Il 1943 può essere
definito come l’anno delle illusioni: si illusero i congiurati del Gran
Consiglio del Fascismo di salvare il Regime sacrificando Mussolini; si illusero
il Re e Badoglio di tradire l’alleato senza pagare dazio; si illusero i ragazzi
di Salò di difendere l’onore d’Italia e finirono col combattere i propri
fratelli; si illusero i partigiani di sostituire la dittatura fascista con
quella del proletariato, pensando di fare dell’Italia una repubblica sovietica e
si ritrovarono, invece, a sostenere la monarchia e l’occupante americano; si
illusero infine gli italiani convinti che la guerra fosse finita, quando invece
ne stava per iniziare una seconda ben peggiore.
Tutto ebbe inizio
il 25 luglio 1943 quando, con una
deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo, il Regime cessò di esistere.
Mussolini, pur potendo rigettare l’ordine del giorno del Ministro Grandi e far
arrestare i congiurati, inspiegabilmente accettò il deliberato che lo esautorava
di tutti i suoi poteri per essere trasferiti al Re.
Intanto Vittorio
Emanuele III con i vertici delle Forze Armate tramava per liquidare Mussolini,
come primo atto per poi passare dalla parte vincente, quella degli
alleati.
Il responso del Gran
Consiglio, contrariamente alle intenzione dei protagonisti (che di fatto si
comportarono come utili idioti, per dirla alla Lenin), tornò utile al Re per
dare una insperata veste istituzionale a
quello che fu a tutti gli effetti un Colpo di Stato.
L’indomani Mussolini,
rispettoso delle regole e convinto della correttezza di Vittorio Emanuele III,
si presentò al monarca per rassegnare le proprie dimissione da Capo del Governo.
Il Re, il cui unico scopo era quella di salvare la corona e se stesso dal
tracollo bellico, con un atto inconcepibile dal punto di vista istituzionale, lo
fece sequestrare (e non arrestare in quanto ne mancavano i presupposti
giuridici).
Tutti i poteri furono
affidati ai vertici dell’esercito che instaurarono una dittatura militare con a
capo il Maresciallo Badoglio. Del nuovo esecutivo nessun esponente politico ne
faceva parte in quanto i partiti rimanevano fuori legge al pari del partito
fascista nel frattempo sciolto.
A parte qualche
spontanea manifestazione di giubilo, derivante dall’equivoco che con la caduta
del regime sarebbe finita la guerra, degli antifascisti e dei partigiani neanche
l’ombra, li avremmo visti solo dopo al seguito delle vittoriose truppe
alleate.
Il nuovo governo si
affrettò a rassicurare l’alleato tedesco circa la fedeltà dell’Italia e il
proseguimento della guerra al suo fianco e nel contempo avviò segreti contatti
con gli angloamericani per passare armi e bagagli dalla parte del nemico, nella
patetica illusione di uscire indenni da una guerra che volgeva al
peggio.
L’8 settembre del 1943
arrivò l’annuncio di Badoglio che chiamò armistizio quello che in realtà fu
tradimento: nel volgere di 24 ore i tedeschi divennero improvvisamente nemici e
gli invasori americani alleati.
Questo atto scellerato
non mutò le sorti del conflitto, non servì a lenire le sofferenze della
popolazione civile che continuò a lungo a morire sotto i bombardamenti
terroristici dell’aviazione angloamericana. Servì solo a scatenare l’ira
vendicativa di Hitler, in quel momento padrone assoluto del nostro Paese.
Con il rovesciamento del
fronte e il passaggio dell’Italia dalla parte degli angloamericani (che faceva
presagire una rapida e vittoriosa conclusione del conflitto), si riorganizzarono
i vecchi partiti che seppero, soprattutto quello comunista che aveva mantenuto
una sua struttura clandestina, cogliere al volo quella insperata opportunità di
tornare ad essere protagonisti della vita politica italiana. La guerra invece
continuò per altri 18 mesi e nel conflitto tra eserciti si inserirono i
partigiani, alcuni smaniosi di ricostruirsi una verginità politica dopo essersi
affermati grazie al regime, altri per attribuirsi delle onorificenze da spendere
al tavole della spartizione del potere alla fine del conflitto. E fu guerra
civile.
Questi sono i fatti che
ognuno può giudicare, ma che dubito si possano
contestare.
Gianfredo Ruggiero, presidente Circolo Culturale Excalibur –
Varese
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sufficiente citare la fonte.
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