“La strada da percorrere conduce al di là del PUNTO ZERO, conduce oltre la linea, oltre il muro del tempo e, attraverso di esso” Ernst Junger
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mercoledì 29 luglio 2015
Santa Marinella – Salviamo la "Stele dell'Apollo d'Oro"
Questa sera prende il via il festival di cortometraggi di Santa Marinella, "Short film fest" , che mette in palio l'Apollo d'Oro. Un premio che si fregia del nome che a Santa Marinella denomina anche la stele commemorativa di epoca romana dimenticata lungo la via Aurelia, la Stele di Apollo per l'appunto, il cui abbandono abbiamo segnalato l'anno scorso con il comunicato sottoriportato. Con la denominazione del premio "Apollo d'Oro" gli organizzatori e l'amministrazione hanno voluto evocare così il patrimonio culturale della Città evidenziando come stia loro a cuore la storia di Santa Marinella. In realtà, come la Stele di Apollo sta a dimostrare, è tutta fuffa.
Chi si occupa dei beni archeologici del nostro territorio?
Vogliamo che la bellezza sia rimessa al centro dell’attività dell’amministrazione comunale. Azionepuntozero desidera stigmatizzare con forza lo stato di abbandono che subisce uno dei più importanti reperti romani che ospita il nostro Comune.
Al Km 59,700 della via Aurelia, a fianco del cancello che reca il numero civico 138 è stata posta una “Stele” di marmo, trovata in due frammenti in un pozzo poco distante, alta circa due metri con iscrizione latina. Essa sta completamente scomparendo per l’incuria del proprietario, senza che il Comune stia muovendo un dito da anni. Il testo della Stele, commemora il rifacimento del “Ponte di Apollo” distrutto dalla furia del mare e dei fiumi, voluto dagli Imperatori Settimo Severo prima e Caracalla poi, con un probabile aggiornamento avvenuto nel 210 d.C. I resti del ponte di Apollo invece, ancora interrato, si conservano presso il Fosso di Castelsecco, tra la via Aurelia e il mare.
Ci sfugge il nome del delegato ai Parchi ed al verde pubblico – sempre se è stato nominato dal Sindaco, ma qualcuno tra tanti assessori e delegati se ne sarebbe dovuto accorgere già da tempo. Cosa si aspetta che le fronde circondino la Stele e d’incanto, un giorno o l’altro, possa sparire senza saper più che fine ha fatto?
Oggi, 4 Febbraio – anniversario della morte del Sommo e Augusto Imperatore, Settimio Severo, avvenuta a York nel 211 d.C. – in suo onore, poniamo l’attenzione su questo problema e vogliamo che sia risolto al più presto dall’amministrazione comunale.
Il Direttivo di Azionepuntozero
venerdì 15 marzo 2013
Educazione Siberiana [il film - recensione]
Nel suo
ultimo film “Educazione siberiana”, Gabriele Salvatores, premio Oscar con
“Mediterraneo”, racconta una storia di fede e violenza, di amicizia e di
crimine. Ma, sotto questa trama, si dipanano grandi interrogativi sulla
formazione della coscienza, sul senso ultimo delle cose e sul destino
dell'uomo. Siamo stati a vederlo e con l'estensore della recensione ne abbiamo conversato amabilmente a cena.
[Recensione a cura di Caterpillar]
Il film è la storia di ragazzi che passano
dall'infanzia all'adolescenza, all'interno di una comunità di "Criminali
Onesti" siberiani, così come loro stessi amano definirsi, rappresentando,
attraverso un microcosmo molto particolare, una storia universale che, al di là
delle implicazioni sociali, acquista un significato metaforico che riguarda
tutti noi.
Solo Gabriele Salvatores può e vuole
fare il cinema che tutti abbiamo sognato da ragazzini e non quello autoriale di
chi s’è dimenticato d’esserlo stato, bambino. Non si ferma mai in un posto, non
cerca mai la sicurezza di ciò che ha già sperimentato, va sempre dove non è
stato. Lo fa anche in questo caso, con Educazione Siberiana, facendosi
accompagnare dalla prosa secca e feroce di Nicolai Lilin, che quel modo di
sopravvivere e crescere in Transnistria l’ha sperimentato davvero, a somiglianza di molti
altri adolescenti educati alle durezze della vita dall’angustia dei tempi
toccati loro in sorte, che gli hanno però insegnato il rispetto della
tradizione, l’attaccamento ai valori, il senso della pedagogia familiare, anche
se orientata verso l’apprendimento di una mentalità criminale. Un
impietoso atto d’accusa contro la nostra società sazia e indifferente, narcisista e
cinica.
