
 Potendo  contare, nonostante le apparenze, su una buona stampa e su un clima  generale sicuramente favorevole, il movimento dei cosiddetti  “indignados” sembra muoversi sulle ali del rinnovamento rivoluzionario e  delle legittime rivendicazioni, di fronte a un mondo vittima della  rapina globalizzata, perpetrata dall’alta finanza e dai suoi maggiordomi  politici. Viene istintivo pensare che, se il regno dell’ingiustizia e  dello strapotere di pochi nababbi sembra essere giunto alle sue estreme  conseguenze, chiunque provi a ribellarsi ad un simile stato delle cose  non può che avere tutte le ragioni e meritare l’appoggio ed il sostegno  di chi non appartiene, direttamente o indirettamente, alla casta  dominante. E questo potrebbe essere vero anche per noi, se solo ci  limitassimo a guardare la realtà che ci circonda e che si snoda sotto i  nostri occhi nella sua superficiale orizzontalità e nella sua piattezza  unidimensionale dell’indagine sociologica e politica. Ma siccome abbiamo  il privilegio di poter giudicare questa realtà disponendo dei punti  fermi fornitici dalla visione tradizionale, non possiamo cadere in  questa trappola e siamo tenuti a provare a guardare in profondità, oltre  le nebbie dell’apparenza, a tutto ciò che in questi giorni la macchina  mediatica ci presenta come reale e razionale.
Siccome  il movimento in questione ha mosso i suoi primi passi ed è stato  battezzato in Spagna, ci sembra giusto partire dalla sua culla per  provare ad immaginare cosa potrebbe esso diventare da grande, qualora  avesse il tempo di dispiegare tutte quante le sue potenzialità e portare  a compimento tutte quante le sue premesse culturali ed ideologiche. A  tal fine abbiamo la fortuna di poter disporre della testimonianza  diretta del nostro amico Antonio Medrano, che a Madrid vive; il quale,  ad una nostra esplicita domanda, così rispondeva in una sua lettera di  questa estate: 
«Rispondo  alla tua domanda sulla questione degli “indignados”, il cosiddetto  “movimento 15-M”, che alcuni giornalisti inglesi hanno definito the Spanish revolution.  Si tratta di una farsa grottesca, sebbene all’inizio ha potuto contare  su molti incauti benintenzionati che si erano aggregati a questa  protesta collettiva credendo che potesse venirne qualcosa di buono, come  un cambio di rotta nella disastrosa politica del nostro paese. 
«Come  suppongo già saprai l’ispirazione di questo movimento e la sua stessa  denominazione derivano dal libro dell’ebreo di sinistra francese,  resistente e antifascista, Stéphane Hessel, intitolato “Indignez vous!”.  Si tratta di una grossolana manovra della sinistra che prova a  contrastare e vanificare il ritorno della Destra al potere. Guarda caso  gli è successo di indignarsi poco prima delle elezioni municipali dello  scorso mese di Maggio che si sapeva sarebbero state vinte dal PP, il  Partito Popolare! E il caso ha voluto che a Madrid si siano concentrati  alla Puerta del Sol, davanti alla sede del Governo della  Comunità di Madrid (la comunità autonoma della provincia di Madrid), in  mano al PP, e non davanti a qualche sede del Governo (socialista) o del  PSOE!
«La  simpatia che ha riscosso tra i partiti e i gruppi di sinistra,  cominciando dal Governo, che si rifiutò di disperdere il concentramento  alla Puerta del Sol, nonostante la richiesta dei magistrati.
«I  tipici luoghi comuni della sinistra e delle correnti antisistema  (centri sociali, comunisti, anarchici, libertari, omosessuali e  femministe radicali, ecc.), con i gesti e le idee tipici di questi  ambienti: proposte tanto assurde quanto sovversive (eliminazione della  Monarchia, plebiscito permanente, democrazia di piazza); libelli contro  la visita del Papa; attentati contro la lingua (scrivendo, per esempio,  negli striscioni “Nos kedamos”, invece di “nos quedamos” [noi  restiamo]); proliferazione degli slogan antirazzisti e antifascisti,  così come di bandiere repubblicane (coi colori rosso, giallo e viola)  nelle manifestazioni, ecc., ecc. Gli indignati si indignano solo per  certi argomenti cari alla sinistra; non si indignano per le cose più  indignanti che si sono verificate negli ultimi tempi; l’attacco contro  le istituzioni condotto dal Signor Rodríguez Zapatero (per esempio,  premere sulla Corte Costituzionale per far partecipare alle ultime  elezioni Bildu, il braccio politico dell’ETA, com’è avvenuto,  con un successo pieno per i terroristi, che adesso hanno un enorme  potere, col quale potranno arrivare a maneggiare circa 2 miliardi di  Euro). Non ci sono proteste contro il Governo, che è il responsabile  della situazione in cui ci troviamo.
