A partire dalla fine del secolo
scorso la società civile, finanziata rigorosamente da ingenti somme estere, ha
messo in moto una gigantesca e sottile campagna, che continua tutt’ora,
consistente nell'educare i giovani ad essere “aperti”, “tolleranti” e “senza
complessi”, guarda caso proprio quello di cui ha bisogno il mercato
internazionale del lavoro. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: la
generazione Erasmus. Quest'ultimo è il nome del programma universitario europeo che permette
agli studenti di trascorrere parte della loro carriera accademica in un paese
dell’Unione, istruendoli ad essere “flessibili” e internazionalisti o, ancora
meglio, la generazione “Work and Travel”. Questa formula, indica le offerte lavorative
provenienti da paesi lontani indirizzate ai giovani attirandoli a lavorare per
delle paghe misere in cambio della possibilità di viaggiare, adescandoli con la
promessa dell’esperienza e della novità.
Una intera generazione di giovani
cresciuta non avendo alcuna aderenza alla terra, che non desidera nulla per il
proprio paese, se non un’occasione per andarsene oltre i mari e in paesi
esotici per un “job”. La sua libertà non significa altro che la libertà di
essere nessuno, di evadere il più lontano possibile dalla nave naufragata. Una
parte di questi naufraghi non vogliono neanche più tornare. Ma non perché sarebbero
disgustati dell’incompetenza e della corruzione
della classe politica antifascista (motivo molto serio tra l’altro) che hanno ridotto il paese sul lastrico, ma
perché non hanno più alcun valore che giustifichi un ideale. Non hanno un
sentire in base al quale associarsi per dare vita a una forza sociale. Non
trovano motivi per rimanere o per ritornare a casa perché sono privi di
qualsiasi forza creatrice.
Cos’altro avrebbero
da proporre al di fuori di americanismi e gadget d’ultima ora?
Ci si muove progressivamente
verso il modello della “società aperta”, nella quale l’unico diritto reale è
quello della “libera circolazione”. Aspetto, quest’ultimo, paradossale, che è
facilmente vibile nel caso dell’Europa dell’est, la quale con la caduta del
blocco comunista, ha si guadagnato il diritto a viaggiare liberamente, ma ha
perso il diritto di rimanere a casa.
Si spera che ben presto i giovani
prendano coscienza del fatto che i problemi si possono risolvere solo
attraverso “noi stessi”, raggruppandosi, mediante il lavoro e il sacrificio.
Un’altra via semplicemente non esiste.
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