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sabato 10 aprile 2010

Dopo elezioni .. .. sveglia gioventù!


A seguito delle elezioni regionali e dei risultati che ha generato il voto non voto, ogni giorno dalle pagine dei giornali si viene informati delle faide e controfaide all'interno di ogni schieramento politico presente sul territorio.

A Civitavecchia nel PDL esistono due o tre anime, oltre a nani, ballerine, neopolitici d'accatto e aspiranti tali, si fronteggiano nell'oscurità delle stanze del potere, mentre davanti si lanciano baci e si danno abbracci. I regolamenti di conti sono ormai prossimi, con il rimpasto di giunta chi reclama visibilità e chi è risultato "minoritario" dalle urne la pagherà cara.
L'IDV ormai è una lobby a sè che risponde solo al suo mattatore, si autoristrasforma in polo civico che non è più di destra di centro o di sinistra, sono solo estremisti di maggioranza. Nel PD dopo la sceneggiata napolitana in diretta TV e i voti a vanvera in consiglio comunale, è ormai evidente lo scollamento tra iscritti ed eletti, quest'ultimi ormai navigano letteralmente a vista. Per ciò che concerne la sinistra, dopo l'ennesima bordata ed i tentennamenti dei "capoccetta" locali si teme l'isolamento ed il rischio di una radicalizzazione nell'antagonismo delle frange estreme. La Destra di Storace, è invisibile ma oltre a passare all'incasso dei voti si appiattisce su una fedeltà non richiesta al Sindaco Moscherini. Della Fiamma Tricolore oltre a venire a conoscenza di un ammutinamento per non aver voluto dirottare i voti su un candidato dell’UDEUR(!) tal Ceravolo, segnalato da Roma, sembra che la svolta entrista del Segretario Romagnoli non sia stata digerita dal direttivo locale e si minacciano addii. Staremo a vedere.


A Santa Marinella la coalizione di Centrodestra appare più che solida, anche se le incursioni degli estremisti di maggioranza che tengono in scacco il paese da ormai 20 anni hanno avuto il loro peso. Nonostante le trionfali affermazioni del Sindaco sulla candidata Polverini sono confluiti, dissidenti del PDL ieri mimetizzatisi nell’opposizione e attualmente tornati a Canossa, pezzi sparsi di minoranza e il terno a lotto de La Destra. Dal calcolo delle preferenze si vede chiaramente come il controllo del voto degli esponenti PDL sia stato estremamente relativo. La sinistra radicale, rispetto ai voti delle passate tornate, nonostante i toni rimane sempre più modesta. Ciò che determina veri e propri conati è l’atteggiamento di esponenti dell’UDC e della minoranza in consiglio comunale. Per ciò che riguarda la Fiamma Tricolore si è associata al giusto ammutinamento ANTIUDEUR.


Ma ora, che succede?

E’ possibile lasciare il campo politico e culturale completamente in mano alla sinistra? E’ possibile dover assistere all’abbandono di campo delle formazioni politiche alla destra del PDL? Se non si ha la maturità di combattere su un fronte comune si abbia almeno la volontà di fare qualcosa di concreto ognuno dalle proprie posizioni, ognuno nel campo che si è scelto. E’ vergognoso assistere a questo fuggi fuggi generalizzato. Già due anni fa, alcuni tra coloro che animano questo blog, auspicavano una rinascita anche sotto diverse sfumature e nelle legittime differenze dell’azione militante della destra radicale, oggi sembra tutto fermo. Non vi è alcuna volontà di creare grupponi, alleanze o fare proselitismo, l’unica intenzione di chi scrive è suscitare una reazione tra gli uomini e le donne ancora rimaste libere. E’ tempo di interrogarsi, maturare, agire. Oggi l’indifferenza e l’insofferenza, la mancanza di volontà è un vero e proprio atto di diserzione se non addirittura di tradimento. Se ne traggano le dovute conclusioni.

giovedì 8 aprile 2010

Le idee a posto......

GENESI ED EVOLUZIONE DELLA PAROLA "DESTRA"


Mai termine fu più ambiguo e carico di contraddizioni della parola “destra”.

In questa definizione possiamo trovare, dal punto di vista politico, storico ed ideologico, tutto e il contrario di tutto.

