Pubblichiamo
un articolo che chiarisce i motivi del voltafaccia avvenuto l'8 settembre 1943
di cui oggi ricorre il triste anniversario. Mentre tutti festeggiano, non
rendendosi conto di avere rinnegato la propria storia, la propria tradizione e
le proprie radici, noi vogliamo ribadire come in quella fatale data (come anche
nel maggiormente celebrato 25 aprile) l'Italia abbia finito di scrivere da sé
il proprio destino per affidarlo ad altri, divenendo colonia sottomessa ai
poteri forti del sistema liberal-capitalistico. Se oggi ci ritroviamo un patria
ignava, sciatta e menefreghista, con un governo inutile e scialacquone, lo
dobbiamo agli individui che allora, insinuatosi tanto abilmente quanto
viscidamente (causa l'eccessiva fiducia che Mussolini riponeva nei suoi uomini)
nelle più alte gerarchie militari dello Stato, hanno patteggiato nell'ombra,
consegnando la propria terra al nemico. È il risultato dell'opera orchestrata per bene da chi, con una visione del mondo che ignora, o meglio calpesta, quei Principi e quei
Valori che oltrepassano l'egoismo e la visione individualistica in favore di un
bene più alto (e che avevano permesso la rinascita del nostro Stato dalle ceneri del primo dopoguerra), ha spianato la strada alla livellatrice e narcotizzante visione consumistica-materialistica che ci ha reso un Paese di inermi e paciosi schiavi ...
Come
ogni anno ci approssimiamo alla data che vide nel 1943, anche se annunciato, il
clamoroso voltafaccia dell’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. Le
istituzioni democratiche salutano come sempre la ricorrenza, richiamando il
popolo attraverso i soliti comunicati e le solite messe in scena agli immor(t)ali
valori della Resistenza e dell’Antifascismo.
Mentre
tutti sono impegnati ad esaltare quello che di fatto fu un capolavoro di viltà
e di tradimento, noi vorremmo analizzare le cause, che portarono l’Italia,
allora una potenza regionale ed una delle più importanti nazioni al mondo, ad
intraprendere una guerra di tale portata nell’improvvisazione e nell’impreparazione
più assolute e ad uscire dal conflitto in maniera tanto ignobile.
Come
è noto, l’Italia fascista dal maggio del 1939 era unita alla Germania nazionalsocialista
da un trattato di alleanza, il Patto di Acciaio, che obbligava i due contraenti
a intervenire in guerra a fianco dell’alleato. Mentre la retorica antifascista
addita tale patto come l’ennesima prova dell’imperialismo e dell’aggressività
dei due regimi, noi sappiamo che già da tempo le democrazie liberal-capitaliste
occidentali, in primo luogo Regno Unito e Francia erano attivamente schierate
contro i due paesi, dei quali temevano non tanto la potenza quanto l’attitudine
spiccatamente anti-capitalista e anti-democratica. Basti pensare
all’atteggiamento degli occidentali durante la Guerra di Etiopia (1936) e la Guerra civile Spagnola
(1936-1939), durante le quali i regimi fascisti furono apertamente e aspramente
condannati. Nel primo caso si rimproverava agli italiani di aver ingiustamente
sottratto agli Etiopi la loro terra (n.b. Francia e Inghilterra erano all’epoca
i due più grandi imperi coloniali al mondo), mentre nel secondo gli
italo-tedeschi erano accusati di aver illegittimamente interferito con gli
affari interni di un paese straniero (… ma rifornimenti di uomini, armi ed
equipaggiamenti affluivano puntualmente ai nemici di Franco attraverso la
frontiera francese e dai porti nel Mediterraneo su navi sovietiche). Fu in
questa condizione che Italia e Germania formarono un’alleanza, per difendersi
dall’aggressiva coalizione antifascista che si era costituita in Europa.
In
tale contesto, vista l’impossibilità di arginare l’ascesa dei paesi fascisti
sul piano politico e diplomatico, era inevitabile che, messa da parte
l’ipocrita e vile retorica pacifista, le nazioni occidentali decidessero per un
intervento armato contro i due alleati. Il pretesto per tale intervento è l’invasione
tedesca della Polonia, che incoraggiata dalle promesse di protezione
anglo-francesi, si ostinava a non voler restituire Danzica (… una città tedesca
ingiustamente assegnata ai polacchi al termine della Grande Guerra).
