martedì 14 giugno 2011

La faretra di Caterpillar: Navi e congiure

Il 23 settembre 2009 - Nel corso di una sfuriata al convegno del PdL di Cortina
d’Ampezzo, il ministro Brunetta ad un certo punto ha interrogato il suo
pubblico: “Ve lo ricordate il Britannia? Se non ve lo ricordate”, disse Brunetta,
“ve lo ricordo io. Il Britannia è una nave che navigò davanti alle coste
italiane [...], ospitando banchieri, grand commis dello Stato, esponenti vari
della burocrazia finanziaria… in cui si svolse un lungo seminario, durato un
paio di giorni, in cui si trassero le linee della svendita delle aziende di stato
italiane”. A Civitavecchia

Proprio al largo di Civitavecchia - la città da dove da oltre trent’anni Mondo Nuovo conduce la sua battaglia contro tutte le droghe e per il sostegno e recupero delle persone con problemi di tossicodipendenza – 100 giorni dopo l’arresto di Chiesa, che segnò l’avvio di “Mani pulite”, e pochi giorni dopo la strage di Capaci, il 2 giugno 1992, su un panfilo denominato “Britannia” e di proprietà di Sua Altezza la Regina d’Inghilterra, si ritrovarono un centinaio di personaggi legati al mondo dell’alta finanza, per una congiura - non riesco a trovare altro termine per definire la cosa - diretta a impoverire il paese e a derubarne il futuro.
Tra gli italiani vi erano Beniamino Andreatta, che poi ricoprirà la carica di ministro in tre successivi governi. E vi era Mario Draghi, che oggi ritroviamo a capo della Banca d’Italia, ma che allora era direttore generale del Ministero del Tesoro e, come presidente del Comitato per le privatizzazioni, guidò il processo di svendita, oltre che di Telecom, di ENEL, ENI, IMI, COMIT, BNL e tutto il sistema bancario italiano. Finito il suo lavoro di liquidatore (2001), in attesa di salire al vertice della Banca d’Italia, Mario Draghi parcheggia il prezioso culetto sulla poltrona di vicedirettore della banca d’affari Goldman Sachs (quel posto ora è occupato da Mario Monti, altro nome illustre della banda), che è un elemento cruciale di questa storia e in generale nella storia delle privatizzazioni italiane, dove gli acquirenti stranieri poterono beneficiare di uno sconto del 30%, un vero affare! Accorsero in branchi le iene per avventarsi sul cadavere dell’economia nazionale a spolparne le ossa. Di quella crociera i giornali diedero informazioni vaghe, e alcuni dei protagonisti si affrettarono a liquidarla come un semplice ritrovo di piacere. Draghi negò per due anni la sua partecipazione, finché non la ammise di fronte ad una Commissione parlamentare.
Tornando al Britannia, al piacevole party marinaro partecipò anche il finanziere ungherese-americano George Soros che oggi si spaccia per filantropo, ma allora si divertiva e arricchiva speculando sulle valute di molte nazioni. Sarà un caso, ma pochi mesi dopo quella crociera, a settembre, Moody’s declassò i BOT italiani. Allo stesso tempo George Soros lanciò un attacco speculativo alla lira attraverso una massiccia svendita della valuta italiana. Questi fatti provocarono un crollo del valore della moneta del 30% a cui la Banca d’Italia cercò di far fronte bruciando 48 miliardi di dollari. Georges Soros, che agiva sui derivati, insieme a Goldman Sachs e alle altre finanziarie di Wall Street, alla fine dell’operazione si calcola che ne abbia ricavato un profitto del 5.600% sulla somma investita. Per questo George Soros fu premiato - per intercessione di Prodi - con la laurea honoris causa all’Università di Bologna… Eppure anche in Italia Soros è stato inquisito - invano, ovviamente - per aver guidato il complotto speculativo che portò al fallimento della lira, nel 1992. Ma chi è questo paladino etico delle sinistre mondiali? Ebreo di origine ungherese e naturalizzato americano, nemico occulto della Chiesa Cattolica, il suo nome ritorna insistentemente dietro situazioni poco chiare, dietro la guerra civile in Albania, dietro l’UCK in Kosovo, in Afghanistan, nelle rivoluzioni del Caucaso… Egli del resto non fa segreto di agire, tramite mille ramificazioni, nella vita politica di vari paesi e di averli rivoltati come calzini (la forza del denaro contro la debolezza degli uomini!). Il suo pallino è l’idea di “società aperta”, un’espressione di per sé poco chiara ma che in un suo articolo, intitolato “Brave new world”, alla fine del quale cita l’omonima opera del già citato Aldous Huxley, dice che, sì, effettivamente il suo modello di società aperta può provocare anche qualche piccolo guaio, e cioè legami “meno importanti...tra genitori e figli”, “eutanasia, ingegneria genetica, lavaggio del cervello, liberalizzazione delle droghe”.
Così apprendiamo che Soros reinveste parte dei soldi ottenuti con la speculazione proprio per liberalizzare la droga: “Corriere Economia” riporta 25 miliardi spesi per enti antiproibizionisti americani, 1,7 miliardi per “marijuana libera per scopi medici”, 1,7 miliardi per “distribuzione siringhe ai drogati”... in compagnia con Hugh Hefner, proprietario di Playboy. Ed è stato anche sponsor degli antiproibizionisti nostrani, magari ex proletari che non si vergognano assolutamente di schierarsi con un esponente della più spregiudicata speculazione: Dario Fo (già autore di “La marijuana della mamma è la più bella”), Manconi, Stefano Rodotà, Cohn Bendit, Emma Bonino e i radicali in generale… Come risultato del collasso del sistema, i soldi della droga hanno assunto un ruolo centrale in settori già tossico-dipendenti del sistema fi nanziario, come quelli che sostengono George Soros. Nei circoli del potere, gente disperata scende a patti per ottenere un po’ di soldi. In questo contesto, “le banche vengono corrotte dall’offerta dei narcodollari; ogni tipo di istituzione è esposta a questa offerta. I soldi della droga sono l’unico canale di denaro disponibile in grande quantità, mentre il sistema collassa”, come denuncia il sito osservatoriodroga.it. Si va al sodo: si vuole legalizzare la produzione e fare affari grazie al traffico della droga, come avvenne ai tempi dell’Impero Britannico.

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