Destra è di fatto un contenitore, o se preferite un’etichetta, che ben si adatta a tutto ciò che non è riconducibile alla sinistra, basta aggiungervi un opportuno aggettivo e il gioco è fatto. Abbiamo infatti una Destra reazionaria, tradizionalista, cattolica e antimoderna, quella di De Maistre e di René Guénon, una Destra paganeggiante, quella di Evola e di Alain De Benoist, una Destra cristiana conservatrice, quella compassionevole dei teocon americani patrocinata e sostenuta da Bush, un Destra monarchica e una destra repubblicana, la Destra storica di Cavour e la destra rautiana, abbiamo una Destra razzista, quella del National Party Sud Africano di De Klerk e del KKK americano e una Destra golpista, quella dei colonnelli greci, di Pinochet e di Videla e, per finire, la contraddittoria Destra Sociale.

Insomma c’è una destra per tutti, per tutti i gusti e per ogni convenienza.

Queste destre, tra loro distanti e spesso in conflitto, hanno però qualcosa in comune. Hanno in comune, in antitesi alla sinistra, un certo patriottismo identitario e, soprattutto, l’accettazione del principio del libero mercato teorizzato da Adam Smith il quale sostiene, come il suo omologo di sinistra Karl Marx, che alla base di una moderna società vi siano solo le dinamiche economiche, tutto il resto fa da corollario.

Per la destra lo Stato è una sovrastruttura, spesso costosa e inefficiente, tuttavia indispensabile per garantire la massima diffusione dell’economia liberale. Non a caso lo slogan preferito della destra è: meno stato e più mercato.

La Destra, declinata come dir si voglia, è quindi sinonimo di capitalismo, come sinistra è sinonimo di egualitarismo.

Il termine “destra” nasce ufficialmente in Francia nel 1789 con la “Rivoluzione Francese” per indicare i parlamentari dell’Assemblea Costituente che siedono alla destra della presidenza.

In quella grande mattanza, tra teste mozzate e terrore giacobino, va al potere la borghesia illuminata e nasce la moderna democrazia parlamentare, forma di stato basata sul potere assoluto dei partiti che, come ben sappiamo, invadono e sfruttano ogni ambito della società civile.

Da precisare che il termine democrazia viene spesso usato a sproposito come sinonimo di libertà, pluralismo e rispetto dei diritti umani. Niente di più errato: Voltaire, ad esempio, ritenuto il padre della democrazia, era, come una buona parte dei pensatori illuministi razzista, antisemita e sostenitore della schiavitù americana.

In Italia il termine destra fa la sua prima apparizione nel 1861 con il primo Parlamento unitario per indicare, anche in questo caso, i deputati e i senatori che si collocano a destra nell’emiciclo.

L’Italia risorgimentale nasce ad opera della borghesia piemontese con il sostegno militare ed economico delle massonerie di Francia e Inghilterra di cui il movimento carbonaro, come pure la Giovine Italia di Mazzini, erano un’emanazione e viene strutturata sul modello francese a partire dalla bandiera tricolore, altro simbolo massonico. Nasce così uno stato fortemente centralizzato e repressivo che a Milano con Bava Beccaris spara cannonate sulla folla che chiede il pane e nel sud d’Italia si impone con le baionette e con massacri indicibili di contadini: questa è la destra elitaria che ha fatto l’unità d’Italia nella totale indifferenza popolare.

Anche se molti cattolici hanno attivamente partecipato al risorgimento come Manzoni, Silvio Pellico e Massimo D'Azeglio, il nuovo stato unitario voluto dalla destra è fortemente anticlericale e avversato dalla Chiesa per la questione di Porta Pia che ha posto fine, dopo due millenni, al suo potere temporale.

Alla confisca dei beni ecclesiastici e alla chiusura dei conventi operati dalla destra storica al potere, la Chiesa romana di Papa Pio IX reagì scomunicando Vittorio Emanuele II e, con il famoso “non expedit”, proibendo ai cattolici di partecipare attivamente alla vita politica italiana. I cattolici torneranno ad impegnarsi in politica solo dopo il primo dopoguerra con il partito popolare di Don Sturzo.

