mercoledì 8 giugno 2011

La Faretra di Caterpillar: Scandalo in carcere

Nel carcere di Bollate è successo un fatto davvero grave. Un fattaccio che merita attenzione e desta allarme. Una detenuta avrebbe fatto l'amore con un detenuto all'interno di un'aula scolastica. Il fattaccio, già gravissimo di per sé, ha assunto le connotazioni di uno scandalo penitenziario perché - udite udite! – la donna detenuta sarebbe rimasta incinta a seguito del rapporto sessuale. Un vero scandalo che una donna e un uomo abbiano iniziato una storia d'amore in un luogo in cui i sentimenti sono banditi e che questa storia abbia portato al concepimento di una vita.
L'idea di una vita concepita dietro le sbarre non è ammissibile. Quei corpi sono corpi reclusi. Quelle vite, sono vite prigioniere e pertanto private dell'autonomia propria delle persone. Quei sentimenti vissuti in un carcere sono avvertiti come una minaccia.
La vita in un carcere fa più paura della morte. I sentimenti di amore possono trovare spazio solo se mutilati dalle sbarre, dalla divisione, dalla castità coatta. Solo se si esprimono per lettera o nei colloqui in mezzo a tutti gli altri. Eppure la pena a cui sono stati condannati quell'uomo e quella donna prevede solo la privazione della libertà, non il divieto dell'amore, dell'affettività, della sessualità, della vita che nasce.
Ora sembra certo che il fattaccio sarebbe rimasto sconosciuto se non fosse stato per l'impegno e la solerzia del segretario generale del sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe), che ha denunciato l'accaduto. Ma il prode fustigatore non si è
limitato a denunciare lo scandalo. No. Il segretario generale del Sappe è andato anche oltre. Ha infatti chiesto al Ministro della Giustizia Alfano di mandare degli ispettori nel penitenziario incriminato, per capire cosa non abbia funzionato.
Indubbiamente si tratta di una denuncia e di una richiesta di ispezione ministeriale assai opportuna, considerata la gravità dell'accaduto. Si rimane solo perplessi del fatto che, visto l'assoluto degrado in cui versano le carceri italiane ( dalle decine di migliaia di detenuti tossicodipendenti "cronicizzati" a base di valium e metadone, al diffondersi di patologie come la scabbia e la tubercolosi, dovute alla promiscuità e alla mancanza di igiene - malattie che parevano debellate nella nostra società - agli stessi drammatici episodi, suicidi e inconsulti atti di violenza, di cui sono stati protagonisti agenti di custodia - a denunciare lo stress della loro stessa professione - per non parlare delle molte decine di bimbi sotto i tre anni detenuti insieme alle loro madri - mentre una specifica legge, la 8 marzo 2001 n° 40, impone il differimento della pena e gli arresti domiciliari ), il Sappe non abbia avuto altro di cui occuparsi se non di due detenuti che fanno l'amore.


 La Comunità Mondo Nuovo nel suo impegno
a favore degli ultimi ha una particolare attenzione
anche verso il carcere, tanto che in tutti i Centri
vi sono ospiti in misure alternative alla detenzione,
per i quali sono studiate specifiche misure
di attenzione e sostegno

In questi ultimi due mesi sono morti suicidi in carcere 12 detenuti. Più di uno a settimana. Ma quelle morti non fanno rumore. In fondo la morte, la violenza, il dolore sono considerate parte integrante del carcere. In fondo, potevano pensarci prima di delinquere. In fondo, è solo un delinquente in meno. In fondo, quella svergognata avrebbe potuto prendere qualche precauzione, o ricorrere ai vecchi metodi delle mammane, per evitare lo scandalo…
Il concepimento di un bambino invece scatena sentimenti di indignazione: questi scostumati si sono amati mentre stavano scontando una pena! Hanno voluto che
dal loro disperato amore nascesse una vita! Per questo si chiede che siano puniti e
insieme a loro anche la direttrice che non ha vigilato perché non avvenissero fatti
così riprovevoli dentro un carcere, specie se è un carcere modello. Perché al carcere come luogo di reinserimento credano davvero poche persone. Certo Sandro, il presidente della Comunità, e basta allora un seme di vita per fare cadere la maschera!

Il Progetto “La Strada... di un Mondo Nuovo”
“Dare la possibilità a quei detenuti tossicodipendenti di uscire fuori dal circolo vizioso della malavita è indice di alta sensibilità da parte del Ministero della Giustizia; la Comunità deve rappresentare il taglio netto con un vecchio stile di vita, non l’alternativa più comoda al carcere”. Queste le parole di Alessandro Diottasi, presidente della Comunità Mondo Nuovo, che commenta l’avvio del Progetto “La Strada... di un Mondo Nuovo”, iniziativa promossa dall’ Associazione in partenariato con il Sert. dell’Istituto Poli-penitenziario di Rebibbia a Roma. Un progetto pilota, presentato ed approvato dall’Assessorato ai Servizi Sociali della Regione Lazio, che permetterà ad alcune persone in regime restrittivo di partecipare a percorsi motivazionali finalizzati all’ingresso in Comunità. Un’équipe di operatori, psicologi ed assistenti sociali incontrerà dei gruppi di detenuti del Carcere di Rebibbia per valutare e oro motivazioni al cambiamento e favorendo gradualmente il loro ingresso nelle strutture socio-riabilitative della Comunità. Il responsabile del progetto, lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Squeglia, osserva che: “Verranno somministrati test motivazionali, effettuati colloqui individuali e di gruppo, sarà proiettato un audiovisivo illustrante la giornata tipo della Comunità, e si collaborerà con gli operatori dell’Istituto Poli-penitenziario affinché ci siano tutte le garanzie per le quali l’alternativa al carcere sia concessa davvero a chi mostra interesse di cambiar vita”.



Caterpillar

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