«È  stato suggerito agli indignados di formare un partito politico. Ed è  già spuntato un eminente leader per dirigerli: niente meno che il Signor  Garzón, l’insigne ex giudice, che si è offerto di mettersi a capo di  questo partito. Il problema è che fra le proposte del movimento figura  quella che gli imputati di fronte alla Giustizia non possono presentarsi  alle lezioni, e il Signor Garzón è arcimputato: su di lui pesano finora  3 o 4 inchieste giudiziarie. Ma questo non credo che gli importi più di  tanto, non credo che gli indignati lo considerino degno d’indignazione.
«Se  il PP (Partito Popolare, la Destra) vince le elezioni politiche del  prossimo anno, come ha già conquistato le amministrative e comunali di  Maggio (infliggendo una sonora sconfitta al PSOE), com’è prevedibile,  vedremo mettersi violentemente in marcia gli “indignados”, così come  avviene attualmente in Grecia. 
«Quello  che colpisce in questo movimento assembleare e caotico è che tutti si  limitano a lamentarsi, a protestare, a pretendere, a chiedere cose.  Nessuno si offre di lavorare, di sforzarsi, di sacrificarsi, di offrire  contributi positivi e costruttivi che presuppongano un proprio  intervento (e non l’intervento altrui). Nessuno reclama doveri,  obblighi, più responsabilità propria. Nessuno chiede di domandarsi di  più, di porsi obiettivi di miglioramento personale. Nessuno si lamenta  della principale causa di tutto: se stesso, il proprio io, le  inclinazioni e attitudini egocentriche. Nessuno si lamenta di se stesso,  della propria irresponsabilità, del proprio individualismo e dei  comportamenti erronei nella vita quotidiana (prima e al di là della  politica) che hanno portato alla situazione in cui ci troviamo adesso.  Nessuno fa autocritica, un’analisi seria sul perché stiamo come stiamo e  cosa abbiamo fatto ognuno per evitarlo.
«In  uno dei miei ultimi corsi un’allieva, se ricordo bene americana, mi  chiese qual era la mia opinione sulla concentrazione della Puerta del  Sol. Dopo averle risposto che la questione non aveva molto a che vedere  col tema che stavamo trattando, mi insistette che erano tutti molto  interessati a sapere come vedevo io il problema. Spiegai che sono  indignato da molti anni, e per cose molto più gravi di quelle che  preoccupano i sedicenti indignati. Aggiunsi che da un movimento  assembleare come questo, che all’inizio poteva essere motivato e  integrato da persone con le migliori intenzioni, non poteva nascere  niente di costruttivo per l’assenza di una direzione chiara. E che a  causa di questa mancanza di direzione, sarebbe finito per essere  totalmente manipolato, controllato da gruppi provocatori e da agitatori  che sanno molto bene quel che vogliono.
«La  situazione della Spagna è di una gravità estrema. All’incompetenza e al  settarismo del governo socialista del Signor Rodríguez si aggiunge  l’enorme spreco che ha generato il sistema che stiamo subendo, con le  autonomie regionali che si sono trasformate in piccole nazioni, ognuna  con i propri rispettivi governi e tutta la struttura di un paese  indipendente (il suo parlamento, la sua burocrazia, i suoi difensori del  popolo, la sua televisione, la sua polizia, i suoi aiuti a paesi del  Terzo Mondo, ecc., ecc.). Solo l’Extremadura, una regione piccola  composta da due province, la più povera di Spagna, conta circa 500 alte  cariche, ovviamente con i suoi alti stipendi, con le sue auto di lusso, i  suoi guardaspalle e tutte le prebende che comportano cariche così  importanti.
«Il  socialismo fanaticamente sinistrorso del Signor Rodríguez e della sua  setta non ha fatto altro che aggravare questa situazione così  deplorevole. Per fare qualche esempio, basta dire che, sebbene la Spagna  non sia un paese particolarmente ricco, è diventato il principale  donatore a UN-Women (l’organizzazione delle Nazioni Unite per  l’emancipazione delle donne), con 25.400.000 dollari, quasi 80 volte  quello che versa la Francia, una nazione molto più potente di noi (con  284.000 dollari); molto più di Germania e Stati Uniti. Anche nell’aiuto  ad Haiti, il nostro paese è divenuto il terzo donatore mondiale (se  ricordo bene), prima anche della Francia, che è la nazione più legata,  culturalmente e storicamente, col popolo haitiano. Lo scialacquamento e  la generosità dei nostri sinistrorsi (molto generosi nel distribuire il  denaro altrui) non conoscono limiti. Adesso si parla di indennizzare le  vittime delle guerre che conducemmo in Marocco all’inizio del XX secolo,  che costerà, secondo alcuni, oltre 100 milioni di euro.