L’Italia governata dalla destra è totalmente priva di servizi sociali: non esiste la scuola pubblica, le uniche scuole sono private e destinati ai figli della borghesia o confessionali; la sanità, anch’essa privata, è riservata ai ricchi, i meno abbienti devono affidarsi alle strutture caritatevoli. Non esiste ne pensione ne assistenza contro gli infortuni: un operaio o un contadino che subiva un incidente sul lavoro era abbandonato a se stesso; lo sfruttamento minorile era una pratica ritenuta normale ed ampiamente diffusa. Questa era l’Italia voluta e governata dalla destra che raccoglierà Mussolini nel 1922.

Il Fascismo, e qui entriamo in uno dei più grandi equivoci semantici della storia e della politica, viene considerato dalla pubblicistica marxista, e comunemente accettato, come fenomeno di destra. Niente di più errato.

Il Fascismo con la destra non ha nulla a che spartire.

Sfido chiunque a citarmi un qualunque documento di epoca fascista in cui si parla di destra. Anzi in un suo celebre discorso Mussolini ebbe a dire: “I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari. Le nostre idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero “di sinistra”; il nostro ideale è lo Stato del Lavoro…noi siamo i proletari in lotta contro il capitalismo….il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta, viene da destra”. Così Benito Mussolini.

Il Fascismo non è ne destra ne sinistra, ma è una sintesi tra le due ideologie arricchite con delle felici intuizioni finalizzate all’interesse nazionale.

Il Fascismo infatti integra la libertà d’impresa e la tutela della proprietà privata della destra con il principio di giustizia sociale della sinistra, inserendovi la "Socializzazione delle Imprese", ossia la partecipazione dei lavoratori alla ripartizione degli utili e alla gestione delle grandi aziende e il principio corporativo della democrazia diretta attraverso l’ingresso nel Parlamento e nelle Istituzioni dei rappresentanti della società civile. Nasce così lo Stato Sociale Corporativo, terza via tra socialismo e capitalismo (anche se solo parzialmente realizzato, calato dall'alto e attuato in una cornice totalitaria, processo poi interrotto dalle vicende belliche). In quegli anni, grazie al sostegno del governo e alla diffusa libertà d’impresa, nascono o si rafforzano tutte le grandi industrie, ora finite in mani straniere dopo essere state svuotate e trasformate in semplici marchi.

Stato Sociale che ha permesso all’Italia, attraverso un vasto piano di opere pubbliche e alla nascita di istituiti come l’INPS, l’INAIL, l’IRI e provvedimenti come l’abolizione del lavoro minorile, i contratti di lavoro collettivi, la liquidazione, la Magistratura del lavoro, lo Statuto dei lavoratori, l’assistenza all’infanzia, le case popolari, le terre risanate ai contadini… di rimanere in piedi quando a seguito della crisi di Wall Street del ’29 tutte le economie occidentali di stampo capitalista crollavano miseramente producendo fame, disoccupazione di massa e violenza diffusa, soprattutto in Germania, America e Inghilterra.

Stato Sociale Fascista poi ripreso da Rooswelt con il New Deal americano che, tuttavia, non sortì alcun effetto in quanto applicato in un contesto capitalista (l’America uscì dalla depressione solo con l’entrata in guerra, fortemente voluta dall’influente apparato industriale e finanziario americano).

Con la seconda guerra mondiale si conclude l’esperienza fascista, ma non le sue idee che vengono riprese dal Movimento Sociale Italiano, erede della Repubblica Sociale Italiana.

Inizialmente il Msi si dichiara apertamente fascista. Con l’introduzione della legge Scelba del ’52 che vieta la ricostruzione del partito fascista si pone i problema di come definirsi. Iniziò allora a circolare la parola destra che fu ufficializzata nel 1973 da Almirante con la nascita della Destra Nazionale. Anche i simboli cambiano con l’abbandono del fascio littorio sostituito dalla croce celtica, anche se estranea alla tradizione romano-fascista.

In quegli anni, caratterizzati da un fortissimo avanzamento politico della sinistra marxista, il Msi subisce una vera e propri invasione di giovanotti borghesi timorosi di perdere la fabbrichetta del babbo o la seconda casa al mare. Queste nuove leve di fascista non hanno assolutamente nulla, del fascismo hanno assimilato solo gli aspetti esteriori in chiave folcloristica e il mito della violenza (viva Duce, saluti romani e morte ai compagni: in questi slogan – purtroppo ancora in voga – si riassume il loro livello culturale). In realtà questi missini sono solo degli anticomunisti che, delusi dalla Dc del compromesso storico, vedono nel Msi una diga contro il comunismo dilagante.

