Da Sparta, uno dei massimi esempi
di società tradizionale basta su valori guerrieri e nostro imperituro
riferimento, una testimonianza che ribadisce l’importanza di affrontare
qualsiasi momento della nostra vita con quell’allegria e quell’ottimismo
che sono sintomi sintomi di quel “distacco”, dalle cose che compiamo e
dai frutti che ne possiamo ricavare, che deve sempre
contraddistinguerci.
Non con superficialità però! Questa la lasciamo a chi, per invidia o impotenza, spara sentenze.
[...] Una volta, mentre stavo facendo
una commissione, ho visto Leonida, il re in persona, incapace per più di
un minuto di alzarsi in piedi, ripiegato su se stesso, e il tutto per
una banalissima battuta. Ogni volta che tentava di rialzarsi, uno dei
suoi Compagni di Tenda, un capitano dalla barba e dai capelli brizzolati
ormai vicino alla sessantina – che per il re era poco più che un
ragazzo, tanto che si rivolgeva ancora con il soprannome dato durante l’agogè –
lo tormentava ripetendogli la battuta, magari con qualche variazione,
cosa che gli creava un altro convulso di risa e lo faceva di nuovo
piegare in due.
Questi episodi, come altri, rendevano
Leonida caro ai suoi uomini, tutti quanti, non solo gli Uguali
spartiati, ma anche i guerrieri e i perioikoi. Perché gli
uomini vedevano il loro re che, a quasi sessant’anni, faceva la loro
stessa vita. E sapevano che in battaglia non sarebbe stato nelle
retrovie, ma avrebbe combattuto fianco a fianco con loro, e magari nella
posizione più pericolosa e più calda.
Comunemente si crede – e gli spartani
fanno di tutto per alimentare tale credenza – che l’addestramento
militare dei lacedemoni sia brutale e assolutamente privo di momenti di
allegria. Niente è più lontano dal vero. Mai in vita mia ho sperimentato
situazioni in cui l’ilarità generale sia stata più vivace e più sincera
di certi momenti di addestramento sul campo. Gli uomini ridono e
scherzano e si lanciano battute dall’attimo in cui si risvegliano al
suono della salpinx fino all’ora in cui, stanchi morti, si
avviluppano nel mantello per dormire, e anche allora non è difficile
sentire qualcuno che parlotta e qualcun altro che scoppia a ridere
magari in un angolino remoto del campo, finchè il sonno, che cala come
un colpo di maglio, arriva a sopraffarli.
È quell’ umorismo particolare dei
soldati che nasce dal dover sopportare insieme situazioni di estremo
disagio e tristezza che spesso risulta povero a coloro che sono estranei
e non condividono le stesse esperienze. “Che differenza c’è tra un re
spartano e un soldato semplice?” chiede un soldato al suo compagno,
mentre entrambi si preparano a dormire all’aperto sotto una pioggia
battente. L’amico finge di pensarci su in un atteggiamento volutamente
drammatico. “Il re dorme in quella buca laggiù”, risponde poi. “Noi
dormiamo in questa buca qui.” (Da "Le Porte di Fuoco")
Tratto da azionetradizionale.com
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