prima di pensare di poter cambiare le cose, cominciamo a pensare a cosa non va in noi stessi. Il miglioramento non si ottiene architettando congetture astratte su come si deve riformare un mondo alla rovina, ma bisogna cominciare da un lavoro quotidiano e costante su sé stessi, domandandosi costantemente se le proprie azioni sono giuste o meno, se si segue la via della Verità o no. Se non si mette in discussione il proprio animo e non si fa il primo passo verso una ricerca del miglioramento, allora non si è fatto nulla.
Non abbiamo voglia di riformare questo mondo, ma solo di rivoluzionarlo. Ce lo ripetiamo da sempre e lo ripetiamo a tutti coloro che quotidianamente si lamentano delle scorrettezze di questo o quel politico o dell’”inciviltà generale” della politica. Come corrispettivo delle grandi ingiustizie ricambiano con piccole ingiustizie quotidiane che sperano pareggino i conti, un giorno, alla fine del gioco. Prima o poi, si ripetono, le cose cambieranno. Ma dovranno cambiare in grande, secondo loro, a partire dalle grandi ingiustizie che vedono in televisione o leggono sul giornale senza pensare alle loro piccole e misere ingiustizie quotidiane. Senza guardarsi nelle mani che quotidianamente si sporcano. Senza guardarsi allo specchio di fronte al quale ogni mattina si truccano. I cambiamenti in grande sono una viziata volontà di riformare il mondo che ci circonda non di rivoluzionarlo. Sono i comportamenti quotidiani che devono riprendere ad essere giusti. Essere esempio di giustizia negli ambienti di lavoro e in comitiva, in fabbrica e a scuola, nelle università e a casa, per le strade e al cinema. Lì vogliamo che cambino le cose. E non si pensi che sia cosa semplice, anzi. Non esistono, ci ammoniva Evola, piccoli o grandi tradimenti: esiste solo il tradimento. È da lì che dobbiamo partire. Rivoluzionare le nostre anime non riformare le leggi è il nostro obiettivo.
fonte: Azionetradizionale
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