chiedergli quel che penava del “problema dell’immigrazione” e di come secondo lui si poteva risolvere.
“Non ci sono che due soluzioni – rispose stanco (ha 90 anni) Raspail – o si prova di accomodarcisi, e la Francia, la sua cultura, la civiltà , sarà cancellata senza nemmeno che si facciano i funerali, ed è quello che secondo me avverrà. Oppure non ci si adatta affatto – ossia si cessa di sacralizzare l’Altro e si riscopre che il “prossimo” è anzitutto quello che vive al tuo fianco. Ciò suppone che per qualche tempo si lascino da parte queste “Idee cristiane diventate folli”, come diceva Chesterton, questi ‘diritti dell’uomo’ sviati, e che si prendano le misure di allontanamento collettivo e senza appello per evitare la dissoluzione di un paese. Al punto in cui siamo, le misure che dovremmo prendere sarebbero forzatamente molto coercitive. Non ci credo, e non vedo alcuno che abbia il coraggio di prenderle. Bisognerebbe mettere in gioco la propria anima…”.
Nessun politico farà nulla. “E’ come il debito pubblico, lo stanno passando ai nipoti: saranno loro a vedersela coi problemi dell’immigrazione di massa. L’Europa cammina verso la morte”.
Morta di progressismo.
Maurizio Blondet
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