«Il  paese è stato completamente rovinato. I numeri della disoccupazione  sono i più alti d’Europa, con più di 5 milioni di persone senza lavoro.  Ogni giorno chiudono centinaia di imprese, mentre la corruzione nella  classe dirigente raggiunge limiti scandalosi, con gentucola che non era  nessuno fino a poco tempo fa ed ora è multimilionaria. La situazione è  veramente catastrofica, e non solo in campo economico, ma anche, e  soprattutto, nel politico, nel sociale, nell’istituzionale, nel morale e  nell’educativo. I socialisti, con la caterva di inetti e demagoghi che  hanno preso le redini del partito da quando hanno il Signor Rodríguez  come leader (“il presidente per caso”), sono riusciti a piegare la  nazione. Tutto è distrutto. E le cose andranno a peggiorare nei mesi  futuri.».  
Come si vede, Medrano dà sul fenomeno indignados  il medesimo giudizio che a suo tempo diede Julius Evola sulle rivolte  giovanili degli anni ’60 del secolo scorso. Oggi come allora, una  gioventù slegata da ogni rapporto di continuità e dipendenza dalle  generazioni che l’hanno preceduta, fa un uso del tutto stupido di quella  che potrebbe sembrare una condizione di acquisita libertà. Non è  difficile ipotizzare, anche per i più violenti ed estremisti che hanno  alcuni giorni fa scosso le coscienze borghesi e democratiche coi loro  gesti vandalici, quello che già Evola ipotizzava, risultando allora  facile profeta, sul futuro della gioventù bruciata e della beat generation:  «Col passare degli anni, con la necessità, pei più, di affrontare i  problemi materiali ed economici della vita non v’è dubbio che tale  gioventù, divenuta adulta, si adatterà alle routines professionali,  produttive e sociali di un mondo come l’attuale, con il che, peraltro,  passerà semplicemente da una forma ad un’altra forma di nullità».
Come  è stato già detto, appare del tutto evidente che quello che manca in  questi fenomeni è una direzione precisa, punti di riferimento superiori e  una qualche forma di trascendenza. Le rivendicazioni riguardano solo ed  esclusivamente aspetti della vita economica e materiale, e  l’aspirazione massima rimane sempre e solo quella comunista di “togliere  ai ricchi per dare ai poveri”; togliendo le stesse “povere cose” che  l’attivismo consumistico pone come meta assoluta da raggiungere e di cui  beneficiare. Perché il problema autentico che si pone di fronte a  fenomeni come questo degli indignati, oggi, e come quello dei beat,  ieri, è l’assoluta mancanza di ogni forma di verticalità, mantenendosi  il tutto in una appiattita orizzontalità. Appartenenza che fa sì che gli  attori del fenomeno in questione si muovano all’interno delle medesime  logiche e dei medesimi schemi mentali del mondo che pretenderebbero  contestare e combattere, cercando di differenziarsene solamente  attraverso forzature ed esagerazioni di aspetti già presenti ed insiti  nella natura più profonda del mondo contro cui ci si ribella. È come se,  per costruire una nuova casa, ci si servisse degli stessi materiali  rilasciati dal crollo del vecchio edificio, nel quale vivere risultava  insopportabile.
Una  ribellione autentica, legittima e fondata contro l’odierno disastro  umano, politico e sociale la si può legittimamente attendere e  pretendere solo da uno schieramento capace di andare contro ed oltre la  realtà attuale; realtà materiale e senza prospettive superiori,  precipitata nell’abisso dell’antitradizione. Uno schieramento che sappia  fare propri, vivendoli ed incarnandoli concretamente nei suoi  rappresentanti, i più alti principi del mondo della Tradizione. Uomini  saldamente radicati, in grado di darsi una disciplina ed imporsi doveri,  sapendosi assumere le responsabilità che il destino impone loro, avendo  uno scopo che ne diriga e determini l’esistenza quotidiana ed  uniformando ai ritmi del sacro i battiti dei loro cuori. Per rinfoltire  un simile schieramento bisogna che, quelle che Evola chiama “forze a  disposizione”, siano educate al «coraggio, la lealtà, la non tortuosità,  la ripugnanza per la menzogna, l’incapacità di tradire, la superiorità  ad ogni meschino egoismo e ad ogni basso interesse possono essere  annoverati fra tali valori che, in un certo modo, sovrastano sia il  “bene” che il “male” e vertono su un piano non “morale” ma ontologico:  appunto perché danno un “essere” o lo rafforzano, di contro alla  condizione presentata da una natura labile, sfuggente, amorfa». Tutto il  resto è solo giuoco e falsità. 
 
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