Un articolo interessante, da leggere e riflettere, che ben chiarisce il perché prima di sparare sentenze a destra e a manca, e sbandierare ai tradimenti, bisogna imparare ad essere giudici severi di sé stessi e delle proprie azioni.
Nel cosiddetto
“ambiente” (cosiddetto di Destra) è spesso un gran vociare di “tradimenti”
vari, visto che va sempre di gran moda la gara a chi è più intransigente e
ortodosso. Il più grande, a detta di molti, quello di Fiuggi: la cosiddetta
svolta del Msi in Alleanza Nazionale (1995).
Lasciando da parte il fatto
che non ci è chiaro di quale “tradimento” si parli, visto che il Msi – camerati
caduti ed alcune rare personalità a parte… – non è mai stato un vero movimento
nazional-rivoluzionario, e perciò identico nella sostanza alla sua successiva
evoluzione (An), quello che vogliamo qui evidenziare è come il “tradimento” sia
una sorta di costante del (neo)fascista.
Ebbene si.
Perché se si inorridisce per la svolta aennina bollandola come scelta eretica e
infame, e prendendola come riferimento del tradimento maximo per eccellenza, allora bisognerebbe fare
un pochino di più ampia autocritica richiamandosi alla precedente esperienza
Fascista (con la F maiuscola) per capire dove – per così dire – Fiuggi o tutti
gli altri “tradimenti”, piccoli e grandi, traggano origine storica e…
antropologica.
Il tradimento
del 25 luglio, che costò a Mussolini e all’Italia umiliazioni e dolori
profondi, non è il tradimento pour excellence della
storia fascista. Nemmeno l’8 di settembre, tanto più che, in quel caso, a
macchiarsene non furono dei fascisti.
Il tradimento
dei tradimenti fu quello dei tantissimi giovani fino a quel momento allevati
dal Regime come fucina d’élite e futuri quadri
dirigenti dello Stato fascista. Ci riferiamo a quel vasto mondo giovanile che,
per anni, animò l’ambiente interno al triangolo: “Guf”-”Scuola di Mistica
Fascista”-”Littoriali”. La denuncia, che non è nostra e non è di oggi, ha avuto
in Nino Tripodi e nel suo libro-denuncia “Italia fascista in piedi!” il suo
massimo paladino. Tripodi che fu littore e fu “gufino” (appartenente cioè ai
Guf, i Gruppi Universari Fascisti) racconta con dovizia di particolari il
tradimento di quella generazione che fece dell’intransigenza e della (allora di
moda) “bonifica integrale” i propri cavalli di battaglia. Forse non erano
veramente di “battaglia”, bensì di “Troia” (i cavalli, si badi bene, e non
“figli di…”!), fatto sta che quei giovani così solerti e accaniti animatori
delle riviste del tempo (ufficiali e controllate dal Pnf), battaglieri
polemisti e vivaci intellettuali, così solerti al richiamo di Marte
distruggitore e dello Stato Totalitario, Gerarchico e Corporativo, finirono in
molti, quasi tutti, riciclati nel successivo regime democratico. Non come
esponenti di terzo o quart’ordine, ma come “prima linea”: Aldo Moro, Amintore
Fanfani, Paolo Emilio Taviani, come anche i Guttuso e tanti altri nomi oggi un
pò meno noti, venivano tutti dai Littoriali (una sorta di “Oscar” – ci sia
passato il paragone… – della cultura fascista giovanile).
Ma, già allora, mentre
c’erano i littori bravi solo a parole, c’erano quelli che, davvero, andavano
fino in fondo, e coerentemente, alternavano all’impegno “culturale” anche
quello militare, andando a servire in Africa Orientale, e poi in Spagna, fino
alla Guerra Mondiale vera e propria. E, guarda caso, proprio quelli meno
solerti a partire per la guerra, saranno poi quelli più rapidi e convinti nello
smobilitare la camicia nera per prendere la tessere del Psi o del Pci clandestini.
Magari retrodatando di qualche mese il tesseramento, giusto per non risultare
ancora troppo in odore di Fascismo.
I peggiori,
però, li troviamo proprio in seno alla Scuola di Mistica Fascista. A fianco dei
migliori, della vera élite, infatti, troviamo gli
Zangrandi, i Gatto, ed altri che erano membri effettivi della Scuola. Quella
stessa Scuola che declamava, animata dai Giani e dai Pallotta, la necessità «di
avere coraggio», covò senza saperlo diverse serpi in seno. Serpi al punto che,
per rifarsi una verginità politica, non esitarono a dare alle stampe copiose
pubblicazioni a partir dagli anni ’60, in cui smentivano in maniera puerile e
fantasiosa, ogni loro legame col Regime mussoliniano.
Ecco la lezione, dunque. Se a
Fiuggi è stato possibile un “tradimento” – posto il fatto che vale quanto già
detto sopra…- è solo perché dalla lezione magistralmente offerta (in negativo)
da quella generazione di imboscati e doppiogiochisti non si è tratto nulla. Non
v’è stato alcun processo a quella generazione e, soprattutto, il verdetto non è
stato recepito da chi è venuto dopo. Questo potrebbe così sintetizzarsi: prima
di invocare la “bonifica integrale” verso questo o quello, bisognerebbe avere
la forza di invocare l’intransigenza verso se stessi, misurandola realmente e
non solo a parole. Un insegnamento tanto semplice quanto dimenticato.
Molti dei “mistici” – e
sappiamo su quali esempi viventi ed energie potevano contare allora quei
giovani – furono solo degli abili virtuosi della parola, fautori di sofismi
mussoliniani e nulla più. Eppure, leggendo quelle loro pagine, chi vi
scorgerebbe il seme del tradimento e dell’antifascismo? Sono righe magistrali e
profonde. Ma sono nulla senza l’esempio e, infatti, alla prova dei fatti questi
giovani si rivelarono per quello che erano: banderuole pronte a cambiar di
direzione, appena fosse cambiato il vento.
Noi cosa avremmo
fatto al loro posto? Il 25 luglio avremmo tradito? E’ questa la domanda che
deve assillarci, “disperatamente”, ogni giorno. Fanaticamente e profondamente
rispondere ogni giorno non alla mattina quando ci si alza, ma alla sera, quando
è possibile fare i conti con quello che si è realmente fatto durante il giorno.
Rispondere con l’intransigenza di un supremo giudice, il cui verdetto è “si”
oppure “no”, mettendo al bando il condizionale ed il “forse”. Solo così potremo
approcciarci, con «intelletto d’amore», per usare le parole di Arnaldo, a
queste grandi figure del passato con la certezza di poter dire “Non ho tradito”.
Andreia Nikelaos
fonte: AzioneTradizionale.com
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