Questa nuova linfa contribuirà a spostare il Msi su posizioni di destra filoamericana e costituirà, soprattutto con l’ascesa di Gianfranco Fini alla presidenza del Fronte della Gioventù nel 1977, la nuova classe dirigente del partito. Nomenclatura che ritroveremo poi ai vertici di Alleanza Nazionale divenuta prima corrente esterna di Forza Italia e poi fagocitata dal partito di Berlusconi, non dopo aver abbandonato tutti gli ideali e valori che hanno caratterizzato i cinquant’anni del Msi.

Con la nascita di Alleanza Nazionale finalmente la destra fa la destra, abbandona definitivamente tutte le residue connotazioni fasciste per accettare appieno il modello americano, quello del pugno duro, della tolleranza zero e della meritocrazia esasperata, contribuisce al definitivo smantellamento dello Stato Sociale, diventa antifascista e laica, accetta il mito del libero mercato, la società multietnica e la globalizzazione economica. Del vecchio Msi rimane solo un certo patriottismo oramai scolorito che cozza con la politica estera scodinzolante nei confronti dell’America e il mito identitario che fa a pugni con l’apertura all’immigrazione, soprattutto islamica.

E veniamo alla Destra Sociale che rappresenta il tentativo velleitario e per certi versi truffaldino di conciliare il fascismo sociale e riformatore con il libero mercato, attraverso la formuletta della “economia sociale di mercato” che altro non è che capitalismo caritatevole.

In questo contesto si spaccia per sociale ciò che in realtà è solo assistenzialismo per giunta gestito dai privati che ne fanno un vero e proprio business (vedi Caritas e sindacati), allo Stato è riservato l’onere di mantenere, con i cosiddetti ammortizzatori sociali, i disoccupati scaricati dagli industriali che trovano più remunerativo chiudere le fabbriche in Italia per poi riaprirle all’estero (in epoca fascista una tale politica, oggi favorita dalla destra, non sarebbe stata tollerata perché contraria all’interesse nazionale).

La Destra Sociale sostiene la cogestione tedesca, l’azionariato operaio americano e il principio di sussidiarietà di Leone XIII che altro non sono che espedienti per rendere il capitalismo un tantino umano e togliersi dai piedi i relitti della società, ma che nulla hanno a che spartire con lo Stato Sociale Fascista e con la socializzazione delle Imprese della Repubblica Sociale Italiana.

Il Progetto di Destra Sociale era destinato fin dall’inizio a fallire perché o si è di destra o si è fascisti. Alemanno, il principale esponente di questa corrente, una volta eletto Sindaco di Roma grazie a Berlusconi ha trovato del tutto naturale passare dall’altra parte della barricata, mentre le destre che si definiscono sociali (la Destra di Storace e la Fiamma di Romagnoli) si sono tutte accasate alla corte di Berlusconi che, come ben sappiamo, a parte il piglio decisionista che tanto piace a destra, di fascista e di sociale ha ben poco.

Fine ingloriosa di una destra che pensava di essere altro.


Gianfredo RUGGIERO, Presidente

CIRCOLO CULTURALE EXCALIBUR
Alternativa Verde
- Varese (Italia)

martedì 30 marzo 2010

Buon Lavoro PuntoZero

Bene, il periodo elettorale finalmente è finito, terminate le elezioni gli equilibri si sono modificati. A seguito di questi risultati molte cose nello scenario politico cambieranno, molto cambierà nei rapporti di forza tra le ali estreme, soprattutto alla destra del PDl che conoscerà disarticolazioni e rimescolamenti inimmaginabili. Non ci meraviglieremo se qualcuno si cospargerà il capo di cenere e se qualcun'altro ci suonerà il piffero. L'importante è che i panzer propagandistici verranno rimessi nei garage della politica, un ritmo così alto di attività militante non può essere retto a lungo, soprattutto da chi non è abituato. Costante sacrificio, concretezza, spese, non sono attività alle quali ci si abitua da un giorno all'altro. Ci sarà più spazio di prima, questo occorrerrà metterselo bene nella testa, uno scenario con il quale dovremo necessariamente fare i conti. Auguriamoci buon lavoro.

