martedì 14 maggio 2013

Civitavecchia: settant’anni fa il tremendo bombardamento


Civitavecchia, 14 maggio 1943: alle 15.15, 48 aerei americani provenienti dalla Tunisia rilasciarono centinaia di bombe dall’alto potenziale esplosivo nella zona portuale, senza alcun preavviso. Il terrificante bombardamento a tappeto, avvenuto in tre ondate, causò migliaia di vittime innocenti. La sua furia, infatti, non risparmiò nessuno: i bambini che giocavano, vecchi a riposo, madri affaccendate, i padri al lavoro, i giovani soldati in partenza per la Sardegna…

La città venne distrutta quasi totalmente e la gente sopravvissuta fu costretta a sfollare nelle zone limitrofe. Coloro che vi fecero in seguito ritorno vivevano ammassati, senza servizi igienici e spesso senz'acqua, gli scarsi viveri erano razionati, per cui si svilupparono epidemie di tifo e di scabbia che colpirono l'80% della popolazione.
Lo scarso rilievo che viene dato al massacro testimonia come,  quando sono i “liberatori” a bombardare, allora  i morti diventano giustificati.  Non sono state stragi di innocenti queste? Non sono stati in totale più di trentamila italiani a morire sotto i bombardamenti alleati, abbattutisi scientificamente sulle popolazioni civili per fiaccare lo spirito del popolo? Sangue, macerie, polvere e lacrime vengono cancellate in nome dell’amore, della pace e della fratellanza. Ma l’amore vero è un’altra cosa e ricordare oggi la nostra gente, le nostre madri, i nostri padri, i nostri nonni che se ne sono andati in quel tremendo pomeriggio è un atto doveroso, che viene dal cuore.

La  Civitavecchia d’oggi, a settant’anni dal disastro, sembra invece omaggiare coloro che hanno demolito  le sue abitazioni ponendo in bella vista sul lungomare una statua-simbolo. Essa viene erroneamente e colpevolmente chiamata “Bacio del Mare” in realtà il suo nome è “resa incondizionata”, quindi ancor più odiosa proprio per il suo nome. Il capolavoro è stato realizzato dal sudore dell’artista - si fa per ridere - Seward Johnson. L’agglomerato di cartapesta è la rappresentazione plastica di ciò che oggi è il nostro Paese: sottomesso e soggiogato, incapace di una degna presa di posizione. Ci ritroviamo così, anziché a porre in rilievo qualità artistiche e storiche che riaffermino l’identità della cittadina, a ricordare con una  rappresentazione carnevalesca e pacchiana un bacio avvenuto (ottenuto in forma barbara e violenta) a Times Square, che niente ha a che fare con quello che è il nostro patrimonio tradizionale. 

Buttarla a mare sarebbe un gesto doveroso, alla memoria di chi è stato spazzato via dalla furia angloamericana: perché non si rimpiazza con un bacio di cartone, simbolo di un amore artificioso, forzato e imposto, l’amore  verso i nostri antenati, verso il nostro sangue, verso la nostra terra. Oggi come ieri il nostro motto è sempre lo stesso: Yankee in mare!

Qui sotto l'edizione speciale di APZ per l'anniversario del criminale bombardamento degli alleati




1 commento:

Anonimo ha detto...

se tu non vai alla democrazia, le bombe della democrazia vengono da te...