Non
solo nell’arco dei trenta giorni della campagna di Polonia gli inglesi e i
francesi non invieranno neppure un uomo in aiuto del loro alleato, che avevano
giurato di difendere, ma lasceranno mano libera alla Russia sovietica, per
invadere e sottomettere la metà orientale della nazione…
Eppure,
gia da ora iniziano le prime avvisaglie di quello che sarebbe accaduto l’ 8
settembre del 1943 con l’armistizio e il tradimento italiano. Mentre la Germania era aggredita
dalle potenze straniere (infatti, furono Francia e Inghilterra a dichiarare
guerra ai tedeschi dopo l’attacco alla Polonia nel 1939), gli italiani, che in
base al Patto d’Acciaio avrebbero dovuto intervenire in difesa del loro
alleato, fanno sapere di non essere intenzionati a scendere in campo. Nel
partito fascista e nel governo esisteva, infatti, una forte corrente
anti-tedesca, formata per lo più da opportunisti e da appartenenti ad ambienti
legati all’industria, alla monarchia e alla massoneria, i quali in combutta con
le istituzioni massonico-mondialiste internazionali, spingevano per tenere
l’Italia fuori dalla guerra.
La
situazione assume però una piega del tutto imprevista. I tedeschi, dopo aver
ultimato la conquista della Polonia, occupano quasi senza sforzo Danimarca e
Norvegia e nel maggio del 1940 travolgono la Francia con la loro guerra-lampo. A questo punto,
vedendo prossimo il crollo dello schieramento democratico, gli stessi che pochi
mesi prima avevano premuto per il non intervento ora vedono una clamorosa
opportunità. Sperano di accontentare amici e nemici, dichiarando la guerra
senza farla e, schierano l’Italia in prima linea, senza che l’industria e le
forze armate siano minimamente preparate al confronto internazionale. La fine
della guerra sembra ormai prossima, infatti, l’Inghilterra da sola non è in
grado di contrastare la forza dell’Asse, è assediata e aggredita su tutti i
fronti l’isola e sarà costretta a cedere.
Ed
è proprio a questo punto che la miserabile opera dei traditori inizia a
corrodere la solidità e la compattezza del nostro schieramento. L’ingresso in
guerra dell’Italia, anziché imprimere una svolta decisiva al conflitto (come
avrebbe benissimo potuto essere) regala agli Alleati le loro prime vittorie. Gli
alti comandi dell’esercito e soprattutto della marina sono infatti disseminati
di ufficiali ostili al regime e notoriamente filo-monarchici e filo-britannici.
Costoro hanno il preciso obiettivo di condurre le forze armate italiane al
disastro, come avviene per tutta la durata della guerra. La X armata italiana viene
catturata quasi al completo in Libia; Malta la principale roccaforte inglese
non viene occupata, sebbene sia praticamente sguarnita; Taranto la principale
base della marina militare viene attaccata ed espugnata da una piccola forza
Inglese, mentre le difese italiane non sparano un solo colpo e via discorrendo.
Mentre
al fronte i nostri soldati sono lasciati in balia di questi traditori, che per
altro in patria vengono riconosciuti come valorosi e brillanti ufficiali, in
Italia gli industriali, i medesimi che sostenevano la non belligeranza, si
godono i profitti della guerra, infatti, le forniture belliche sono scientemente
mantenute su livelli obsoleti, perchè la modernizzazione della produzione
avrebbe rappresentato un costo aggiuntivo per l’industria.
I
nostri soldati sono così mandati a combattere su carri armati che non riescono
a perforare le corazze nemiche e su aerei con motori privi di filtri per la
sabbia. La Marina dal canto suo non è da meno.
Durante la famosa “Battaglia dei convogli”, tra il ‘40 e il ’43, che vide
contrapposte le forze aero-navali dell’Asse e degli Alleati, che rifornivano le
rispettive truppe in Nord Africa, gli Alti Comandi della nostra flotta, sebbene
potessero disporre della quarta marina più potente al mondo, inferiore soltanto
alla statunitense, alla giapponese e alla britannica (tra l’altro dispersa su
una varietà di scacchieri), non solo cedono costantemente informazioni al
nemico (… gran parte degli ammiragli italiani è sposato o imparentato con donne
inglesi o americane), ma muovono la flotta navale con una logica ben precisa,
volta al temporeggiamento e poi alla distruzione o alla resa di navi e uomini. Quando
la superiorità inglese è evidente gettano i convogli in bocca al nemico, quando
il nemico è in netta inferiorità ritirano le loro navi, con la scusa di non
voler consumare carburante e di non mettere in pericolo le loro unità,
lasciando campo libero. La Marina, che avrebbe potuto imprimere una svolta
decisiva alla nostra guerra, è così resa totalmente inoffensiva.