venerdì 19 marzo 2010

Il pasticcio ecologista

Uno dei paradossi ideologicamente più clamorosi degli ultimi tempi è il vedere come le “sinistre” cavalchino in perfetta tranquillità il classico cavallo di battaglia di tutti i conservatorismi storici: la difesa dell’ambiente, il localismo differenzialista, la tutela delle specificità di paesaggio e territorio, il rilancio di tradizioni popolari, sagre, tutto quanto fa ruralismo. Infine, l’ostilità per cosmopolitismo e massificazione. Il progressismo è diventato conservatore. Pensano di dover conservare quello che l’industrialismo ha già fatto a brandelli. L’insipienza dei vecchi rivoluzionari falliti, che oggi vediamo giocare con la stessa faccia dei tempi brezneviani la carta riformista, non prova imbarazzi nell’appropriarsi di tutto quanto i loro padri nobili illuministi e marxisti avevano a lungo maledetto.

La colpa di questi paradossi, tuttavia, non è della “sinistra”, che ormai da un pezzo è un palloncino sgonfio, ma della cosiddetta “destra”, che con l’indifferenza di un’immobile sfinge si fa togliere di mano uno dopo l’altro tutti gli ottimi argomenti che avrebbe nel suo patrimonio genetico, adattissimi per offrire risposte concrete all’evidente crescita del disagio della gente di fronte ai fallimenti e ai guasti del radicalismo industrialista.

Chiunque apra un libro di ecologia, deve subito fare i conti col primo capitolo, che inevitabilmente riporta la dannatissima verità storica che, come ha scritto tra molti altri il filosofo francese Luc Ferry, «dobbiamo ancora oggi al regime nazista e alla volontà personale di Hitler le due legislazioni più elaborate che l’umanità abbia mai conosciuto in materia di protezione della natura e degli animali». Il rospo da mandar giù è terribile, ma i nuovi Politburo non sono come quelli vecchi: agili e pieghevoli, si insinuano con noncuranza nelle problematiche della qualità della vita, riuscendo nel sensazionale numero di assimilare l’impossibile. Il risultato è che oggi l’ecologismo appare ai più come un perfetto argomento “di sinistra”.

Essere ecologisti significa, innanzi tutto, credere nella diversità. Che, notoriamente, è il contrario dell’eguaglianza. Difendere il territorio di ogni popolo dalle contaminazioni esogene significa volerne difendere la cultura, le tradizioni, e tutte quelle specificità che costituiscono il patrimonio variegato dell’umanità. Senza il quale, si ha l’omologazione universale che oggi gli USA tentano di iniettare fino nelle più sperdute plaghe del pianeta. Difendere il territorio della propria bio-storia è atto politico contrario alla globalizzazione, e come tale dovrebbe essere vissuto, con la coscienza di proteggere la vita stessa, che è fatta di differenza. Ecologismo e immigrazione, ad esempio, sono due situazioni mal compatibili. O l’una o l’altra. Non tutte e due, come pretende di fare la “sinistra”.

L’ecologismo fondamentalista utilizza argomenti nazional-popolari ma non tira le conseguenze. Come sappiamo, esistono titolati esponenti del pensiero progressista, specchiati esponenti dell’antifascismo culturale che in materia ecologica utilizzano il frasario e il sistema ideologico che fu dei vari fascismi, ma che amano non rilevare l’ascendenza delle loro convinzioni. Quando sentiamo un Felix Guattari fare l’elogio delle appartenenze etniche o delle caratteristiche culturali come “realtà ontologica”, viene in mente che forse in Occidente gli schieramenti, le parole, gli stessi concetti non sono più ormai che formule estetiche, suoni in libertà, non corrispondono più ad alcuna realtà effettuale. Prendiamo la seguente frase, nella quale si prefigura il prevalere della dimensione comunitaria su quella individualista, argomento tradizionalmente differenzialista: “lo sradicamento è un dramma…il primo fra i diritti fondamentali della persona è possedere un’identità, e questa si confonde con l’identità del gruppo umano cui si appartiene”: questa frase, se detta “a destra”, porta tra le maglie della legge Mancino, se scritta “a sinistra” fa lustro e tendenza. E difatti è di Antoine Waechter, facente parte dell’intoccabile casta dei progressisti: loro non saranno mai volgarmente razzisti, ma, sulla scorta di un Levy-Strauss oppure di un Sartre, raffinatamente racialistes. La potenza delle idee, quando sono nelle mani “giuste”, consiste nel fatto che, come in questo caso, si può essere ad un tempo a favore e contro l’immigrazione, a favore e contro il localismo etnicista… Questo è il vero “gramscismo” al potere, l’occupazione di tutto lo spazio del pensabile.

