Recensione cineforum AzionePuntoZero: Hunger
Pochi giorni fa cadeva l'anniversario
della morte di Bobby Sands, avvenuta il 5 maggio 1981 e Azione PuntoZero non
poteva mancare di rendergli onore. Lo ha fatto organizzando un evento entro il
quale è stato proiettato il film Hunger, girato di SteveMcQueen,.
Prima di iniziare, una rapida cena, poi giù nella sala proiezioni e i presenti,
dopo aver dato uno sguardo alle pagine del giornalino dedicato alla serata,
sono stati introdotti al tema da un paio di interventi sulla visione del film. Nell'Irlanda
del Nord di fine anni 70 inizio anni 80, durante la rivolta dei prigionieri
repubblicani contro l'occupazione Inglese, Bobby Sands, Ufficiale Comandante
dell'IRA assieme ai suoi militanti conduce in carcere una lotta che si
manifesta attraverso vari gradi di protesta organizzata all'interno di una
sezione del carcere di Long Kesh, costituita da 8 edifici a un piano a
forma di H, che divennero tristemente noti come H-Blocks con lo scopo di
ottenere la concessione dello status di Prigioniero politico e di conseguenza una
serie di condizioni che lo status permetteva di avere . Una lotta di
liberazione e di riscatto, dai soprusi che la popolazione irlandese era costretta a subire da parte degli
unionisti fedeli alla Corona di Sua Maestà, nell'Ulster. Essi si trovarono di
fronte ad un governo britannico inamovibile e alla fermezza diabolica del
premier britannico Margaret Thatcher, disposti a tutto pur di non accettare le
legittime richieste dei repubblicani: i membri dell'IRA dopo la blanket protest (il rifiuto di indossare
le divise carcerarie e di adeguarsi alle regole dell'istituto di pena) passano
allora alla dirty protest, ovvero al
rifiuto di lavarsi, radersi e di svuotare i rifiuti organici contenuti nei
buglioli: le celle divennero così squallide latrine ricoperte di feci. Le
condizioni durissime in cui essi si ritrovarono venne ulteriormente peggiorato
dal trattamento che veniva loro riservato dalle guardie carcerarie, con
scherni, pestaggi, soprusi..
Rendendosi conto che il governo non tradiva
alcun cedimento, decisero di attuare la forma più estrema di protesta: lo
sciopero della fame. Dopo un primo esperimento fallito, il secondo venne
attuato con più decisione, ben 10 persone arrivarono fino in fondo, restando
ferme nella propria scelta di fronte ad ogni tentativo di distoglierli dalla
lotta. Lo sciopero terminò il 3 ottobre
1981 attraverso la protesta delle madri, che rifiutarono di vedere i propri
figli andare oltre, in questa protesta che sembrava non giungere a conclusione.
L’introduzione dei militanti di APZ sugli
avvenimenti, è risultata utile in quanto il film non fornisce un inquadramento
sulla guerra d'indipendenza, ma catapulta direttamente lo spettatore
all'interno dei terribili blocchi H. Ci si trova catapultati in una dimensione:
una guardia carceraria nella sua preparazione per il lavoro (i cui i tagli
sulle nocche causate dai pestaggi, una inezia in confronto alle sofferenze dei
carcerati, sembrano causa di un dolore tremendo) si prosegue con la
presentazione di Dave Gillan che viene portato nudo nella cella in cui è già
presente Gerry, un altro prigioniero politico.
In questa parte emergono le sofferenze che essi erano costretti a
sopportare e il cui unico ancoraggio alla vita esterna erano i messaggi passati
di nascosto attraverso le rare visite di parenti e amici. Importante il passo
in cui vengono consegnati loro vestiti civili che risultano però una presa in
giro (gli vengono consegnati grandi e vivacemente colorati, sempre una divisa
in fondo, attraverso cui poterli ancora schernire e deridere) e i carcerati rifiutano
una tale umiliazione. Si passa infine, attraverso un lungo dialogo tra Padre
Dom e Sands (in cui egli chiarisce i motivi dell’estrema scelta dello sciopero
della fame e la totale convinzione di non negoziare e arrivare fino in fondo in
nome dell’Irlanda libera) alla parte finale incentrata sullo sciopero della
fame di quest’ultimo.
Il film risulta, fin dall'inizio, scarno
ed essenziale: pochissimi i dialoghi, molti e lunghi periodi descrittivi,
frequenti pause. Un ritmo decisamente lento, quindi, che unito ad un sapiente
uso della telecamera (notevole in questo senso la costante scelta
dell'inquadratura sempre adatta al momento) e un forte gioco delle luci
contribuisce a tenere costantemente in tensione lo spettatore.
Una pellicola descrittiva in cui
emergono pienamente le condizioni disumane dei prigionieri: sembra, durante la visione, di respirare
l’aria fetida delle celle ricoperte di sterco; le scene di pestaggio, violenze
e sangue vengono mostrate in tutta la loro crudezza; non viene risparmiata la
visione della degenerazione del corpo… Una fotografia chiara e netta di come si
viveva nelle celle, in un escalation di
tensione fino a giungere alla parte finale, incentrata sullo sciopero della
fame di Bobby, raccontato con estremo realismo. Il degrado graduale del fisico
viene riportato passo a passo ed esprime chiaramente la sofferenza lenta e
sempre crescente a cui hanno dovuto far fronte i partecipanti allo sciopero.
Un vero e proprio pugno allo stomaco, dunque,
che lascia il segno agli occhi e al cuore di chi sa cogliere le dimensioni
della durezza che la lotta aveva assunto all’interno del blocco carcerario. Una visione che, essendo cruda e
diretta, lascia parecchio spazio alla riflessione personale, nell’ottica dell’esame
di coscienza. Ci si rende conto, in particolar modo, di quanto il nostro
sacrificio sia insignificante in confronto di coloro che hanno realmente messo
in gioco sé stessi per un’Idea e per dei Valori, restando fermi, incrollabili
di fronte a qualsiasi tipo di scempio, insulto, violenza fino al drastico
sciopero della fame, quello vero, non quello decantato dai pagliacci politici
odierni per proteste futili.
Il nostro dovere di sacrificare noi
stessi per la Tradizione nell’esercizio quotidiano deve seguire nel nostro
piccolo, la stessa fermezza e dobbiamo essere consapevoli che per quell’ideale delle
persone sono giunte fino all’estremo sacrificio: una spinta, quindi, a non
cedere nonostante le continue e costanti difficoltà che il mondo moderno ci
impone, consapevoli che, trent’anni fa c’è chi ha sopportato ben di peggio per l’indipendenza
del proprio popolo, dall’oppressione di un governo ingiusto, falso, mondialista
e schiavizzante.
La nostra lotta per la libertà continua,
nel nostro piccolo, nel solco di eroi come Bobby Sands e di tutti i militanti
dell’IRA, morti in ragione di quei valori che ci contrappongono al fango di una
globalizzazione oppressiva e standardizzante.
Elio Carnico
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