Diciamolo subito, il regista
napoletano di nascita e milanese d’adozione, riesce subito a disinnescare
quella curiosa malattia che coglie molti nel cinema italiano portandoli a
uniformarsi a un unico stile di racconto e a un rigido conformismo di contenuti
da salotto più o meno radical chic. Salvatores spariglia le carte portandoci
nell’ex Unione Sovietica e raccontandoci
di due bambini, poi adolescenti che crescono in Transnistria, regione
della Moldavia Occidentale, nella comunità criminale locale più povera e
cattiva, quella degli Urca siberiani, deportati ai tempi di Stalin in quella
zona remota dell'Unione Sovietica: un'etnia povera molto religiosa e insieme
ribelle, in cui vigono regole ferree di comportamento…
A far da filo rosso (sangue) è
Nonno Kuzya, un John Malkovich invecchiato e ieratico che custodisce le regole
della morale indigena, difendendole dalla modernità di un impero caduto, quello
sovietico. Odia divise e banchieri, gli usurai e chi accumula più denaro di
quanto gli sia necessario (e infatti quello che viene rubato va nascosto in
giardino e mai tenuto in casa), è una sorta di guru-patriarca che detta le
regole dell’etica e dell’estetica del suo popolo, tra coltelli e tatuaggi,
insegnando a vivere al nipote Kolyma. Accanto a lui c’è Gagarin un outsider in una terra di emarginati. Uno
che ha un cuore diviso tra la lealtà di un affetto invincibile verso l’amico di
sempre e l’inquietudine che lo corrode. Una bomba a orologeria e
autodistruttiva, uno che può far crollare un sistema di valori costruito in
secoli di devozione e omicidi, vendette e fede.
Salvatores parte da loro due per
raccontare un impero morente, quello sovietico, e un nichilismo invadente che
lo sostituisce, prova a mostrare la globalizzazione che prova a sporcare pure
la criminalità più o meno organizzata, a colpi di chili di eroina.
Il cineasta non cerca sovrastrutture, ma l’emotività e l’azione.
C’è politica e storia nel suo cinema, perché cresce e si intravede naturalmente
in un tragico romanzo di formazione che non fa sconti a nessuno, persino in
quella storia d’amore tenerissima e sbagliata di Kolyma e la giovane disadattata Xenia.
Il film si apre in un esterno, con un branco di lupi che vaga compatto in
mezzo alla neve: la scena è concitata, si sente il gelo, si sente la fame del
branco. Pochi istanti dopo la scena si fa intima: dentro una casa, alla luce
delle candele, nonno Kuzja prega davanti a un altare. Prega la Madonna, «Santa Madre del Santissimo Iddio»,
raffigurata da due icone russe: una tradizionale, l'altra con due pistole.
Accanto, un crocefisso e altre figure votive. Ma anche armi, pugnali. E la
preghiera è insolita: si chiede protezione e perdono per loro, «onesti
criminali», benedizione per le armi e le traiettorie dei proiettili, nella
concezione di essere strumenti dell'ira di Dio. «La picca è come la croce, lei ti accompagna per tutta la nostra vita
», dice a Kolima nonno Kuzja, mentre gli insegna a colpire a sangue freddo, ma al contempo
a proteggere i deboli, i disabili, (che gli Urca chiamano i “voluti da Dio”),
gli anziani e le donne, in un mix paradossale e insieme autentico di pedagogia
ed etica criminale. La fede, qui, non è mai disgiunta dalla lotta, dalla
giustizia anche con le armi. E, come c'è il sangue, c'è tanto Dio in Educazione
siberiana. Perché, come ci insegna l’Apostolo delle Genti, “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).
Un racconto generazionale che
diventa film di guerra, un Romanzo Criminale che sì, senza sfuggirgli
di mano, si mischia a una sorta di Meglio
gioventù rovesciata.