Il
seguito di queste vicende è gia noto. Nel 1943, mentre la guerra volge
complessivamente a sfavore dell’Asse (controffensiva sovietica sul fronte
orientale, vittorie aero-navali americane nel Pacifico e conquista del Nord Africa
da parte degli anglo-americani), si consumano gli atti finali della farsa
italiana. L’isola di Pantelleria roccaforte italiana nel Mediterraneo,
presidiata da 12.000 uomini al comando (…tanto per cambiare di un ammiraglio),
si arrende senza combattere (sconfortante il confronto con Iwo Jima, primo
lembo di terra giapponese invaso dagli americani, dove l’intera guarnigione
preferì sacrificarsi in attacchi suicidi dopo un’accanita resistenza) e
l’intera flotta italiana, forte di unità, che avrebbero reso l’avanzata alleata
estremamente difficile, se non impossibile, si consegna al nemico o si
autoaffonda. A Roma, intanto, Mussolini è sfiduciato e messo agli arresti,
mentre i gerarchi, la famiglia reale e gli alti ufficiali, dopo essersi
accordati con il nemico, si danno ad una precipitosa fuga, proprio mentre inglesi
e americani avanzano in Sicilia, commettendo ogni genere di atrocità contro la
popolazione.
Forti
della totale situazione di sbandamento politico-militare, gli antifascisti, che,
fino ad ora erano rimasti nascosti e mimetizzati, danno vita ad una delle più
infami pagine della storia del nostro paese, quella della guerriglia
terroristica (non certo Resistenza, ma meri atti di prevaricazione, violenze,
omicidio e ladrocinio compiuti spesso da comuni criminali, avanzi di galera in
libera uscita), portata avanti da molte compagini partigiane e in parte
riscattata dal coraggio e dalle valorose imprese dei combattenti della
Repubblica Sociale Italiana e della Wermacht.
In
conclusione, possiamo assolutamente affermare, che quello che viene commemorato
l’8 settembre e il 25 aprile di ogni anno da parte delle nostre istituzioni
coloniali (… l’Italia è di fatto, come anche il resto dell’Europa, una colonia americana)
non è altro che l’epilogo di una infinita serie di trame, di tradimenti e
complotti. Quest’ultimi orditi - contrariamente ad una visione del mondo basata
sui valori di Lealtà, Onore, Sacrificio e Giustizi – da chi ha preferito
battersi per gli interessi economici e la volontà di dominio di potenze
straniere, governate segretamente da elìte finanziarie e massoniche.
“…
sotto quali simboli, cercarono di organizzarsi le forze per una possibile
resistenza, è noto. Da un lato, una nazione che, da quando era divenuta una,
non aveva conosciuto che il clima mediocre del liberalismo, della democrazia e
della monarchia costituzionale, osò riprendere il simbolo di Roma come base per
una nuova concezione politica e per un nuovo ideale di virilità e di dignità.
Forze analoghe si svegliarono nella nazione, che, essa stessa, nel Medioevo
aveva fatto suo il simbolo romano dell’Imperium, per riaffermare il principio
di autorità e il primato di quei valori, che nel sangue, nella razza, nelle
forze più profonde di una stirpe hanno la loro radice. E mentre in
altre
nazioni europee dei gruppi si orientavano già nello stesso senso, una terza
forza si aggiungeva allo schieramento nel continente asiatico, la nazione dei
samurai, nella quale l’adozione delle forme esteriori della civilizzazione
moderna non aveva pregiudicato la fedeltà ad una tradizione guerriera incentrata
nel simbolo dell’Impero solare di diritto divino. […] Se i nostri
uomini
furono o no all’altezza del compito, se errori furono commessi in fatto di
tempestività, di
completa
preparazione, di misura del rischio, ciò sia lasciato da parte, ciò non è cosa
che pregiudica il significato interno della lotta che fu combattuta.” (cit. da
Orientamenti di Julius Evola, Edizioni Il Cinabro). Ecco svelarsi la
straordinaria lotta dei Combattenti della RSI che contrastarono queste
parassiti del genere umano, con l’unico obiettivo di creare un mondo totalmente
soggetto a logiche materialistiche, utilitaristiche ed individualistiche. Un
mondo vuoto e triste, popolato da uomini deboli e facili da dominare. Ci rattrista di dover constatare che il loro
progetto è, fino ad ora, pienamente riuscito. Nostro, Uomini in mezzo alle
rovine, il compito della risalita.
Franco
Del Ghiaccio
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