La cabala progressista in tema di ecologia raggiunse, già alcuni anni fa, uno dei suoi vertici allorquando si parlava di “ecofemminismo”, un termine nel frattempo messo in sordina: la tesi di Ariel Salleh, uno dei promoter della trovata, era che l’uomo è cattivo, distruttore, violento, perché ha dimenticato la sua parte femminile, vicina alla terra, alla vita, al nido. L’ecologia non sarà mai così profonda, dunque, fino a quando non ci saremo liberati del maschilismo (sempre definito fascistoide), per abbracciare la concezione materna dell’essere. Sono i medesimi argomenti che settant’anni fa aveva trattato Ludwig Klages nella sua celebrazione dell’Eros cosmogonico, poi ripresi da Walther Darré e dal suo movimento per il sangue e il suolo: quella materna, femminile, è la dimensione vera e autentica, è popolo, è terra propria, è sangue delle generazioni, è stirpe.

Noi assistiamo impassibili all’esaurimento degli indici ideologici e al loro totale depotenziamento, gestito da una sub-cultura generica e impolitica che, nel suo veicolare tutto e il contrario di tutto senza trarre le ultime conseguenze politiche, è perfettamente funzionale al sistema globalizzatore.

Luca Leonello Rimbotti

Fonte: Il Fondo Magazine

venerdì 19 febbraio 2010

Sempre lei... la malapianta

MASSONERIA LITORANEA

Ce lo dovevamo aspettare, ci stannno giungendo informazioni attraverso dei commenti che non pubblichiamo (attualmente in corso di conferma) del ruolo svolto dalla massoneria circa la ormai decennale disgregazione delle formazioni a destra del PdL.
Le indicazioni ricevute ci invitano a ricercare dei documenti che in questi giorni stiamo cercando e, seppur esistenti, abbiamo estrema difficoltà a venirne in possesso. Purtroppo in questo momento non possiamo andare oltre. Speriamo di nel prossimo di futuro di poter darne ulteriore accenno. Sempre che prima non ci oscurino il blog. Insomma,oltre alle già evidenti manchevolezze e disarticolazioni dei presunti appartenenti a queste formazioni di destra radicale, ci mancava lo zampino di squadrette, compassi e grembiulini. Vuoi vedere che quest'anno gli incappucciati, vengono fuori prima della processione del Venerdì Santo?

lunedì 1 febbraio 2010

Strani giorni....

E' da tempo, causa febbre elettorale, che il comprensorio risulta essere agitato da correnti anomale. Dapprima lentamente, poi come un valanga (http://aurhelio.blogspot.com/2009/10/come-la-neve-al-sole.html) singoli e intere realtà organizzate stanno polverizzandosi a favore, nel migliore dei casi, di un sempre più nocivo disimpegno. Da una parte si assiste ad un supino "ritorno a canossa" (santamarinellesi che chiedono udienza al sindaco di civitavecchia, "duri e puri" che si intruppano insieme a personaggi plurinquisiti in area PdL) e, dall'altra, la corsa alla moscherinizzazione delle amministrazioni comunali del comprensorio.
Questo fenomeno, unito al completo disinteresse per una dimensione militante quotidiana e alla presunzione da parte di certe componenti del PDL a rappresentare una sorta di "vecchia guardia dell'idea fascista" assolutamente priva di qualità, dignità, onore e moralità sta tracimando dal sottosuolo servendosi di personaggi platealmente ignobili, inondando tutto.
Occorre iniziare a fissare qualche paletto. Necessariamente.