Le redini della strana spiritualità
materialistica della comunità comandata da Kuzja, la poetica dei tatuaggi che
scrivono sui corpi le storie di ognuno (e che Kolyma, in carcere, imparerà a
disegnare e leggere: nella realtà è Lilin il suo consulente), la forza di voci
incattivite che cacciano, cantando, l’autorità sono tutte nella potenza
immaginifica di un regista che non si stanca mai di narrare nuovi mondi. E in
quei due ragazzi, alla fine, si vede l’amicizia tra lo stesso Salvatores e
Lilin, che si evince dalle interviste oltre che dal film stesso.
venerdì 11 febbraio 2011
CineAperiCena - BRIGANTI! [recensione]

Merito della proiezione di “Li chiamarono Briganti”, film di Pasquale Squitieri che al tempo della sua uscita (si era nel 1999) ebbe il grosso merito di attirare critiche pressoché unanimi in “arco costituzionale”, il che è soltanto un pregio.
Al “Solito Posto” dopo una breve introduzione al tema da parte di un membro di Punto Zero e la distribuzione del foglio informativo di lotta (richiedilo a cst.aurhelio@gmail.com), abbiamo apericenato, assistito alla proiezione e poi discusso brevemente degli spunti offerti dal film. È doloroso avere una così brutale conferma delle vene contaminate presenti nel processo storico che ha portato all’Italia Unita: il ruolo allora giocato da Massoneria, borghesia sabauda, organizzazioni criminali mafiose e potentati stranieri (come il ruolo dell’Inghilterra), è stato foriero di sovversione e morte, in particolare nelle Regioni del Sud, aprendo quella Questione Meridionale che per certi versi mai è stata chiusa, di cui si comprendono bene le radici nella trama, che gira attorno alla figura del brigante lucano Carmine Crocco.
Il prossimo appuntamento per la CineAperiCena è il 1° Marzo con la video proiezione del Film “Una Scelta d’Amore” che non è lo smielato film con Julia Robert ma una pellicola che narra le vicende relative alla lotta di liberazione irlandese dal giogo inglese.
Per chi crede nella fedeltà agli ideali, è sicuramente un film su cui riflettere. Ventuno persone pronte a morire per qualcosa in cui avevano sempre creduto, un sacrificio comunitario forse troppo
snobbato e dimenticato dalla storiografica contemporanea internazionale.
snobbato e dimenticato dalla storiografica contemporanea internazionale.
Una buona occasione di riflessione per arrivare al 17 marzo, giorno di San Patrizio, festa nazionale dei nostri fratelli irlandesi.
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giovedì 8 luglio 2010
The Island - Visioni PuntoZero
The Island è un film del 2005 diretto da Michael Bay, uscito nelle sale americane il 22 luglio 2005 e nelle sale italiane il 26 agosto 2005. Il tema principale di questo film è la condanna della clonazione umana a scopo di trapianto. Il film narra la vita quotidiana di una futuribile società sotterranea, a metà tra utopia e distopia, i cui membri sono "agnati", frutto di una clonazione umana da originali esseri umani. Agli abitanti di questo impianto industriale sotterraneo, viene fatto credere di essere gli unici sopravvissuti ad una contaminazione globale e che la loro residenza sotterranea sia l'ultimo luogo rimanente nella natura privo di agenti patogeni.
Il proprietario dello stabilimento stipula una speciale assicurazione con persone di grande disponibilità di denaro, alle quali assicura un prolungamento della vita quando si ammaleranno e ne riproduce il clone nella fabbrica sotterranea.

Il film, pur avendo una trama differente, presenta alcune analogie con La fuga di Logan (Michael Anderson) e L'uomo che fuggì dal futuro THX 1138, con Robert Duvall regia di George Lucas (1971). In entrambe le opere i due protagonisti vivono in un mondo artificiale; nelle ultime scene di The Island si vedono i cloni uscire all'aperto, esattamente come gli abitanti della metropoli che si sta distruggendo in La fuga di Logan. È inoltre forte il richiamo tra i nomi utilizzati per i due protagonisti de La fuga di Logan (Logan 5 e Jessica 6), con quelli della pellicola di Michael Bay. L'ambientazione della residenza sotterranea sembra essere costruita sulle basi di una serie di romanzi futuristici e fantascientifici del dopoguerra, come 1984 di George Orwell, Il mondo nuovo di Aldous Huxley e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, ad esempio per il controllo totale che gli agnati subiscono, simile all'occhio del Grande Fratello di Orwell, l'ipnopedia con cui vengono deviate le menti delle creature in fase di "costruzione" (vedi Il mondo nuovo) e la gestione delle informazioni e il controllo della società descritti in Fahrenheit 451.
Scorgi qualche parallelismo con la società attuale?
martedì 18 maggio 2010
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