venerdì 29 gennaio 2010

Prove tecniche di Identità

Già da qualche giorno si susseguono le voci, circa la importante e necessaria opportunità che vede una serie di interlocutori animare questo spazio. Una delle prerogative essenziali di questo blog sarà quella di smascherare alcuni luoghi comuni che si sono consolidati in questi ultimi venti anni e che di fatto hanno confuso le idee a molti. Per fare alcuni esempi la impossibile relazione tra essere di destra e fare uso di droga, ritenersi continuatori di una certa eredità e svendere il patrimonio umano dei reduci e combattenti della RSI, sedersi sugli scranni ben remunerati di amministrazioni o società pubbliche e proclamarsi paladini di crociate moraliste. Tutto questo sarà da chiarire punto dopo punto, senza alcun cedimento. Chi si dice di "destra" deve avere la percezione esatta che non basta "darsi un aggettivo" per essere quel che si presume. Occorre vivere secondo una visione del mondo ed uno stile ben preciso.
Una comica occasione, fortunatamente, ce la offriranno in questi giorni gli agenti della memoria ad intermittenza. I RAM-Fascists (fascisti dalla memoria volatile) stranamente, due anni fa in prospettiva delle elezioni commemoravano la giornata del ricordo, lo scorso anno nonostante gli infami attacchi e le polemiche della sinistra sulle vittime delle foibe sonnecchiavano in qualche locale di periferia, quest'anno no, si rimascherano da agit-prop.
Forse animati da chissà quali mire regionali, stanno già decidendo di dare lustro alle proprie velleità, credendo di poter onorare i martiri delle foibe con una seratina agitata, magari facendola finire in un bel brindisi in qualche posto a la page.
Quest'anno una presenza seria, qualificata e sobria, invece, ci sarà.

sabato 23 gennaio 2010

Adriano Romualdi e l'idea di una vera Destra

Il limite dell’azione politica della Destra è la mancanza di una precisione ideologica, di una visione d’insieme della storia e della vita che la controparte possiede e che la orienta in ogni questione: “a Destra non c’è una cultura…perché manca una vera idea della destra, una visione del mondo qualitativa, aristocratica, agonistica, antidemocratica; una visione coerente al di sopra di certi interessi, di certe nostalgie e di certe oleografie politiche”. Affermazioni forti che rimarcano il concetto di Romualdi di una cultura militante, di una cultura al servizio di una visione del mondo. Essere di Destra significa per Adriano, in piena consonanza con gli insegnamenti di Evola, riconoscere il carattere sovvertitore dei movimenti scaturiti dalla rivoluzione francese, ovvero sia il liberismo che la democrazia e il socialismo; significa rifiutare il mito del progresso, della ragione scientista e del materialismo, significa rifiutare quel trionfo della quantità sulla qualità che costituisce, in ogni campo dell’azione umana, il segno della decadenza dell’Occidente e che costituisce il preludio all’avvento della civiltà plebea e anonima delle masse. Essere di Destra significa avere una concezione organica dello Stato, in cui i valori politici predominino sulle strutture economiche. Essere di Destra, infine, significa per Adriano accettare quella spiritualità guerriera e aristocratica che ha improntato di sé la civiltà europea, accettando la lotta contro la decadenza dell’Europa. Tuttavia, se per l’uomo di destra la cultura viene dopo un determinato stile di vita, se per le civiltà tradizionali prima viene lo spirito vivente e poi la parola scritta, è anche vero che se si vuole combattere la decadenza europea bisogna sfidare il nemico sul suo proprio terreno. Non si può rifiutare quindi la sfida culturale, né una formulazione logica, “positiva” della propria visione del mondo. Vanno perciò, ricorda Adriano, coltivati i dominii propri della storia, della filosofia, della saggistica, dell’arte, del cinema, dell’urbanistica dando ad essi una direzione conforme allo spirito della Destra. Interessantissima l’intuizione — siamo nel 1965 come detto - di un’ecologia di destra, alla quale non si è dato nessun seguito: Adriano giudica assurdo consegnare questo tema alle sinistre, quando il significato ultimo della Destra è la conservazione delle differenze e delle peculiarità necessarie alla conservazione spirituale del pianeta e di cui la salvaguardia dell’ambiente naturale è una parte. Tesi che potrebbe costituire, oggi, la base anche per una bioetica di destra che non si limiti ad andare a rimorchio dei principi cattolici.

Da "Adriano Romualdi filosofo" di Rodolfo Sideri